martedì 4 giugno 2013

Sui gradini di San Francesco, sesta puntata



Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.
VI Capitolo

La mattina dopo gli studenti si ritrovano sui gradini di San Francesco per andare a bere tutti insieme qualcosa al bar: è un rito consolidato, non manca nessuno. 
“Per voi sono gli ultimi esami vero? A settembre la tesi quindi. Bello. Io invece avrò gli ultimi a settembre. Uff, che ansia però” Fabio, il più timido, è sempre molto agitato quando deve dare qualche esame.
Gaetano e Michele annuiscono e tutti e due gli danno qualche pacca sulle spalle: “Dai Fabio, manca poco anche a te e a dispetto della tua ansia sei sempre andato benissimo, meglio di tutti noi”.
“Io ho ancora un anno, cosa dovrei dire?” ombroso come sempre nei giorni d’esame, Diego porta sotto il braccio una cartella più grande di lui, ed Elsa e Pina lo prendono in giro per questo.
Lui fa spallucce e sorride misterioso: “Se vedeste cosa ho dentro questa cartella…”. Le ragazze ora sono curiose e vorrebbero vedere, ma interviene Michele bloccando le loro proteste: “Niente da fare, prima la tavola la deve vedere il suo prof. Poi diventerà mia, quindi non se ne parla”. Diego sogghigna mentre Michele depone la tazzina del caffè e lo abbranca per le spalle. 
“Dai, è un disegno di Michele! Facci vedere Diego! Poi avevi promesso che ne facevi uno anche a me, e non l’hai mai fatto!” Elsa mette il broncio.
“Hai ragione Elsa. Ma ti giuro che la prossima tavola sarà tua, hai un viso troppo interessante, devo farlo per forza. Giuro!” Diego si contorce per far la croce senza deporre la cartella. 
“Bene ragazzi, è ora! Ci troviamo tutti qui oggi, andiamo ora” Danilo apre la marcia verso l’uscita del bar, e si dividono alle varie fermate dell’autobus. Per Diego e Michele la fermata è la stessa. Il primo ad arrivare è l’autobus di Diego, che bacia veloce Michele sulla bocca e poi sale sul mezzo semivuoto. Si incolla al finestrino sul fondo e saluta con la mano i compagni, che si sbracciano ridendo. 
Michele col suo nuovo 30 sul libretto esce dalla facoltà di veterinaria verso mezzogiorno, e corre alla fermata dell’autobus. Diego dovrebbe finire fra un’oretta, lui ne aveva due di esami nella stessa mattinata, e vuole aspettarlo davanti all’Accademia: ha una sorpresa per lui e non vede l’ora di vedere la sua faccia quando saprà.
Dopo mezz’ora si ritrova davanti all’Istituto, un po’ preoccupato: e se avesse già finito, e se esce da un’altra parte? Mi tocca star qui per niente, magari lui mi aspetta a casa. Decide di stare dall’altro lato della strada così potrà vedere meglio.
Cammina su e giù per il marciapiede e finalmente quando ormai Michele sta pensando che sarebbe meglio tornare, lo vede scendere i pochi gradini in compagnia di altri due studenti, con la sua cartella sottobraccio. Come sempre quando lo vede si sente felice: lo chiama e si sbraccia dal marciapiede per farsi notare.
Diego si guarda attorno, poi lo vede e il suo viso si illumina; saluta in fretta i compagni e ridendo attraversa di corsa la strada senza nemmeno guardare, rischiando di finire sotto a un’auto che lo evita per un pelo. Michele impallidisce ma non ha nemmeno il tempo di recriminare che Diego lo raggiunge e gettando a terra la cartella gli si attacca al collo, baciandolo sulle guance: “Michi che sorpresa! Sai che ci pensavo che magari venivi a prendermi. Ma che bello! Com’è andata?” e lo bacia sulla bocca, uno, due, tre baci. 
Michele cerca di staccarsi un attimo: “Se mi fai parlare te lo dico! E’ andata bene, un trenta. E questo era difficile”.
“Sì ma tu sei troppo bravo. Però indovina?” lo guarda con gli occhi scintillanti, e Michele capisce che è andata benissimo anche a lui:”Trenta anche per te Diego?”. “Sì, tutti e due! Ma per le tavole mi ha dato anche la lode! Ci pensi? Andiamo a mangiare qualcosa?”. Michele recuperando la cartella dei dipinti fa un’espressione misteriosa e lo prende per mano: “Dopo, prima devo farti vedere una cosa”. lo prende per mano: “Andiamo?”.
Diego si lascia trascinare, non senza cominciare a tormentarlo: “Michi dove andiamo? Dai, dimmi qualcosa, lo sai che sono curioso, non puoi…”. Michele ride sotto i baffi: “Risparmia il fiato, che c’è un po’ di strada per arrivare alla fermata dell’autobus”.
Sbuffando Diego lo segue in silenzio, ma appena mettono piede sul mezzo, riparte all’attacco: “Michi dai! Dimmelo, lo sai che non resisto io!”. Michele scrolla la testa: “Niente da fare, impara a portare pazienza!”. L’autobus fa una brusca frenata e Diego finisce addosso a Michele, approfittandone subito per abbracciarlo: “Se mi vuoi bene me lo dici”.
Michele si sta divertendo moltissimo: “Dai, la prossima è la nostra, tra cinque minuti la tua curiosità sarà soddisfatta Diè”.
Scendono in una zona periferica e Diego si guarda attorno incuriosito. Non ha più chiesto niente ma la sua faccia dice tutto. Finalmente Michele si ferma davanti a un concessionario e si avvicina a una Renault 4 verde acqua: “Che ne dici?”. Diego lo guarda e stavolta l’espressione è seria: “Bella Michi, ma cosa c’entra, cioè…” poi sbarra gli occhi: “No… è tua? Hai preso una macchina? Davvero?”.
“Me l’hanno regalata i miei, dice che ormai sono laureato, me la merito. Allora ti piace? Ti ho fatto una sorpresa o no?”. 
Diego gira intorno all’auto guardando dentro ai finestrini: “Bella Michi, bellissima. Sempre grandi i tuoi. E te la meriti si, ti laurei anche in anticipo. Oddio ha anche il tettuccio apribile!”.
Michele ride: “Aspettami qui un attimino, mi faccio dare le chiavi e andiamo”. 
“Andiamo? Vuoi dire che la prendi su adesso? Subito?” Il viso di Diego si apre in un grande sorriso: “Ci andiamo a casa adesso?”. Michele annuisce e corre all’interno del negozio, uscendone pochi minuti dopo mostrando le chiavi. Apre la portiera del passeggero e con un inchino fa accomodare Diego sul sedile. Diego si siede intimidito e Michele richiude velocemente la portiera e prende posto accanto a lui, mettendo in moto. Si gira verso Diego e apre le braccia: Diego finalmente ride e gli si butta addosso. Si baciano lì incuranti dei pochi passanti, è troppa la felicità. “Apriamo il tettuccio Michi? Si vero?” Diego sta già sganciando gli attacchi e alza il tetto guardando il cielo sopra: “Andiamo Michele”. 
Partono e Michele si dirige subito fuori città, con Diego appoggiato alla sua spalla, il vento tra i capelli. Diego gli bacia il collo aspirando il suo profumo: “Sai di aria Michele; pensa ora possiamo scopare anche in auto, wow!”. Michele ride di gusto: “Ed è questo il motivo principale per cui ci stiamo dirigendo fuori città! Aspetteremo il buio e scoperemo come ricci sulla nostra auto!”. Anche Diego ride allegramente: “Nostra?”. “Si Diè, nostra” e continuano il loro viaggio cantando a squarciagola. Passano la giornata in giro per la campagna, e si fermano a cenare in una piccola osteria solitaria, mangiando arrosto e bevendo vino rosso. Aspettano davvero il buio per fare l’amore in un boschetto vicino al Po, e quando tornano finalmente a casa a notte fonda prima di scendere dall’auto, ricordando i momenti belli della giornata, si giurano che non si lasceranno mai.
I giorni seguenti si snodano tutti più o meno uguali fino al giovedì della settimana successiva. Diego e Michele hanno già finito, ma si trovano ugualmente con gli altri sui gradini, quindi si avviano verso il parco per la prima giornata di relax dopo tutti quei giorni pesanti.
Coricati sul prato, via la maglietta e arrotolati i jeans al ginocchio, si godono la bella giornata di sole.
“Ci pensi Diè che fra dieci giorni si parte per la Puglia, e quest’anno andremo in auto! Mia nonna parte domenica coi miei zii, e noi ci stiamo tutti così: i miei non vedono l’ora, non hanno la patente loro, lo sai” Michele è beato e si gode il calore del sole pensando a quello che prenderà quando sarà al paese dei suoi, in provincia di Bari, alle nuotate, alle uscite serali sempre con Diego.
“Io non ci posso venire quest’anno Michi” lo dice a voce bassa dove si sente tutto il dispiacere che prova.
Michele si tira su e lo guarda stranito: “Come sarebbe a dire che non vieni? Che novità è? Non hai mai mancato un anno”.
“Ma lavoro adesso e non posso permettermi di lasciarlo capisci? Non ho ancora le ferie, ho appena iniziato…”. Michele lo interrompe: “Glielo chiedi. Le chiedi se te le anticipa no? Cosa le costa, poi per un anno non ne prenderai più, ma non puoi non venire in Puglia con me”.
Diego abbassa gli occhi: “Gliel’ho già chiesto, ma dice che non può. Mi dispiace”.
“Ma cazzo Diè! Non puoi farmi questo. Licenziati, ne trovi un altro dopo”.
“Michele cosa dici? E poi non lo faccio apposta, cosa vuol dire che non posso farti questo? Pensi che io sia contento? Tu te ne stai lontano per un mese, e io sto qui a pensarti…” la voce di Diego si spezza, e Michele lo prende tra le braccia. “Scusami, non so quello che dico, ma questa cosa mi sconvolge. Sto a casa anch’io dai”. 
Diego scrolla la testa: “non puoi, pensa ai tuoi, devi portarli. Niente Michi, quest’anno va così. Magari in agosto riusciremo ad andare a fare un po’ di mare insieme, se il negozio chiude per ferie”.
“Sei più saggio di me. Ma ora non riesco a pensarci, cazzo”. 
Diego prende la mano di Michele e la stringe, poi si mette seduto: “Dovremmo andare ora, stasera si suona, ci aspettano”. 
In silenzio raccolgono il plaid e tornano sui gradini, dove li stanno già aspettando i compagni. Il locale è in centro, e tutti gli amici li andranno a sentire. Tutti si accorgono che c’è qualcosa che non va, Diego è silenzioso e mogio e Michele è serio, lo sguardo cupo.
A metà concerto durante la pausa, Fabri accende una canna e la fa girare. Diego è seduto proprio vicino a lui e accetta di fumare, mentre Michele rifiuta e riprende anche Diego, sussurrandogli all’orecchio: “Diego piantala, questa roba non è che fa bene”. Diego scrolla la testa: “E’ solo una canna Michi, niente di trascendentale. Puoi fare due tiri anche tu, è la giornata giusta, dobbiamo tirarci su”. Michele ha un moto di stizza: “Conosco modi migliori per tirarsi su Diego. Non guardarmi con quella faccia, non voglio rompere le palle e sai che non sono un bacchettone. Abbiamo già fumato tante volte, ma penso che sia meglio smettere, e soprattutto penso che ci siano momenti in cui non bisognerebbe… Non guardarmi così! Niente ho capito Diego, fai come vuoi”.
Passa un’altra canna e Diego fuma ancora, mentre Michele passa anche stavolta. E’ preoccupato per Diego perché col suo carattere potrebbe facilmente prendere l’abitudine a certi comportamenti; sa che il fumo non è pericoloso, ma gira voce che Fabri disponga di altra roba. Diego è spericolato e in questo momento è anche triste, un brutto connubio. Intercetta gli occhi di Fabri e gli fa cenno di piantarla. Lui alza gli occhi, ma obbedisce, Michele gli fa sempre un po’ paura. 
I musicisti tornano sul palco, e Diego canta anche meglio del solito se possibile, ma Michele sente dentro di sé un filo d’angoscia che non lo abbandona, come un senso di fine imminente.
Il sabato successivo Diego tornando dal lavoro non trova la tavola apparecchiata e il pranzo pronto come sempre. Strano, la nonna deve aver avuto dei problemi, non era mai capitato prima. La chiama ma non ottiene risposta, e girando nelle stanze la trova sulla poltrona della sala a occhi chiusi. “Nonna? Non stai bene? Nonna” Diego si avvicina impaurito e si inginocchia vicino a lei, ma la nonna apre gli occhi e gli prende le mani, chiamandolo con un filo di voce: “Picinin, vieni qua vicino, speravo tanto che arrivassi. Ascoltami non mi sento bene da stamattina, e credo che sia arrivato il momento di rivedere la tua mamma e il nonno. No, zitto Diego, ascolta la nonna”.
Diego sconvolto cerca di rialzarsi: “Nonna, fammi chiamare il dottore, l’ambulanza ti prego…” ma la nonna glielo impedisce: “No picinin, è tardi tanto. Ascoltami bene Diego: i soldi che ti manda il tuo papà te li ho sistemati tutti alle poste, è tutto in una cartella che ho dato tempo fa alla Maria, la mamma del tuo Michele. Fate i bravi voi due: sono contenta che siete insieme, per me è un po’ strano, ma così sono tranquilla, ci starà attento Michele a te. Dammi un bacio Diego, e mi raccomando” Diego piangendo la abbraccia: “Nonna ti prego, ti voglio tanto bene, non lasciarmi anche tu”.
“Mi dispiace Diego ma quando è ora non si può far niente. Ti voglio bene anch’io amore della nonna, fai sempre il bravo e sii felice picinin” con un sospiro la nonna abbandona le mani in grembo. Diego la prende per le spalle e la chiama dolcemente: “Nonna? Rispondimi nonna, non andare via, ti prego”. Quando si accorge che lei non respira più si alza di scatto e si guarda intorno senza vedere, senza sapere che fare e poi esce sul pianerottolo e comincia a picchiare i pugni sulla porta di Michele, piangendo e gridando di aprire. Maria apre la porta spaventata e trovandosi davanti Diego in quello stato si porta le mani alla bocca, intuendo immediatamente quello che sta succedendo. Avvisa il marito di chiamare l’ambulanza e corre in casa di Diego, trovando la nonna abbandonata sulla poltrona, sorridente. Diego si avvicina di nuovo: “Maria è viva vero, dimmi che è viva Maria, dimmelo, dimmelo!!! Nonna!” cade in ginocchio e prende le mani della nonna, gridando e piangendo; Maria non riesce a toglierlo da lì e si rassegna: Michele è andato a far spesa ma ormai dovrebbe tornare, solo lui potrà fare qualcosa. Si inginocchia vicino a lui e lo accarezza, parlandogli dolcemente, ma Diego non ascolta, scrolla la testa e continua a chiamare la nonna.
L’ambulanza e Michele arrivano nello stesso momento; Michele lascia passare gli operatori e li segue e quando vede che entrano in casa di Diego sente il cuore mancare un battito. La mamma gliel’aveva detto che Virginia era stata dal medico, e che sapeva che il cuore poteva abbandonarla da un momento all’altro, che non c’era niente da fare. Non aveva voluto farlo sapere a Diego, si era raccomandata, sapeva quanto avrebbe sofferto e voleva farlo stare tranquillo fino alla fine.
Salendo gli ultimi gradini due a due Michele si precipita in casa in tempo per vedere gli infermieri che cercano di allontanare Diego che si dibatte tra le loro braccia piangendo disperato. Si precipita verso di loro, strappa Diego dalle mani dei due operatori e lo abbraccia stretto: “Diego calmati adesso, Diego mi senti, ci sono io Diè, ci sono io” a poco a poco Diego smette di agitarsi e si abbandona a un pianto irrefrenabile con la testa sulla spalla di Michele, che piange con lui accarezzandolo, baciandogli i capelli e parlandogli sottovoce. Lo guida verso il divano e si siedono. Lentamente i singhiozzi di Diego si calmano e con espressione allucinata osserva il medico che certifica la morte della nonna. Maria prende in mano la situazione, e organizza tutto, come da disposizioni che la nonna le aveva dato giorni prima. Non si era nemmeno chiesta come mai la nonna l’avesse investita di questa responsabilità, con la figlia che si ritrovava, poveretta, e Diego era troppo giovane e soprattutto in questo momento troppo sconvolto per poter essere utile. A proposito di Viola non sa proprio dove rintracciarla, pensa che dovrà accettare la situazione com’è quando tornerà.
Viola non torna che verso sera, trovando tutto già predisposto compresa la sala trasformata in camera ardente. Diego non si è ancora allontanato dalla nonna, siede vicino alla bara e sembra avere una scorta inesauribile di lacrime, che continuano a scendere dai suoi occhi. Michele non lo abbandona un attimo, siede vicino a lui e gli tiene le mani, mentre Gaetano e Fabio sono seduti alle loro spalle, come due angeli custodi. La situazione che trova avrebbe sconvolto ogni persona normale, ma lei non si scompone più di tanto, solo aggredisce Diego per aver fatto tutto senza consultarla.
Lui non la ascolta nemmeno, lo sguardo vacuo, ma gli amici si alzano come per proteggerlo, mentre Michele lasciando per un attimo le mani del compagno, le si avvicina e le sibila: “Piantala. Nessuno è riuscito a raggiungerti, e non si poteva certo lasciare la nonna su una poltrona fino al tuo arrivo. Se hai qualcosa da recriminare comunque vai da mia mamma, ha fatto tutto lei, e glielo aveva chiesto proprio tua mamma, che in questo momento è in quella bara e tu non ti sei nemmeno avvicinata per vederla tanto sei addolorata, no? E piantala di prendertela con Diego, piantala capito?”. 
“Dovrei essere addolorata? Non mi ha mai voluto bene, ha sempre preferito quell’altra a me, con la scusa che lei era cagionevole, gliele ha sempre date tutte vinte” la voce di Viola è stridula e cattiva “e quando finalmente pensavo di essermi liberata di lei, è arrivato il suo bastardo a prendersi l’affetto di mia madre. E non dovrei prendermela con lui?”.
Michele è esterrefatto, dà un’occhiata a Diego ma lui sembra non aver sentito. “Zitta, stai zitta, sparisci”. Viola si azzittisce davanti al piglio minaccioso di Michele, e si allontana verso la sua camera, seguita dagli sguardi sconvolti di Gaetano e Fabio.
Michele torna da Diego e riprende le mani gelate tra le sue. Lui non fiata ma appoggia la testa alla sua spalla; Michele gli dà un bacio in fronte e appoggia la sua testa a quella del compagno. 
Fino al giorno del funerale Diego dorme non più di due o tre ore a notte, passando tutto il tempo vicino alla nonna. Nei giorni seguenti Diego non si stacca da Michele se non per andare in negozio la mattina. Michele e la sua famiglia fanno del loro meglio per farlo stare bene, lo circondano d’affetto e non lo lasciano andare nemmeno una volta “di là”, a casa sua dove la zia sta già svuotando la stanza della nonna. C’è tornato solo per un attimo, per prendere le due cose che più gliela ricordano: il filtro per fare il tè delle cinque, al quale la nonna non rinunciava mai, e un libro di poesie che lui stesso le aveva regalato. Alla nonna piaceva molto, e lo teneva sul comodino per leggerne una ogni sera; un orecchio a qualche pagina per ricordare quelle preferite.
“Perché il filtro del tè?” chiede Maria sorridendo al giovane e osservando il filtro alla cui estremità dove si trova il gancio per appenderlo alla teiera vi è un grosso fiore arancione di ceramica.
“L’ovetto… io lo chiamavo così. La nonna diceva che il tè buono era solo quello sfuso, non voleva le bustine pronte. Il filtro lo volevo riempire sempre io, mi piaceva era il mio lavoro. Abbiamo bevuto litri di tè insieme, lei e io” non piange più Diego ma il suo viso mostra una grande tristezza.
“Diego mio, so quanto soffri, e non posso aiutarti se non dandoti il mio affetto, che lo sai è grande. La tua nonna pativa, era malata, pensa che ora non soffre più e che ti guarderà dal cielo”. Diego annuisce con aria mesta: lui non ci crede all’aldilà, ma è grato a Maria per quelle parole e si lascia abbracciare in silenzio. 
Il venerdì pomeriggio Diego e Michele lo passano da soli al parco.
“Partite stanotte Michi, come sempre?” Diego è disteso prono sul prato, il viso appoggiato alle braccia incrociate. Michele gli accarezza la schiena: “Sì Diè, come sempre” Michele è scuro in viso, combattuto tra il desiderio di restare accanto al compagno e il rispetto per la sua famiglia: vedono i parenti solo una volta l’anno, i genitori e la nonna ci tengono, e hanno organizzato di andare in auto proprio quest’anno; anche volendo non troverebbero più posto in treno.
“Non ti preoccupare, te l’ho già detto, cerchiamo di farlo passare in fretta questo mese; abbiamo tante cose da pensare poi, tu a ottobre ti laureerai, se riusciremo ad avere la casa dovremo sistemarla un po’. Pensiamo a quello. E andiamo adesso che tua mamma vorrà cenare presto, e partire prima delle dieci”.
Quando arrivano a casa sono le sette e Maria ha già messo in tavola la cena. L’atmosfera non è allegra, anche se è proprio Diego a chiacchierare più di tutti gli altri, per cercare di alleggerire la tensione.
Aiuta Michele a caricare in auto le valige, e finalmente la famiglia sale in macchina. Pensa proprio finalmente, perché gli fa male il cuore, e non vede l’ora di sfogare tutto il dolore che ha dentro, ma non vuole versare nemmeno una lacrima davanti a Michele, l’amico è già abbastanza preoccupato, senza che lui aggiunga altra sofferenza.
Diego e Michele si rifugiano sulle scale della cantina, le solite scale pensa Diego, e si abbracciano forte: “Diego mi raccomando, cerca di stare bene e chiamami tutte le volte che vuoi. Non fare cazzate in mia assenza, chiaro?”.
“Chiaro. Baciami adesso” Diego gli cerca la bocca e si baciano con disperazione, come se non dovessero mai più vedersi. “Vai adesso Michi, vai. Stai attento e chiamami quando arrivate va bene?” lo accompagna alla macchina, Michele sale mette in moto e parte immediatamente, mentre Diego saluta con la mano. Poi rimane lì, con le mani nelle tasche dei jeans e il cuore che non vuole saperne di calmarsi.

3 commenti:

  1. Povero Diego. E' straziato dal dolore e ora che anche Michele parte gli vengono meno entrambi i suoi punti di riferimento. A fargli compagnia ora solo i ricordi dei bei momenti trascorsi insieme e la speranza che le vacanze finiranno presto. Bellissima la scena in auto, la felicità genuina di Diego e le ore trascorse a fare l'amore. Quanto sono belli. Ti prego, fa tornare presto Michi che Diego senza di lui è troppo vulnerabile

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  2. Mah... ma questa Viola da quale telenovelas argentina, venezuelana o colombiana è scappata? Cazzo che vipera! e che pretendeva! Di avere amore cattiva com'è? Beh, anche Michiele poi, partire a pochi giorni dalla morte della adorata nonna del suo ragazzo, l'ho trovato un po' egoistico da parte sua e di tutta la famiglia sua! Però è anche vero che era un'epoca diversa, che alle uniche ferie d'agosto ci si teneva. Insomma sei stata un bel po' sadica a farmelo soffrire così il povero cucciolo, così debole e indifeso. Che poi senza Michele perde il suo mondo, il suo baricentro. Senza di lui è come un paracadutista senza paracadute. E rischia di farsi molto molto male...

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  3. Eh, mi rendo conto. Michele è troppo ligio ai doveri forse. Però si scendeva una sola volta l'anno al paese d'origine, era un momento importante per le famiglie dei migranti.
    E Viola, non so come sia in sudamerica, ma ce n'è anche di "nostrane" di jene così, ti assicuro! :o)

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