lunedì 18 marzo 2013

Tra rabbia e passione, terza puntata



Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash NC 13
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta




Dopo averla piegata con la massima cura, come faceva ogni giorno, Diego Perrone infilò la divisa nell’armadio. Puzzava di naftalina non poco e si sentì un po’ girar la testa. Gli capitava ogni volta. Quelle abitudini del sud, tipo la naftalina ovunque, lui proprio non le tollerava! Viveva in caserma ormai da due anni e mezzo, ma dopo essere sballottato da città in città, Milano, Savona, Lecco, eccolo apparentemente fisso a Bisceglie, nel quasi profondissimo sud, molto lontano da Torino, da dove veniva lui. Non gli era per niente dispiaciuto andarsene di casa. Non aveva problemi con i famigliari, calorosi il giusto e tremendamente occupati con i rispettivi lavori in fabbrica. Mentre con il fratello a malapena si parlava. Ma a questo preferiva non pensare. No, Diego al massimo aveva da sempre problemi a rapportarsi con se stesso. Nemmeno a questo voleva pensare. Dopo il militare, essendo un buon nuotatore era stato notato per i tempi e l’arma gli aveva paventato così la possibilità di continuare a perseverare nel suo sport. Pensò che magari lo avrebbe mascolinizzato, si sarebbe fatto uomo. E per dare una parvenza di virilità in più si lasciò crescere i baffetti.
La sua prima valigia la caricò un ventisette aprile, in Piemonte, e sfece l’ultima un dodici Febbraio, in Puglia. Dalla finestra della sua stanza, che divideva con altri due compagni d’armi, si vedeva soltanto il muro di un vecchio palazzo. Accanto un cantiere, probabilmente ne stavano tirando su un altro, così il sole sparirà del tutto, e pensare che ho scelto il sud per il sole. Invece in quei primi giorni freddo e umidità (per via del mare antistante) lo avevano quasi sfiancato. Con i colleghi invece si trovava bene. I suoi compagni di stanza erano due ragazzotti taciturni, un sardo e un’abruzzese. Ci parlava poco, giusto l’indispensabile, ma con il maresciallo Gaetano Camporeale, che era sempre pronto alla battuta e lo stava aiutando ad inserirsi e l’appuntato Alfredo Ferrero, con loro si può dire che era già amico. Non risiedevano in caserma: Ferrero era scapolo come lui ma tornava a casa dove viveva con i genitori a Bisceglie. Gaetano invece era sposato e con una quantità di figli, tra cui una certa ‘Loredana’ di ventuno anni, che  garantiva essere bellissima. “Te la farò conoscere se ti comporti bene Perro’, ma prima ti devo studiare bene” gli diceva ma passavano i giorni e ancora non gliel’aveva presentata. Invece Alfredo non era un tipo particolarmente solare, ma con lui si poteva fare un ragionamento serio, attento ai problemi sociali, alla politica. Un ragazzo con la testa sulle spalle, stimabile. Anche Diego si sentiva così, un tipo di sani principi, non un superficiale. Mica di quelli attaccati solo ai beni materiali, tipo sfoggiare una macchina potente, o peggio squarciarsi la gola per la squadra del cuore. Essendo così simili Alfredo e lui presero ad uscire spesso insieme. Per lo più si recavano a mangiare una pizza o un buon piatto di pasta, come avrebbero fatto quella sera. A volte al cinema. Ce n’erano due: uno nella parrocchia solo con seconde visioni e uno al centro del paese, più moderno.
Nel tavolo centrale del ristorante ‘Da Galileo’ Diego espresse le sue perplessità per la situazione economica italiana e Alfredo, malgrado avessero pareri differenti per quanto concerneva la politica, assentì a quasi tutto quello che gli usciva di bocca. Tra un boccale di birra e di vino, il pugliese preferiva quest’ultimo, rosso e con parecchi gradi, si fecero le dieci. A quel punto si concessero una passeggiata tra la guazza. Alfredo non gli chiese cosa fosse successo durante la perquisizione di quel tizio, il facinoroso, ma dentro di sé friggeva dalla voglia di domandare. Così partì cauto: “Tutto bene oggi con quei facinorosi della alla Eganap?” Diego tossicchiò prima di rispondere: “Beh, è stata la mia prima vera perquisizione”
Divenne rosso e Alfredo lo notò. “Devi stare attento a quel tipo Diè, è un bel rompicoglioni. Una testa calda a Bisceglie. È stato pure dentro un paio di volte, dunque occhio” lo avvisò con gesto paterno. Diego lo apprezzò: aveva sette anni più di lui e spesso teneva proprio quell’atteggiamento da fratello maggiore che lui apprezzava: anche perché il suo di fratello maggiore non lo aveva mai coccolato, nemmeno una volta. Sotto casa dell’appuntato si salutarono con una virile stretta di mano per poi dividersi. Alfredo accompagnò con lo sguardo e un sospiro il giovane collega che, stretto nel suo cappottino nero,  si allontanava da lui a favore della notte pugliese.


Michele tornò a casa presto quel venerdì. La manifestazione del giorno prima a Bari gli aveva lasciato tanta carica in corpo. Era stato un bel corteo, la piazza piena così come le stradine attorno. Il comizio aveva acceso gli animi di tutti, e la distesa di bandiere rosse sventolanti allargato il suo cuore.
Al ritorno in treno gli si era appiccicata addosso Gemma. Oddio, non che fosse spiacevole avere Gemma addosso, semplicemente non era il momento. Per lui. Forse è solo stanchezza. Oh, non l’aveva cacciata, anzi... preliminari iniziati in tra i sedili del regionale Bari – Foggia si erano conclusi con un appassionato coito consumato alla svelta in una stanzetta alla radio. E sì che si erano divertiti, ma lui aveva un tarlo in testa, e non sapeva dargli un nome. Anche lei se n’era accorta, e gli aveva chiesto che c’era che non andava.
“Niente Ge’, è solo che ho tanti pensieri. Ma ti ringrazio, mi hai fatto stare bene”.
Gemma gli aveva sorriso, poi lui l’aveva accompagnata a casa, ed era andato a dormire.
Michele tornò al presente. Era ora di dare una ripulita alla casa. Si rimboccò le maniche e tirò tutto lustro. L’unica difficoltà era spostare il padre di qua e di là, a seconda della stanza da sistemare.
Pensò che doveva fare qualcosa, non si poteva andare avanti così.
Finì di mettere in ordine, si diede una lavata e poi andò in cucina. Spenta la televisione, ordinò al padre di andare a prepararsi: “Si esce a cena pà, una pizza o quel che ti pare, ma stasera io non ho voglia di mettermi pure a cucinare, e soprattutto non ho voglia di vederti così. Forza”.
Forse a causa del piglio deciso di Michele, il padre si alzò senza protestare e andò a vestirsi. Michele rimase stupito, pensava di dover discutere di più, ma ne fu contento.
Come sempre Michele preferì evitare l’auto: “Ci facciamo una passeggiata papà, tanto Galileo è qui vicino” gli mise una mano sulla spalla e si avviarono verso il lungomare.
Arrivarono al ristorante sul mare e occuparono un tavolino vicino alla vetrata, da dove si poteva vedere la distesa del mare agitato sotto di loro. Il padre fece un sorriso a Michele: “Mangerei il pesce…”.
Michele felice di vederlo presente dopo tanto tempo chiamò subito il cameriere: “Salvo, vieni dai che mio padre ha fame!”. Ordinarono primo e secondo e anche il vino, bianco.
“Ci venivamo sempre con la mamma qui” gli occhi del padre si inumidirono, guardando in giro per la sala.
“Si pà, mi ricordo; mamma si metteva elegante con le scarpe col tacco” anche Michele si commosse  pensando alla madre, quel donnino così sensibile, ma forte allo stesso tempo; “con quattro uomini che aveva in casa, non si lamentava mai di niente, vero pà?”.
“Sì, noi due, tuo nonno e tuo fratello. Dobbiamo telefonare a Savino in Germania Michè”.
“Dovremmo parlare più spesso della mamma sai? L’hai come cancellata, ma non è così che starai meglio pà. Domani chiamiamo Savino. Sono contento stasera di stare qui con te” Michele strinse la mano del padre che annuì.
Cominciarono a mangiare con appetito la pasta ai frutti di mare, quando Michele vide entrare un terzetto che sedette poco lontano da loro. Riconobbe il maresciallo Camporeale e insieme a lui, oltre l’appuntato Ferrero, il biondino che lo aveva perquisito. Perrone se non sbaglio...
Li osservò sedersi e finalmente si accorsero della sua presenza. Michele fece loro un cenno di saluto, con un sorriso ironico. Camporeale rispose al saluto con la stessa ironia, ma Perrone si limitò a guardare Michele, con quei suoi occhi grandi un po’ sgranati, un po’ sognanti.
Michele tornò a rivolgersi a suo padre, ma la presenza del giovane carabiniere lo aveva agitato, e seppe subito che non c’entravano affetto le lotte sindacali. A quell’inquietudine avrebbe dovuto trovare un nome. Non seppe perché ma fu sicuro che ciò che provava in quel momento aveva a che fare con la svagatezza con Gemma il giorno prima. E questa certezza lo rese ancora più nervoso.
Sentiva la sua presenza, la sentiva dentro. Un rimescolio allo stomaco, una sensazione strana in testa. Ripensò alla perquisizione e gli venne da ridere, ma il sorriso si smorzò subito, mentre riprovava nitida la sensazione delle sue mani gelate sul petto. Arrossì, ma nessuno ci fece caso, nemmeno suo padre che continuava a mangiare con appetito.
Cosa cazzo vado a pensare? Suo malgrado si girò verso il biondino e incontrò i suoi occhi che lo fissavano. Non riuscì a distogliere i suoi, e nemmeno l’altro ci provò, ma arrossì a sua volta.
E no Michè cazzo! Cos’è ‘sta storia che ora ti si drizza pure a guardarlo? Eppure era così. Cazzo se è carino, ma che importa se lo è. È un carabiniere carino, per di più del nord, no? E allora? Oscillò la testa toccandosi la nuca che scoprì imperlata di sudore.
Il resto della cena fu un supplizio, soprattutto perché i jeans erano troppo stretti ora, e non sapeva più come sedersi. Respirò di sollievo quando suo padre finì e dichiarò che potevano anche tornare a casa.
Uscendo dal locale non poté resistere e gettò un ultimo sguardo al carabiniere: anche lui lo stava seguendo con lo sguardo e gli fece un sorrisino incerto, cui Michele rispose con un cenno del capo, sorridendogli suo malgrado.


Non c’erano dubbi: a Diego piaceva Michele Salvemini. E se a questo poteva anche rassegnarsi in qualche modo, non tollerò che la cena con Alfredo e Gaetano finisse in battutine e i doppi sensi di quest’ultimo. “Allora Perro’, che ci nascondi qualcosa? Ti piacciono gli uomini con la barba? Ti piace quell’impiastro dell’Ortica?” fu la prima volta che lo sentì appellare così Diego. Alfredo tentò di cambiare argomento, non era disposto a sopportare che al suo amico fosse dato del frocio, anche se a farlo era un suo diretto superiore. “Ma quanto siete poco spiritosi, dai sto solo scherzando! Ma che ti pare che ora a Perrone gli piace il cazzo, di quello lì poi, ahahah!” Gaetano, complice pure il quartino che si era scolato da solo, sembrava tutt’altro che professionale alle undici di sera, con la sua andatura dinoccolata e i modi villanzoni. Alfredo e Diego lo guardarono con un mix di pena e fastidio, ma fu più fastidio. Ad un certo punto Alfredo prese Diego sottobraccio: “Non ti curare di lui, è stronzo o no quando fa così?” gli sussurrò.
“È stronzo” rispose accigliandosi e smuovendo nell’altro un modo di tenerezza. “Su dai Diego, ma nessuno lo pensa. Figurati, un bravo ragazzo come te!” A Diego scappò un sorrisetto amaro. Ah se l’amico lo avesse conosciuto per quello che era! Di sicuro avrebbe tolto il braccio dalle sue spalle e quel che è certo non gli avrebbe scoccato un bacino sulla guancia, lasciandolo per di più di sasso.
A quella il maresciallo non resisté: dovette dire la sua. “Ah ma allora ve lo litigate il torinese. E io che volevo farti conoscere Loredana Diè, ma se tu sei tanto ambito dagli uomini...” anziché offendersi Alfredo scoppiò in una bella risata sincera. Grato di aver rotto così l’imbarazzo, anche Diego rise a sua volta. E per quella sera i fantasmi dell’omosessualità furono per qualche minuto messi da parte.

2 commenti:

  1. Wow che cena interessante. Il reciproco interesse non è passato di certo inosservato. Il giovane carabiniere ha fatto colpo sul burbero sindacalista tanto da farlo eccitare anche solo con uno sguardo. Ma come potrebbe non essere altrimenti, con quegli occhi da cerbiatto che Diego si ritrova. Ora bisogna capire chi farà la prima mossa. Scommetto che si studieranno ancora un pochino. Soprattutto Michele, poco avvezzo a questo genere di sentimenti. Dovrà cercare di fare chiarezza ma soprattutto di sbrigarsi che Diego aspetta solo lui. E' cotto a puntino. Bellissimo capitolo. La amo troppo questa storia. Lo so che lo dico sempre ma voi siete troppo brave

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    1. Grazie cara, resta con noi per sapere che fine fanno l'operario e il carabiniere :)

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