lunedì 27 gennaio 2014

Sui gradini di San Francesco, epilogo



Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 17

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.


Epilogo


Gaetano picchia un pugno sulla colonna che regge il cancello e rimane lì, con la testa appoggiata ai mattoni freddi. Lentamente Elsa gli si avvicina e gli accarezza il braccio: “Gaetano, non è detto che debba andare male per forza, potrebbe anche essere qualcosa di positivo che devono comunicargli. Lo fanno andare libero, è un buon segno no?”. Gaetano la allontana un po’ rudemente: “Ma che ne sai. Non possiamo saperlo; se lo rimettono dentro quello si taglia le vene, e Michele con lui”. Danilo e Fabio annuiscono, muti.
Elsa abbassa gli occhi, e si allontana verso la macchina di Danilo. Gaetano si accorge di essere stato villano e la insegue. “Scusami Elsa, non volevo ferirti. Siamo troppo tesi tutti quanti” le appoggia le mani sulle spalle, e la guarda come se la vedesse per la prima volta. Abbracciandola le dà un bacio in fronte: “Torni con me? Ti accompagno io a casa. Se ti va”.
Gaetano attende la sua risposta con ansia, aspettandosi un rifiuto, ma Elsa appoggia la testa alla sua spalla e gli sorride pensando a quanto ha sognato questo momento. Allora anche Gaetano sorride, sentendosi un po’ meglio: “Ragazzi, Elsa l’accompagno io. Ci siete anche voi domattina in Tribunale? Io ci vado”.
 “Sì ci saremo tutti. Ciao, a Domani”. Fabio e Danilo lo guardano incuriositi mentre salgono in macchina e partono, le ragazze invece sorridono contente: “Era ora. E’ una vita che Elsa gli muore dietro” fa Anita.
“Almeno da questa storia è nato qualcosa di buono. Andiamo anche noi?”. Ripartono tutti, rimangono solo Diego e Michele a cercare di scacciare i fantasmi.
“Dormiamo di sopra Michi? Io vorrei dormire lì stanotte” Diego appoggia delicatamente Lino nella sua cesta di vimini e lo ricopre con cura. “Certo Diè, prendo una coperta e arrivo subito”.
Diego sale e accende tutte le candele, poi si siede sul materasso, guardando il gattino dormire tranquillo  nella cesta posata lì vicino.
“Che fa Lino?” chiede Michele tornando con un pesante piumino e lasciandosi cadere vicino a lui.
“Dorme, non sa niente lui, cucciolo. Ma domani come facciamo? Lo lasciamo a casa? Avrà paura qui da solo” Diego continua ad accarezzare piano il micio che continua a dormire ronfando piano.
“Certo che lo lasciamo qui; non avrà paura stai tranquillo, lo chiudiamo nel bagno, così non si fa male”.
“Avrà paura invece, vedrai che gli succede qualcosa: io non voglio lasciarlo da solo, non lo possiamo lasciare Michi”.
“No Diego, smettila non possiamo portarlo con noi e lui qui starà benissimo” ma Diego lo interrompe: “Non capisci, non starà bene, sarà solo e impaurito, io non posso lasciarlo Michi” la voce di Diego si alza man mano che parla e Michele lo prende per le spalle: “Smettila Diego, calmati” ma ormai Diego è in preda a una crisi, e cerca di liberarsi dalle mani di Michele “Ha paura ti dico, ha paura, paura”. Michele lo stringe e gli tiene la testa contro il petto: “Diego calmati non aver paura, non succederà niente, calmati”. Finalmente Diego lo abbraccia e scoppia in lacrime, singhiozzando penosamente. “Io ho paura Michele, ho troppa paura, non ci riesco a… non voglio andare Michele aiutami tu, ti prego”.
Anche Michele piange mentre lo abbraccia forte, lo accarezza, lo culla: “Diego non piangere così, mi spezzi il cuore. Non succederà nulla domani, non è così che funziona. Non può essere così. Perdio! Ma checcazzo abbiamo fatto noi di male! Fanculo, fanculo tutti”. I due ragazzi si stringono disperati, schiacciati da qualcosa più grande di loro.
Più tardi esaurite le lacrime, Michele prende il viso di Diego tra le mani e lo bacia, sugli occhi, sul naso, sulla bocca: “Non lascerò che ti portino via, non glielo permetterò, tu sei mio Diego, non possono toccarti, mi faccio ammazzare piuttosto”.
Anche Diego lo accarezza, lo bacia, gli tocca il viso come per memorizzarne i tratti: “Michele, facciamo l’amore ti prego, facciamolo, voglio sentirti di più, voglio sentirti con me, dentro di me, ho bisogno di essere tutt'uno con te”.
Fronte contro fronte, Michele lo fissa negli occhi: “Non so Diego se ce la faccio, io mi sento morire stasera”. “Sì amore, si che ce la fai, sì che ce la fai” gli chiude la bocca con un bacio delicato e disperato allo stesso tempo. Si spogliano continuando a baciarsi, si stendono e si accarezzano, un po’ dolci, un po’ appassionati, continuando a baciarsi, le bocce mai lontane, le parole che si mischiano alle lacrime.
“Continuerai ad amarmi Michi, non mi lascerai mai…”. Il bacio si fa sempre più intenso, mentre Michele entra in Diego, cominciando a muoversi in lui. Vengono insieme, gridando, piangendo, stringendosi disperatamente.
“Non ti lascerò mai piccolo, non potrei, ti amo” Michele gli ravvia i capelli, lo accarezza e gli parla sulla bocca.
“Aspetta solo un po’, resta con me, in me solo un minuto ancora Michele. E’ così bello”. Lui lo guarda con tenerezza: è così dolce il suo Diego, ma perché vogliono portarglielo via? Le lacrime ricominciano a scendere dagli occhi di Michele. Quando si corica al suo fianco lo abbraccia stretto: “Dovremmo dormire un po’ adesso, è tardi” prende il piumone e si coprono fino ai capelli, quasi a volersi nascondere al mondo intero.
“Proviamo Michele proviamo a dormire. Senti Lino come ronfa, non sa ancora niente lui”.
“Non deve sapere proprio niente, tu domani torni a casa con me” alle ultime parole di Michele Diego non risponde, appoggia la testa al suo petto e lo circonda col braccio, lasciandosi accarezzare da Michele.
Nonostante la paura, i due ragazzi riescono ad assopirsi cadendo in un sonno agitato.
Il mattino dopo li risveglia la luce del giorno che entra prepotente dalle finestre. Diego si stringe ancor di più a Michele, sa che anche lui è sveglio, ma non vuole guardarlo, perchè scoppierebbe a piangere, e invece oggi vuole essere forte anche per il suo compagno, che è distrutto tanto quanto lui.
Michele sta pensando la stessa cosa e si limita ad accarezzarlo. Stanno lì in silenzio a scambiarsi tenerezza fino a quando non è ora di prepararsi.
Scendono in cucina a prepararsi il caffè che bevono in piedi, appoggiati alla credenza. Alle nove sono pronti per uscire; Diego si attarda in bagno a coccolare ancora un po’ Lino: “Fai il bravo Linuzzo bello, resta nella tua cestina, e quando torna fai il bravo con papà Michi, va bene? Sei un micio fortunato, potrai stare tra le sue braccia tutto il tempo che vorrai”. Si accorge di avere Michele vicino solo quando gli prende un braccio facendolo alzare.
“Piantala di dire stupidaggini a quel gatto, che magari ci crede. Andiamo dai, mettiti la giacca”.
Diego si infila il cappottino nero, che crea un contrasto immediato col pallore del suo viso.
“Così fa pendant con le tue occhiaie. Sembri un orfanello stamattina”. Non appena detta l’ultima frase, Michele si mette le mani sul viso: “Scusami Diego, sparo cazzate oggi”. Malgrado tutto Diego sorride: “Tranquillo. Alla fine lo sono. Ma ho te, non ho bisogno di nessun altro”.
Diego si avvicina a Michele, gli infila le mani sotto l’eskimo e lo stringe, risale al suo viso, lo accarezza e gli dà un bacino sulla bocca. Lui lo stringe talmente forte che a Diego sfugge un gemito. Un ultimo bacio e salgono in macchina, dirigendosi verso il Tribunale.
Davanti al portone hanno la sorpresa di trovare tutti i ragazzi che li aspettano. Fabio si precipita ad abbracciare Diego: “Dai Diegone, non mollare, non lo hai mai fatto”. Diego annuisce mentre anche gli altri gli si stringono intorno. Due minuti, poi Michele se lo riprende: “Ragazzi, a dopo, è ora di andare”. Ad ogni gradino vede Diego illividire un po’ di più. Arrivano davanti alla porta del Giudice e si guardano attorno, senza sapere che fare. Mancano pochi minuti alle dieci, dovrebbero chiamarlo
 “Ma dove diavolo è l’avvocato? Non dovrebbe esserci anche lui? Che cazzo fa! Vado a telefonare” Michele fa per avviarsi ma Diego glielo impedisce, prendendogli una mano: “Stai qui per favore, stai qui”. Lo fa sedere di fianco a sé sulla panca: trema Diego, trema fortissimo. Michele non può far altro che stargli vicino, accarezzandogli la nuca.
Finalmente la porta si apre e la segretaria  chiama Diego, facendolo accomodare nell’ufficio, poi torna a riaffacciarsi: “Dovrei farvi uscire, siete troppi, ma vi lascio restare: in silenzio però, mi raccomando”.
Michele la guarda perplesso, poi si volta e vede gli amici pochi metri più in là, che piano piano si avvicinano a lui. Si siedono vicini, appiccicati, gli occhi fissi alla porta a vetri.
I minuti passano lenti, nessuno osa infrangere il silenzio, stanno muti ad aspettare che quella porta maledetta si riapra e lasci uscire il loro amico.
All’improvviso esce l’impiegata che si dirige di corsa verso la sala ristoro, e ne esce poco dopo con un caffè e una bottiglietta d’acqua tornando velocemente in ufficio.
Si guardano l’un l’altro con espressione stupita: “Che diavolo succede lì dentro?”. Michele balza in piedi: “Diego sta male. Lo sapevo che sarebbe stato male, troppa ansia. Questo può voler dire una sola cosa però: se lo riprendono”. Le mani nei capelli, Michele si appoggia al muro mentre Gaetano gli si avvicina prontamente. “Non vuol dire niente, forse il giudice voleva semplicemente un caffè, piantala Michè”.
Dopo qualche altro minuto d’agonia, la porta si riapre ed escono Diego e l’avvocato. Sette paia d’occhi li fissano, nessuno, nemmeno Michele tenta di avvicinarsi, è come se il tempo si fosse bloccato. Diego pallido e malfermo sulle gambe si avvicina a lui e si rifugia tra le sue braccia. Sta ancora tremando, forse più di prima: Michele gli solleva il viso lo scruta, poi guarda l’avvocato che sta sorridendo. “Hanno archiviato tutto; hanno scoperto chi è stato ad incastrarlo, ha confessato. Diego è libero”.
Come se il mondo riprendesse a muoversi solo in quel momento, gli amici si alzano e circondano Diego e Michele, stringendoli in un grande, silenzioso abbraccio collettivo.
“Vi aspetto martedì pomeriggio ragazzi, verso le tre se va bene, definiamo le ultime cose, ma l’importante è che sia  tutto finito. Potrai chiedere un risarcimento per i giorni passati in carcere, ma ne parleremo. A presto” l’avvocato stringe la mano a tutti e se ne va fischiettando.
“Usciamo di qui, presto, via da qui” Michele  e Diego si avviano verso le scale seguiti dagli altri. Scendono lo scalone sempre più velocemente, saltando gli ultimi gradini e correndo in strada.
Lì finalmente esplodono in una risata liberatoria, tutti si abbracciano in una confusione di braccia e di teste; l’ultimo bacio è fra Diego e Michele che si stringono talmente tanto da sembrare un’unica persona. E’ Danilo a dare il via a un applauso, seguito da tutti gli altri. Diego riesce finalmente a calmarsi e a ridere, anche se non si stacca da Michele, in un abbraccio simbiotico, quasi ad assorbirne la forza. “Vi prego portatemi a mangiare qualcosa, sto morendo di fame”.
Si portano tutti al bar più vicino dove Diego può rifocillarsi: “Non sono stato male nell’ufficio del giudice? Quando mi ha detto che ero libero, mi son sentito scivolare via piano piano. Tranquillo Michele, non fare quella faccia! Mi sono ripreso quasi subito, volevano buttarmi giù un caffè a forza! Ma quello delle macchinette non mi piace, lo sai. E’ bastato un goccio d’acqua”.
Michele gli sta addosso come una chioccia, e Diego è ben felice di stringersi a lui, rifilandogli qualche bacetto tra un boccone e l’altro.
“Ma allora è davvero tutto finito Diè? Ti hanno spiegato qualcosa?” alla domanda di Gaetano, Diego si rabbuia, e appoggia la brioche al piattino. Prende un respiro e racconta: “Come pensavo, è stato proprio lui, Fabri, pare che abbia confessato. Non saprò mai perché, e forse non mi importa. E’ tutto finito ora”.
“Non so, guarda chi è appena entrato” alle parole di Fabio tutti si girano verso la porta, riconoscendo Nicola che si guarda attorno e vedendoli si avvicina al loro tavolo.
“Ciao, vi stavo cercando. E’ tutto a posto vero Diego? Sei libero ora” Nicola guarda Diego intensamente.
Lui annuisce: “Sì Nicola, sono libero, è rimasta dentro la persona giusta, no?”.
“E’ così. Sono felice per te Diego, volevo solo dirti questo. Le cose si sono sistemate. Io torno a casa, in Calabria, ho rinunciato a cercare lavoro qui, e poi mi manca il mare” sorride Nicola. “Non posso scusarmi a nome di Fabrizio, e comunque ogni scusa sarebbe inutile, è terribile quello che vi ha fatto, solo una mente malata poteva architettare una cosa simile. Mi spiace anche per lui, in fondo è mio cugino. Spero che nei prossimi mesi riesca a riflettere, a maturare, ma ne dubito, il carcere a questo non serve. Vi auguro buona fortuna, a tutti quanti, ma soprattutto a voi due. Siete stati fortunati a trovarvi. Addio” Con un sorriso triste Nicola esce dal bar, allontanandosi nella via.
“Non gli abbiamo nemmeno offerto un caffè” Fabio è quasi dispiaciuto.
“E chi se ne frega” tutti si girano a guardare Michele che ha parlato con una voce insolita, nasale e si mettono a ridere: Diego con un’espressione buffissima è quasi scomparso nella stretta delle sue braccia.
“Guarda che non te lo porta più via nessuno il tuo Diego, puoi lasciarlo respirare!” Danilo ride a più non posso.
“Meglio non correre rischi, lui sta bene qui, vero Diè?”. Diego finisce di mangiare e annuisce soddisfatto, appoggiato al petto di Michele.
“Ora però andiamo che dobbiamo passare a salutare i tuoi, e poi Lino è da solo; se volete venire da noi stasera ci facciamo una pasta” Diego si alza trascinandosi appresso Michele.
“Chi è Lino?” fa Gaetano perplesso. “Il mio gatto! Michelino! Dai andiamo Michele Senior, andiamo che io ho ancora fame. Vi aspettiamo a casa?”.
Gaetano sta ancora ridendo: “Michelino! Stiamo a posto. No, oggi vi lasciamo in pace, ci metteremo d’accordo per un altro giorno”.
Salutati gli amici, Diego e Michele passano dai genitori di quest’ultimo, che non li vedono da giorni. L’accoglienza è più che festosa, Maria stringe al cuore Diego, ridendo e piangendo allo stesso tempo: “Figlio mio, quanto ci sei mancato, è tutto finito vero Diè? Michele, vieni qui anche tu, fatti baciare”.
Anche il padre e la nonna di Michele reclamano un abbraccio da Diego che si lascia stringere e baciare da tutti, felice ma anche un po’ frastornato.
“Diego, sei stato via troppo tempo, avevo paura che non tornavi più” alle parole di Gioia, si inginocchia davanti alla bimba e se la stringe forte, commosso: “Avevo paura anch’io sai Gioia? Tanta paura. Invece eccomi qui. Sono così contento di vedervi tutti. Grazie per il pupazzetto cucciola, mi ha fatto compagnia”.
Gioia lo prende per mano e lo fa rialzare accompagnandolo in cucina: “Guarda che abbiamo fatto con mamma e nonna? Abbiamo preparato un sacco di cose buone, anche se non eravamo sicure che tornavi. Ma la mamma diceva che se non ti facevano tornare, ci pensava lei a venirti a prendere!”.
Diego ride ancora in lacrime mentre Maria gli si avvicina e lo stringe ancora: “Bentornato in famiglia Diego”.
Tra aneddoti e risate il pranzo scivola via lieto e i ragazzi ritornano a casa nel tardo pomeriggio.
“Eccoci finalmente” Michele appende l’eskimo, poi raccoglie da terra il cappotto di Diego, che l’ha lasciato distrattamente cadere per correre verso il bagno, e appende anche quello, portandosi in cucina per accendere il camino. Diego torna subito col micio in braccio, canticchiando YMCA e incollandosi a Michele, muovendo il bacino a tempo di musica contro di lui, che non si fa pregare danzando a sua volta.
“Finalmente è tornato il mio Diego spensierato. Non avevi fame?” sorride Michele.
Diego si china per appoggiare il gattino a terra, che miagola indispettito: “Cazzo, è già viziatissimo quel micetto! Si Michi, ho una fame pazzesca” gli si incolla e lo bacia appassionato, spingendolo contro al tavolo: “Famissima Michi” diventa frenetico mentre gli toglie felpa e maglietta in un colpo solo e inizia a baciarlo e ad accarezzarlo “tu no? Tu non hai fame?” intanto gli ha slacciato anche i calzoni che scivolano giù insieme ai boxer. “Aspetta, li togliamo per bene, che poi tu caschi, non mi stai in piedi”.
“Senti bene piccola peste” ma le rimostranze di Michele si spengono subito in un mugolio sotto ai baci di Diego. Lo spoglia velocemente e lo accarezza tenero: “Oh Diego, che bello che sei, bello” Diego lo stende a terra prepotente e lo guarda fisso negli occhi, mentre si siede su di lui. Fanno l’amore con passione e alla fine Michele osserva il compagno: le labbra semiaperte, gli occhi enormi, pieni di passione, il sudore che scende sul suo viso, sul collo. Lo abbraccia con foga, lo bacia, gli lecca il sudore mentre Diego contraccambia ogni carezza, ogni bacio con frenesia, abbandonandosi poi a terra, stremati. E’ difficile per entrambi riprendersi, non sanno più muoversi, soltanto sussurrarsi tanti ti amo con le voci spezzate, abbracciati sul pavimento, nella luce incerta del tramonto che entra.
“Cazzo…” lo mormorano all’unisono e ridono contenti, stringendosi, baciandosi ancora, insaziabili.
“Tutto è bene ciò che finisce bene” mormora Diego.
“Sì Nick Carter, è proprio così. Per noi è finita bene. Che cazzo poi, qui non è finito un bel niente, abbiamo tutto da iniziare ancora” Michele gli riavvia i capelli come al solito, gli piace vedere la fronte libera, gli occhi che spiccano nel viso pallido.
“Già. Fra qualche giorno c’è la tua laurea, poi io darò i miei esami, tu inizierai il tirocinio e continuerai la ricerca per l’università, e intanto sistemeremo i recinti per i nostri lupi. Io inizierò dei nuovi corsi. Abbiamo tanto da fare” Diego prende la coperta dal divano e si coprono, rimanendo a terra, in fondo il parquet non è poi così freddo. Dopo un attimo la coperta si muove e tra loro spunta il musetto di Lino, che miagolando comincia a leccarli sul viso.
Se lo coccolano ridendo, poi tornano seri.
“Abbiamo tanto da fare Diego mio, e lo faremo insieme, come sempre”. I loro occhi sono pieni di amore mentre si guardano e si scambiano un altro bacio.
“Si amore, per sempre insieme”. 

3 commenti:

  1. Il lieto fine ovviamente d'obbligo e a sorpresa... dico la verità, mi piace tutto di questa storia e anche il capitolo così appassionato, con quel dolore di Michele che viene fuori in tutta la sua potenza in questa frase: " Non succederà nulla domani, non è così che funziona. Non può essere così. Perdio! Ma checcazzo abbiamo fatto noi di male! Fanculo, fanculo tutt" per far riprende da quel momento di panico il suo amore in realtà si sfoga anche lui. Ecco, io una cosa però non ho ben chiara: perché Fabrizio ci ripensa? Cioè va in prigione? Non lo hai spiegato... forse, opto per un flashback tipo dove gli amici di Michele (anche di nascosto a Michele) gli hanno ricordato che se Diego finiva in prigione, Michele lo avrebbe ammazzato e lui per paura, perché è un vigliacco, non ci credo nei sensi di colpa, è troppo merda! Insomma io questo passaggio non l'ho capito benissimo, non mi è tanto chiaro. Del resto è una delle storie più dolci amare e particolari che hai scritto e per questo mi ha scatenato sempre mille emozioni e tanto pensare... complimenti come sempre!

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  2. Bellissimo finale. Speravo proprio in un lieto fine anche se ho temuto che Fabrizio da bastardo qual'è non si sarebbe mai fatto avanti. Sai che penso che forse un pò di merito lo ha Nicola? Credo sia stato anche lui a fargli cambiare idea. Meravigliosa la scena in tribunale quando tutti loro guai hanno fine e possono portarsi a casa Diego. Ho sofferto ad ogni capitolo insieme a loro e vederli felici mi riempie il cuore. Bravissima. Attendo a breve la NUOVA! Capito?

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  3. Diamo fiducia alle Forze dell'Ordine, avranno indagato e scoperto il colpevole, per una volta! Magari aiutati dalla soffiata di un cugino innamorato del detenuto... Fabri non ci avrebbe mai ripensato, infatti.
    Grazie per i complimenti, occhio che potrei prenderci gusto! Vi adoro <3

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