martedì 21 maggio 2013

Sui gradini di San Francesco, terza puntata





Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.



III Capitolo

Michele si sveglia di soprassalto, spaventato: rimane in ascolto e dopo un attimo sente riecheggiare un altro tuono. Bestemmiando sottovoce pensa che non può essere, non ancora pioggia! Si alza per andare in bagno, senza accendere la luce per non disturbare Diego, tanto la luce che entra dalla tapparella lo aiuta. Quando torna lo intravede seduto in mezzo al letto: “Hey Diè, che fai lì seduto?” si butta vicino a lui coprendosi, di notte c’è fresco ancora. Un altro tuono risuona di fuori. “Diego, che cosa stai aspettando? Vieni sotto che fa freddo” Michele lo prende per un braccio stiracchiandolo.
“Devo andare in bagno” sussurra Diego. 
“E vai allora dai, così poi si dorme, ho un sonno” Michele si rannicchia sotto le coperte pregustando il momento di riaddormentarsi. 
“Non c’è la luce Michi, sarà stato il temporale. Sai che a me il buio non piace”. 
Michele rassegnato si libera delle coperte e acchiappa la mano di Diego: “Non è che non ti piace, tu hai il terrore del buio Diego. Andiamo và. Che poi non ti capisco, non hai paura di niente, anzi a volte sei tu a farmi paura per la tua incoscienza, e poi temi il buio”. 
“Non posso farci niente, il buio mi blocca. Mi piace la notte, ma non il buio pesto, dove non posso vedere cosa mi si muove intorno”. 
“Cosa vuoi che ti si muova intorno in camera mia?” ridacchia Michele accompagnandolo in bagno . Il temporale intanto sta infuriando e piove a dirotto. Michele e Diego tornano a letto, coprendosi e stringendosi per riscaldarsi. 
“E’ così… consolante starti appiccicato al calduccio mentre fuori piove. Ti ricordi che da piccoli mi tenevi sempre la mano, vero?” Diego sbadiglia e si accomoda con la testa sulla spalla di Michele. “Dormiamo dai Michi, speriamo che piova domani, così non ci alzeremo nemmeno da questo letto, staremo qui tutto il giorno a farci le coccole”. 

“Staremo qui tutto il giorno a ripassare vuoi dire. E tu devi finire la tavola, quindi lavoreremo. Buonanotte piccolo”. 

“Vedremo” Diego sussurra con voce assonnata, gli da un bacio e nel giro di pochi secondi Michele sente il suo respiro farsi più pesante. Gli dà un bacetto in fronte e anche lui si mette a dormire. 
La domenica effettivamente pioviggina, quella pioggerella noiosa, che non invita a uscire, nemmeno dal letto. Diego infatti è capriccioso e non ne vuole sapere di alzarsi nonostante siano passate le undici quando si svegliano: “Dai Michi, lasciami ancora un po’ qui sotto, stai qui anche te”. 
“Ma non dovevamo cominciare a ripassare? Mangiamo qualcosa e ci mettiamo sotto”. 
Diego gli circonda il collo con le braccia e lo fissa con espressione implorante. A Michele scappa da ridere, Diego è irresistibile quando vuole: gli accarezza il ciuffo biondo e si china a baciarlo. Per ora Diego ha vinto. 
Solo verso l’una Michele riesce a convincere l’amico a sortire dal letto e ad andare a prendere i libri a casa sua. Diego fa una smorfia di disappunto ma si avvia, mentre Michele va’ a salutare i suoi. Quando non vede tornare l’amico si affaccia al pianerottolo, e sente discutere in casa sua. Scuote la testa, la zia di Diego è una vera furia: si appoggia alla ringhiera a braccia incrociate e aspetta. Dopo pochi minuti Diego esce pallido e tirato, con le braccia cariche di libri, colori e tele: “Ciao” dice all’indirizzo di Michele cui malgrado tutto sfugge una risatina. “Ci siamo lasciati cinque minuti fa Diè, ricordi?” intanto gli prende dalle mani le tele e i colori che sono in equilibrio precario e rischiano di rovinare a terra. 
“Sì, mi ricordo. Fammi entrare in casa tua Michele, ho bisogno di normalità, mia zia è completamente andata; la nonna è andata a trovare la sua amica e lei ne approfitta per urlarmi contro” entrando incrocia la signora Salvemini e si scusa: “Ti sto invadendo la casa, mi spiace, ma…”. Lei non lo fa parlare, ha sentito anche lei gridare poco prima, e gli accarezza il viso: “Ma cosa dici Diego? Lo sai che è anche casa tua questa!”. Diego le sorride guardandola con affetto. Certo per fortuna ha la nonna che lo adora, ma fin da piccolo ha considerato la famiglia di Michele come se fosse la sua, e vuole molto bene a tutti, ma soprattutto alla signora Salvemini che a sua volta lo tratta quasi come un figlio. “Andate a mangiare su, che vi ho lasciato la pasta e nel forno trovate anche le melanzane”. 
Diego, sempre stringendo i libri scuote la testa: “No grazie, non mi sento di mangiare adesso”. Ma Maria non vuole sentire ragioni e apostrofa Michele che sta tornando dalla camera: “Michele, porta Diego in cucina e fallo mangiare. Sei sempre così magro Diego mio, fammi ‘sto piacere dai!”. 
“Sì mà tranquilla, lo nutriamo a forza, ma tanto non ingrassa il rospo. Da’ qua quei libri tu” gli prende la pila di libri dalle mani appoggiandola sul tavolino nell’entrata e lo spinge in cucina, mentre la madre protesta: “Ma ti sembra il modo di chiamare Diego? Ma Michele!”. I due ragazzi ridono e si siedono a tavola. Grazie alla compagnia rilassante di Michele, Diego si rasserena e mangia con appetito: “Tua mamma in cucina è un dio! Domani mattina devo presentarmi al negozio, ti ricordi? Sono un po’ agitato”. 
“Certo che mi ricordo; e perché devi agitarti? Vedrai che andrai alla grande”. 
“Sei proprio un amico Michele, hai sempre questo modo di darmi fiducia. Bene, io andrei a fare un giro, ma immagino che invece dovrò studiare vero?” Diego si dondola sulla sedia a braccia incrociate. 
“Guarda che caschi così! Si studia, si studia, via! In camera” Michele si alza e trascina con sé Diego; si siede alla scrivania e gli indica l’altra sedia: “Su forza, al lavoro”. 
Diego sbuffa, poi lo guarda attentamente: “No, inizio la tavola io, sono ispirato” e sorridendo misterioso attacca la tela all’armadio con un po’ di scotch e comincia a lavorare. 
Michele china la testa sui suoi libri e inizia il ripasso. All’improvviso alza la testa, rendendosi conto che da due ore sta studiando, e non ha più sentito la voce di Diego, proprio lui che non riesce a tacere per più di cinque minuti di fila. Si volta e lo vede lavorare alla tela con espressione concentrata, gli occhi socchiusi mentre si morde il piercing. “Diè? Eri davvero ispirato. Posso vedere?”. Fa per tirarsi su ma Diego alza una mano per fermarlo: “Mmm… dopo” continuando a dipingere senza cambiare espressione. 
Michele fa una smorfia e va in cucina a prendere qualcosa da bere. Torna con una bottiglia di chinotto e due bicchieri, beve, ma non disturba Diego che comunque non lo degna di un’occhiata. 
Si rimette al lavoro e solo verso le sei Diego si siede vicino a lui, deponendo i colori sulla scrivania. 
Gli sorride e si vuota un bicchiere di chinotto. Michele prende un fazzoletto: “Hai uno sbaffo di colore sotto l’occhio. Ma non vien via così. Hai anche le occhiaie, accidenti. Eri proprio concentrato. Posso guardare il tuo lavoro adesso?”. 
“Sì, non è ancora finito, ma sì guardalo. Però se non ti piace non dirmelo” Diego è agitato adesso, e osserva ansioso Michele che si avvicina al suo dipinto. Michele guarda la tela spalancando gli occhi neri. Dopo un po’ si riprende: “Diè, ma sono io questo? Cioè, che sono io lo vedo, ma come ti è venuto in mente?”. 
“Non ti piace. Vero?” Diego si avvicina e osserva a sua volta, scompigliandosi il ciuffo nervosamente. 
“Mi piace molto invece, anche se è decisamente più bello di me. Ma era un disegno libero? Cioè un tema a scelta?”. 
“No il tema è ‘dipingi una divinità’; più divinità di te chi potevo fare?”. Diego ride: “Scherzo ma non troppo: ho pensato a Cernunnos, il dio celtico degli animali. Tu ami così tanto gli animali. E così è uscito questo”. Continuano a guardare la tela: Michele nudo in un bosco con solo un mantello sulle spalle, circondato da animali. I lunghi capelli ricci sembrano mossi dal vento e gli occhi neri hanno una profondità che Michele pensava impossibile rendere in un dipinto. 
“Però non ho mica quel fisico lì io Diè. Cioè ti ringrazio ma… cazzo però se dipingi bene, è magnifico. Anche gli animali sono perfetti” Michele è veramente ammirato dal lavoro dell’amico. 
“Non hai quel fisico? Ma da quanto è che non ti guardi allo specchio Michi? Tu sei proprio così. E rappresenti benissimo la divinità” Diego è felice ora che vede l’apprezzamento di Michele, che continua a guardarsi scrollando la testa. In quel momento entra la nonna di Michele: “Michè noi andiamo da zia, ceniamo là. Ci vediamo più tardi”. 
“Va bene! Ciao!” urla Michele all’indirizzo dei suoi. Apre la finestra e si affaccia a guardare la pioggia che cade nel cortile. Diego si appoggia accanto a lui tenendogli un braccio sui fianchi: “Piove ancora; però è servita tutta quest’acqua, guarda com’è verde l’erba delle aiuole, e le foglioline anche, guarda gli alberi”. 
Michele gli dà un bacio: “Di te mi piace anche questo ottimismo a tutti i costi Diè. Grazie per il dipinto, è meraviglioso. E grazie per vedermi così soprattutto. Io non sono un artista, non so dipingere, ma credimi, se potessi farlo ti farei bellissimo, come sei”. Diego lo abbraccia e nasconde il viso nel suo collo: “Ti amo” sussurra al suo orecchio. “Siamo da soli Michele… hai qualche idea?”. 
“Ne ho molte piccolo, ma non riesco…”. Diego lo interrompe: “Io si che ci riesco”. Gli slaccia i jeans e glieli sfila insieme ai boxer, gli infila le mani sotto alla t-shirt e inizia ad accarezzarlo. Michele chiude gli occhi appoggiandosi con la schiena al davanzale: “Diè la finestra, c’è la finestra aperta, ci vedono” si interrompe quando sente la mano di Diego impossessarsi del suo sesso già turgido per l’eccitazione: “Diego aspetta”. “No” non dice altro Diego e d’improvviso si abbassa in ginocchio, e in un attimo glielo accoglie tra le labbra e mentre inizia a percorrerlo su e giù Michele si sente morire e le parole che voleva dire si fermano nella sua gola. Solo quando sente di essere vicino al punto di non ritorno le mani che tenevano la testa di Diego gli afferrano i capelli e lo tirano via con violenza: “Basta Diego, basta, vieni qui”. Lo fa rialzare e lo stringe a sé, si abbassa a baciarlo sul collo, sul viso, finalmente trova la sua bocca e lo bacia con passione. Si stacca un attimo da lui, il tempo di richiudere i vetri e tirare le tende e Diego è già su di lui a toglierli la maglietta. Una volta nudo lo accarezza con dolcezza e lo osserva: “Vedi Michele, sei bellissimo, dovresti venire a fare il modello in Accademia. Ma sarei geloso, quindi è meglio se rimani solo il mio modello”. Michele sorride inclinando la testa: “Sei proprio matto” lo spoglia, quindi si siede sul letto e lo attira tra le sue gambe: “E sei proprio bello. I tuoi fianchi soprattutto mi fanno impazzire, sono morbidi, sensuali. E hai un culo irresistibile!”. Ridono tutti e due e Michele lo tira a sé cadendo all’indietro sul letto. Si baciano a lungo, insaziabili, accarezzandosi, scoprendo ogni angolo del corpo dell’altro. “Resta lì Diego, voglio vedere se so essere bravo come sei stato tu prima” anche lui si china tra le gambe del compagno, e contraccambia ogni bacio, ogni morso che l’altro gli ha dato, finendo per portarlo vicino all’orgasmo, ma è Diego stavolta a fermarlo e a stenderlo sul letto, fronte contro fronte, occhi negli occhi, e continuano ad accarezzarsi così, fino a raggiungere l’estasi, chiamandosi e dichiarandosi il loro amore: in casa non c’è nessuno, possono farlo stavolta. Sfiniti restano abbracciati in silenzio per un po’. E’ Diego a riprendersi per primo e comincia a giocherellare con le dita tra i peli del petto di Michele: “Michi, posso stare qui anche stanotte? O vieni tu da me di dà. Non credo che potrò più restare senza di te la sera. Tienimi con te”. Gli si stringe contro e Michele lo abbraccia più stretto: “Non dormiremo più da soli ormai, non sarebbe possibile nemmeno per me. O di qui o di là, ma insieme rospo”. Diego ride contento tirandosi in ginocchio: “Tu non hai fame? Io ho una fame da lupo! Doccia e cibo, ho bisogno di questo ora”. 
“Idem. Andiamo” vanno a fare una doccia e poi difilati in cucina, dove svuotano la dispensa. 
Placati i morsi della fame, Diego chiede: “Che si fa? Andiamo sui gradini anche se piove? Ma ci sarà qualcuno?”. Michele lo guarda sornione: “Ho un’idea migliore Diè”. Diego lo guarda interrogativo, poi capisce e ride felice. Abbracciati tornano a chiudersi in camera, mentre fuori sta scoppiando un altro temporale. 

3 commenti:

  1. Che tenerezza mi fa Diego così fragile ma anche terribilmente forte. Michele è il suo punto di riferimento fin da piccolo, la sua forza. Quando sta male a casa sua trova un rifugio nella famiglia dell'amico. Capitolo dolcissimo ma anche terribilmente sensuale. Sperimentano, si amano, giocano mentre fuori la pioggia dà loro una scusa per restare in casa a farsi le coccole.

    RispondiElimina
  2. Modo interessante di passare la domenica pomeriggio, soprattutto quando gli altri se ne vanno. No davvero, mettiamo da parte in neo zia e concentriamoci su questi ragazzi, cresciuti insieme come amici e poi diventati innamorati. Ma no, mi sono spiegata male, non sono diventati innamorati, lo sono sempre stati, solo che non lo avevano realizzato. Sembrerebbe l'ideale: amici, fratelli e complici. Come descrivi la loro complicità tra le lenzuola o nei momenti bui di Diego, è perfetto. Soprattutto mi piace il loro prendersi in giro ancora, prova che non sono diventati qualcos'altro ma sono gli stessi ma con questo in più. Hanno arricchito il loro già essere coppia, tra l'altro una coppia che già da amici creava qualche invidia, ma adesso. La perfezione

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo sono sempre stati, e per fortuna nel momento in cui l'hanno capito, invece di allontanarsi spaventati, se ne sono rallegrati. Alla faccia di chi vuol loro male! :o)

      Elimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting