lunedì 25 novembre 2013

La valle delle Meduse, capitolo cinque




Titolo: La valle delle meduse
Autore: Giusi-poo
Pairing: lo scoprirete leggendo
Genere: AU/Commedia/Romantico/Erotico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 13 
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I nomi di luoghi possono essere veri ma usati solo per ispirazione artistica 


Quando Michele arrivò alle prove, erano già le nove e mezzo. Non c’era stato verso, sua madre lo aveva voluto per forza a cena! C’erano anche i suoceri, i futuri suoceri di Michele, e Marina si era mostrata a dir poco sorpresa e scandalizzata che se ne andasse così, senza chiederle di seguirlo. Non era stato specifico, a dire il vero. Non aveva parlato certo delle prove di un tale gruppo musicale, ma di un misterioso piano per scongiurare problemi burocratici relativi ai loro progetti edilizi. Insomma, chi fosse questo misterioso amico che li avrebbe aiutati non era dato a sapersi. Fatto sta che finalmente libero dai famigliari, Michele scelse di prendere la macchina questa volta per fare prima. Era attraversato da un’ansia non collocabile rispetto alla sua vita passata, come se l’ansia stessa fosse stato il carburante in grado di farlo partire e via, a tutta birra, verso l’indirizzo gentilmente fornitogli da Diego... Diego, già. L’aria si riempiva di quel nome, l’aria calda e vagamente sudicia di mare, salsedine e pulviscolo sabbioso. Il nome risuonava nell’eco stanco delle sue orecchie, tipo l’acufene che ogni tanto lo colpiva di notte, o di mattina presto. Quella eco non era destinata a placarsi no... era arrivata per andarsene mai più. Poi c’era l’immagine, ancora sfocata a dire il vero, forse perché il cervello aveva talmente voglia di rivederla da costringere la memoria a nutrirsi di nuove fotografie. Fame, fame di tutto quello che ancora non aveva avuto di lui, di avere nuovi ricordi ai quali attingere. In questo stato arrivò Michele e planò direttamente tra le braccia di Diego. Sembrava là solo per accoglierlo. Con un sorrisetto timido, dopo averlo stretto a sé, lo accompagnò nel capannone che i ragazzi usavano sia come sala prove sia come sala d’incisione. Per registrare avevano creato una stanza apposita protetta da apposite coibentazioni affinché nessun rumore esterno influenzasse, se non voluto. Eccolo Diego, pensò Michele, maglietta senza maniche, pantaloni bermuda, espadrillas come calzature. Il ciuffo multicolore fin sul naso, gli orecchini. Le sue braccia attorno alla sua vita. Gli altri ragazzi continuarono a comportarsi come se l’ospite non ci fosse e, ad essere precisi, non era l’unico ospite. C’era anche qualche ragazzina e amici vari, in tutto una decina di estranei e, tra loro, anche Antonello, Davide e Gabriele. Per Michele fu subito chiaro che la presenza dell’altro gruppo nella vita di Diego era scontata. O semplicemente dovevano provare anche loro. Si appollaiò su una vecchia cassa, simile ad  un baule e ascoltò il bassista che accordava, il batterista che faceva viaggiare le bacchette vorticosamente. Il tum tum delle percussioni divenne regolare ed iniziò il primo pezzo. Dopo cinque minuti di sola musica arrivò Diego sul palco, microfono in mano, chitarra e viso sofferto, malinconico. Senza togliere mai lo sguardo dal nuovo amico, Diego cantò il suo pezzo. Si trattava di una canzone contro le ingiustizie sociali che puntava il dito soprattutto sull’indifferenza collettiva, sull’inseguimento del benessere da parte dell’uomo, il quale ormai pensava solo a come arricchirsi fregandosene di chi e di cosa calpestava. Quelle parole avrebbero dovuto colpire la coscienza dell’ingegnere palazzinaro, lo avrebbero fatto sì se questi non fosse stato troppo preso dal movimento pelvico del cantante, dalla sua voce graffiante e sensuale, non da meno dal suo dimenarsi e da come lo guardava. Era come se quelle parole rimbalzassero direttamente dal cervello al pacco. Raccontavano tutt’altro nelle orecchie di Michele, parlavano di passione, di ardore, di scostumatezza. Di libertà, anche sessuale. Tutto quello che Michele aveva desiderato senza sapere di desiderarlo.

Il pezzo finì ma ne iniziarono altri due. Alla fine del terzo Diego disse che per ora bastava. Michele lo visse come un momento privato tra di lui e il cantante. Come se gli avesse voluto concedere un’esibizione privata, tipo sceicco che paga una star milioni di dollari solo per averla una sera tutta per sé. E Diego, non c’era alcun dubbio ormai, voleva essere tutto per Michele. Adorava il modo in cui lo aveva guardato per tutta l’esibizione, lo faceva sentire desiderato, sexy, irresistibile. E anche un po’ geniale. Tracannata tutta la sua birra, Diego schizzò verso Michele per planare di nuovo tra le sue braccia, in un abbraccio dolce. Michele si beò del suo sudore e gli baciò le ciocche umide. “Bravissimo” riuscì a dire soltanto. “Grazie” ribatté il cantante, poi lo prese per mano e lo trascinò in una stanzetta dove si entrava attraverso una porta invisibile, segreta, tipo quella delle discoteche. Gabriele e Antonello si lanciarono uno sguardo carico di parole che non occorreva pronunciare. Era fatta. Diego era partito per uno nuovo. E Nicola?


La sera successiva Nicola raggiunse il compagno alle otto di sera. Fuori dalla porticina di legno le chiavi attaccate. Diego viveva appena fuori dalla città, in un paesino dove erano ancora numerosi i trulli. La sua abitazione era proprio una porzione di trullo, un appartamentino piccolissimo su due piani. Al piano terra c’era il bagno, consistente in una doccia e un lavandino con sopra appoggiato alla meglio un vecchio specchio rovinato dal tempo e dalla salsedine. C’era anche un piccolo guardaroba. Una scalinata di pietra portava al piano di sopra. Senza ingresso, si andava direttamente in cucina, a dir poco minimale e accozzata ma completa di frigo e lavatrice. Dalla cucina si finiva alla stanza da letto. Tra i due vani una finestra che dava su un grande spazio aperto, pieno di ulivi. Del mare poco distante, si riusciva a sentire il rumore. Nessuna linea telefonica.
L’alcova non aveva niente di speciale tranne che era dannatamente angusta e piuttosto umida, con le chiazze ben visibili sul soffitto. Ma si respirava l’aria di antico e la pigione schifosamente bassa. Diego aveva ottenuto l’appartamento con la promessa di occuparsi della padrona di casa, un’ottantenne che aveva sempre bisogno di qualcosa e lui la supportava, quando non era in giro a provare o a suonare, quanto meno, facendo così strare tranquilli i figli e i nipoti  dell’anziana. Pur non avendo un impiego, non si poteva dire che non avesse sempre da fare. Nella fattispecie cucinava spaghetti alla gricia per il suo innamorato e per sé. Adorava mangiare e non gli dispiaceva cucinare. Nicola fu accolto dall’odorino dell’aglio sfrigolato nell’olio già dalla strada. Affamato, fece gli scalini in un baleno. “Eccomi”. Diego si voltò sorridendogli. “Stavo giusto per iniziare a bestemmiare. Ecco, mi sono detto, ora li scolo e in cinque minuti fanno schifo. Invece sei arrivato al momento giusto. Dammi un bacio” Nicola si chinò per stampargli un bacetto e subito si mise seduto su quella specie di tavolino, ricavato con una tavola di compensato appoggiata a un trabattello. Le sedie erano di quelle che si aprivano e chiudevano all’occorrenza, per poi essere riposte. Nicola le prese da sotto il letto e le aprì mentre Diego finalmente scolava gli spaghetti fumanti.
Il primo risultò un successo, appetitoso e unto al punto giusto. Spaghetti così buoni da azzittirli entrambi per cinque minuti. Dopo la pasta non era previsto niente di cucinato, così i due giovani attaccarono il filone di Altamura e il formaggio. Il tutto imbevuto col del vino rosso locale. Sazi e ritemprati, dovettero fumarsi due sigarette in attesa del caffè prima di andare in camera a fare l’amore. Quella notte Nicola si fermò a dormire da Diego, non un evento così raro ma non accadeva nemmeno troppo spesso. Ma mentre lo scaricatore di porto dormiva russando, Diego continuò a restare sveglio pensando a... Michele... basta non devo prendere più il caffè dopo cena che poi non dormo! Si disse mordendosi il piercing. Non smetteva di pensare a lui, a quanto successo la sera prima, e che gli dispiaceva per Nicola perché davvero stava bene con lui. E se avesse scoperto quanto successo nel privè... Diego non aveva dubbi, Nicola lo avrebbe picchiato a sangue e, una volta morto, avrebbe bruciato i suoi resti in spiaggia. Ci pensò: al barese poteva anche andare bene. I suoi genitori non lo avrebbero cercato, dando per scontato che senza dire niente a nessuno, fosse partito per la Germania, o l’Inghilterra per fare il barbone e vivere della sua musica. Ma gli amici? Iniziò a fantasticare di lui e Michele tra le strade di Londra o Amsterdam, a fare gli artisti da strada. Queste sciocchezzuole lo aiutarono a distendere i nervi e prese finalmente sonno. La mattina dopo lo svegliò il bacio di Nicola. “Vado, tu dormi ancora” e si alzò. Nel giro di cinque minuti era per strada. Si svegliava prestissimo, per questo la sera non riusciva a tirare tanto tardi, anche se molto spesso Diego lo costringeva a causa dei concerti. Ma non riuscì più a dormire il cantante. Ebbe la certezza che fossero i sensi di colpa a farlo stare così. Ma, nonostante questo, decise che era arrivato il momento di uscire, doveva cercare un telefono a scheda per chiamare Michele.

3 commenti:

  1. Cosa sarà accaduto nel privé? Mmmm penso tante cose belle a giudicare dalla paura di Diego che il fidanzato possa scoprirlo. Michele intanto sembra stia vivendo la sua giovinezza, i primi amori con una spensieratezza e un'incoscienza propria di quegli anni. Mi prende troppo questa storia. Peccato che questo capitolo è finito troppo presto.

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  2. Non male l'idea di fare i bascher in giro per l'Inghilterra: me li vedo cantare Scarborough fair, novelli Simon and Garfunkel dai colori scambiati... bellissimi.
    Forse sarebbe un bene per tutti quanti: per Diego che ha l'animo libero, fresco, che ha bisogno di volare. Per Michele che dovrebbe lasciarsi alle spalle un'esistenza grigia e noiosa, per riprendersi un po' di quella spensieratezza che ognuno di noi dovrebbe avere e non solo in gioventù. E soprattutto per vivere il loro amore che sta nascendo tra non poche difficoltà, scrollandosi di dosso amanti e promesse spose ormai venuti a noia, visto che nella poca libertà che l'uomo si concede non sono permesse figure geometriche nei rapporti. Non legalmente almeno :)

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