domenica 17 marzo 2013

Dalle Puglie alle Alpi, terza puntata




Titolo: Dalle Puglie alle Alpi
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo  
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.



III CAPITOLO


Il locale è decisamente caratteristico: senza finestre, le pareti tappezzate di foto, locandine e poster di musicisti e artisti in genere, lavagne qua e là dove ognuno può scrivere qualcosa e un grosso quaderno che raccoglie le frasi di tutti quelli che sono passati di lì e hanno voluto lasciare un post.
Gli amici di Diego non sono ancora arrivati ma i due sono piuttosto affamati, essendo praticamente arrivati a sera solo con una brioche a testa, quindi ordinano un paio di bruschette a testa e si scambiano allegramente gli assaggi.
Verso le nove cominciano ad arrivare gli amici, e Diego presenta Michele, ma stavolta lui non si sente a proprio agio: i nuovi arrivati lo guardano con un po’ di sospetto. L’arrivo di Danilo ed Erika stempera un po’ il disagio ma la serata stenta a decollare. Michele si è azzittito, gli altri non cercano di coinvolgerlo e lui comincia a pensare che forse era davvero meglio rimanere a casa di Diego. 
Danilo si accorge che Diego si è fatto serio e intuendone il motivo, interviene: “Scusate ma non vi pare di essere un bel po’ maleducati? Se volevamo far capire a Michele che razza di brutto carattere chiuso abbiamo in questa città ce l’abbiamo fatta. Anzi ce l’avete fatta”.
Michele rimane immobile, spiazzato dal discorso di Danilo mentre gli altri si guardano tra loro imbarazzati. Diego che da un po’ sta tormentando il piercing sull’orecchio fa una smorfia a Danilo e mette una mano sul braccio di Michele, poi col suo solito sorriso guarda gli amici intorno al tavolo: “Vi ho detto che Michele è appena arrivato dalla Puglia per lavoro, non vi ho detto che siamo diventati già amici nonostante il poco tempo che abbiamo avuto per conoscerci; siccome voi siete i miei amici da sempre, vorrei che si potesse stare tutti insieme no? Quindi se voleste sciogliere la riserva per piacere…”.
Un attimo di silenzio poi Valentina interviene: “Hai ragione Diego, e anche tu Danilo, siamo stati diffidenti.  Ma non siamo tutti  solari  come te e come Erika” guarda Michele e gli sorride, un sorriso un po’ timido: “scusaci Michele, non ci abbiamo fatto una bella figura. Ma sai, siamo tutti un po’ iperprotettivi con Diego, lui è un romantico, va d’accordo con tutti e a volte prende certe batoste… Ma non è questo il caso, sicuramente. Ricominciamo va bene? Io sono Valentina” gli porge la mano sorridendo, e anche gli altri seguono il suo esempio.
Diego è felice e si vede, il suo viso dolce lascia trasparire i suoi sentimenti. La serata a quel punto va avanti col giusto ritmo e alla fine Michele entra a far parte della compagnia a pieni voti.
A mezzanotte presi gli ultimi accordi per la giornata di domenica, si salutano e tornano a casa.
Sul pianerottolo indugiano,  sembra che nessuno dei due voglia porre fine alla serata.
“Se sei ancora d’accordo, cioè se oggi non ti sei stufato troppo, io domani ti porterei a vedere i posti migliori di Torino” Diego giocherella col piercing sul labbro, poi tocca quello sul naso, si vede che è nervoso.
Michele lo guarda con simpatia, anche questo nervosismo fa parte di Diego, del suo modo di essere, ma la parte migliore pensa è quella sua disponibilità, quella apertura che lo fa davvero speciale: “Certo che vengo, non vedo l’ora. Oggi è stata una bellissima giornata con te, e ti ringrazio per tutto, compresa la cura per la mia ansia! Alle otto qui?”.
“Alle otto entra che beviamo il caffè e poi andiamo. Grazie a te per la compagnia, è stata una bella giornata anche per me”; ma non riescono a salutarsi.
Michele alla fine prende l’iniziativa e avvicinandosi lo abbraccia: “Ciao maghetto, buona notte!”.
Staccandosi Diego gli regala l’ultimo sorriso della giornata: “A domani Michele. Fai bei sogni” e finalmente entrano in casa.
Diego coricandosi non vede altro che la faccia di Michele davanti ai suoi occhi. Sorride ripensando ai bei momenti che ha passato in quella giornata: Michele che parla di libri,  Michele che assaggia la sua cioccolata, Michele che gli chiede scusa e lo abbraccia, Michele…
Cerca di essere saggio, si dice che Michele non potrà mai provare niente per lui, perchè non è gay, che sarà solo una bella amicizia. Tutta la saggezza del mondo non basterebbe comunque a fargli smettere di amarlo.
Ripensa al massaggio che gli ha fatto,  a quelle spalle forti e morbide sotto le sue mani, a quanto avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo, baciarlo.
La sua mano scende, vorrebbe accarezzarsi ma non ci riesce;  ha in testa una canzone dei Foreigner. Anch’io ho avuto dispiaceri e sofferenza nella mia vita. Voglio sapere cosa sia l’amore, voglio che sia tu a mostrarmelo. Michele, voglio che sia tu. Una lacrima riga il viso dolce di Diego. Poi pensa che domani starà ancora con lui, che gli farà vedere tutti i posti che lui ama, e tra le lacrime sorride. Sarà quel che sarà.
Anche Michele nel misero lettino che lo accoglie, sta pensando a Diego. Quel ragazzo lo incuriosisce, vuole conoscere un po’ la sua storia. Perché sono tutti così protettivi nei suoi confronti? E’ vero che minuto e piccolino com’è, ispira sicuramente tenerezza e istinto di protezione, soprattutto nelle ragazze. Le sue amiche infatti gli stanno vicino come lupe.
Sorride ripensando alla giornata che ha passato con lui. Conversatore più che abile, condivide con lui molte passioni: il piacere per la lettura, l’amore per la musica, la cura per  l’ambiente. Senza dimenticare l’impegno nel sociale e l’interesse per la politica. Non avrebbe mai pensato di trovare una persona così affine.
Quasi per associazione di idee, pensa che non ha chiamato Fiorenza. Non ha pensato a lei nemmeno per un minuto in quei due giorni. Beh, la chiamerò domani. Domani chissà dove mi porterà Diego, ha parlato di posti particolari, non artistici. E’ curioso Michele, non vede l’ora che sia domani. Si addormenta sorridendo.
La mattina apre gli occhi prima che suoni la sveglia e si butta sotto la doccia, vestendosi velocemente e altrettanto velocemente si precipita a suonare il campanello di Diego, pochi minuti prima delle otto.
Diego apre subito la porta: dall’interno esce un buon profumo di caffè. Lo saluta festoso e lo invita a entrare. Michele non si fa pregare e si accomoda subito al tavolo della cucina, sul quale è appoggiato un vassoio con le brioche.
“Ora arriva anche il caffè. Prendi una brioche Michi, le sono andate a prendere da Danilo, tanto ero sveglio presto, ho fatto un giro”.
“Grazie. Ma che hai fatto? Non hai dormito? Sei pallido, hai le occhiaie” Michele lo guarda attentamente. “Non ti senti bene? Guarda che possiamo rimandare il nostro giro, abbiamo tanto tempo”.
“Ho dormito male, avevo un po’ di mal di testa”. Diego si siede accanto a lui e prende la sua brioche.
“Ma come maghetto! Su di te la magia non funziona?” Michele lo guarda attento, ravviandogli il ciuffo che gli cade sulla fronte.
Diego si mette a ridere ma sente che dentro si sta sciogliendo; si alza di scatto e va a prendere la caffettiera, versando il caffè nelle tazzine e rimane in piedi accanto al tavolo a mescolare il suo.
“Dai siediti Diego, il caffè si deve bere comodi e in compagnia dicono” Michele lo prende per un braccio e lo fa sedere ancora vicino a sé. “Sei strano stamattina; restiamo a casa dai”.
Diego scrolla la testa: “Assolutamente no, ora sto bene e un po’ d’aria fresca mi farà stare anche meglio” guarda Michele e non resiste, infila una mano nei suoi capelli ridendo: “Scusa ma è da ieri che volevo farlo, volevo sentire come sono. Sono morbidi”.
Si alza e gli  tende le mani: “Andiamo? Voglio farti vedere i ponti sul Po, e un paio di angoli che secondo me sono veramente suggestivi, ma c’è un po’ da pedalare, da qui un’oretta ci vuole”.
Lui prende le mani di Diego e sente la solita bella sensazione. “Sai Diego che le tue mani trasmettono benessere? E’ una cosa strana, come se vi passasse energia, non so. Comunque è  molto piacevole”.
Diego si guarda le mani: “Ti ringrazio Michi. Quando hai bisogno di sentirti meglio, non fare complimenti, serviti pure!”.
Scoppiano a ridere insieme, quindi si preparano ed escono: un’altra giornata limpida li attende.
In mattinata, seguendo la pista ciclabile, Diego mostra a Michele i ponti più belli di Torino, poi lo porta al parco Michelotti sulla sponda meno considerata della città.
“Preferisco questo al parco del Valentino, è più naturale; l’altro è un po’ forzato. Ecco questo è uno dei miei angoli preferiti” Diego lo guida verso una panchina di pietra seminascosta tra i rami e i cespugli, che si affaccia su un canale, un po’ melmoso a dire il vero, ma comunque con un suo fascino un po’ decadente.
“Visto? Bello vero? Di sera è ancora più intrigante, perché è molto buio, e si vedono bene le stelle. Sai che una volta qui c’era uno zoo? Per fortuna l’hanno tolto, non sopporto l’idea di quei poveri animali costretti a vivere in gabbia”.
“Hai ragione; nemmeno io ci posso pensare. Io che non sopporto nemmeno le porte di casa chiuse!” Michele si avvicina e si siede sulla panchina: “Dai riposiamoci un po’”.
Diego si siede vicino a lui con un sospiro, godendosi il panorama e la sua vicinanza.
“Ma come farai a rinchiuderti in una fabbrica allora? Non sarà facile per te. Ci hai pensato bene?” si rannicchia sulla panchina  inclinando la testa sulla spalliera.
“Preferisco non pensarci, o mi vien voglia di fuggire. Comunque lo fanno in tanti, ce la farò anch’io”.
Diego annuisce appoggiandogli una mano sul braccio. Michele fa una smorfia poi gli sorride: “Ma tu che lavoro fai? Non me l’hai detto”.
“Io faccio il giardiniere, lavoro in un vivaio. Come te non sopporto di stare al chiuso, così dopo il liceo, ho fatto l’artistico, ho fatto un corso per giardinaggio creativo. Non ridere! E’ una cosa seria, un corso biennale, mica robetta!”.
“Ma non rido! Anzi, sono curioso. Ma sei autonomo o devi seguire le direttive di qualcuno? Cioè, fai tu i progetti?”.
“Ho progettato un paio di giardini e… senti, hai voglia di riprendere a pedalare? Ti faccio vedere una cosa. Non c’è molta strada da fare” Diego lo guarda ansioso e Michele si alza immediatamente incuriosito dalla reazione dell’amico.
“Andiamo” Michele lo segue letteralmente a ruota e si addentrano in un dedalo di vecchie strade finché arrivano in uno slargo quadrato. In mezzo un basso muretto rotondo ne racchiude uno quadrato; nei vari interstizi cespugli e piantine e una piccola fontana con getti verticali d’acqua al centro, il tutto circondato da mandorli giapponesi. Alcune panchine  qua e là completano il piccolo parco.
“Ti piace?” Diego lo guarda emozionato con i grandi occhi spalancati.
“Vuoi dire che… è tuo? L’hai fatto tu? Progettato tu?”.
Diego annuisce sorridendo: “E’ stato il Comune a lanciare un concorso; io lavoravo già al vivaio e i principali mi hanno proposto di partecipare; poi loro hanno presentato il progetto come società, ma c’è il mio nome. Il progetto è a mio nome. Il mio primo lavoro importante. L’unico veramente, ma chissà, speriamo che ne vengano altri no?”.
“A primavera quando è tutto fiorito dev’essere un sogno. Sei in gamba davvero”. Diego ha le lacrime agli occhi dalla felicità e quando Michele se ne accorge sente uno slancio di affetto per quel ragazzo e lo cinge alle spalle, stringendolo senza parlare.
Diego non fiata e non si muove ma socchiude gli occhi, godendosi quel momento.
Un attimo dopo squilla il cellulare di Michele che guardando il display sbuffa. Senza il minimo slancio risponde con un asciutto “Sì” mentre Diego si allontana, discreto.
Dopo una breve conversazione Michele torna verso Diego, rannuvolato.
“Brutte notizie?” Diego glielo chiede timidamente, quasi scusandosi per la curiosità.
“Ma no, era Fiorenza la mia ragazza”.
Diego sente che al cuore manca un battito, vorrebbe non aver mai chiesto niente, ma sa che è normale che Michele abbia una compagna che lo aspetta a casa. Si fa coraggio e chiede di nuovo: “ma avete litigato?”.
“Mah. Lei è arrabbiata perché io non l’ho chiamata mai da quando son partito” Michele dà un calcio a una pietra  poi con un sospiro riprende: “Io non provo più niente per lei, già da un po’ non andava più bene tra di noi. E da quando sono partito sono sollevato, perché non la devo più vedere”.
Diego calcia la pietra a sua volta: “Forse però dovresti parlargliene non credi? Oh, non sono affari miei, ma se lei invece è ancora innamorata di te, soffrirà per questa lontananza e per la tua freddezza no?” fa una smorfia e lo guarda di traverso: “Scusa, non mi intrometto più”.
Michele scrolla la testa: “Hai ragione tu. Ma per ora non parliamone più” intercetta la pietra e la calcia di nuovo verso Diego che la blocca e la rilancia; per un po’ giocano come ragazzini nei vecchi vicoli, poi si buttano di nuovo su una panchina.
Michele col fiatone dà una spinta a Diego che riverso sulla panchina ride a più non posso: “Erano anni che non giocavo a calcio con una pietra! Bellissimo. Michi, anche oggi non abbiamo pranzato però. E io ora devo andare, ho un impegno improrogabile”.
“Non preoccuparti credo di farcela a tornare a casa da solo. Vai a truccarti?” Michele non resiste, la domanda gli sfugge impertinente.
Diego sente  il filo di sarcasmo che Michele non riesce a trattenere e si risente; lo guarda con un sorriso ironico: “Sì vado a truccarmi” agguanta la sua bici e fa per pedalare via, poi ci ripensa: “Perché non vieni anche tu? La situazione potrebbe piacerti sai?”.
Michele rimane interdetto, poi scherza: “No, non riesco mai a togliere i glitter dalla barba poi”.
“Dai vieni con me, poi facciamo un po’ di spesa e andiamo a mangiare a casa mia. Ti va?”.
Lui è combattuto, non sa di cosa si tratta, non vuole fare figure, ma non vuole nemmeno fare l’antipatico. Alla fine la curiosità vince di misura sulla diffidenza e saltando a sua volta sulla bici gli fa segno di precederlo.
Quando si ritrovano davanti all’ospedale civile Michele si stupisce, ma un’idea comincia a farsi strada nella sua mente. Parcheggiano le bici e Diego gli appoggia una mano sulla spalla guidandolo verso il reparto di pediatria.
Michele annuisce sorridendo: “Dovevo immaginarlo Diegone: perché poi ti chiamano così? Me lo dovrai spiegare. Comunque sì è proprio da te. Fai il clown per i piccoli ammalati”.
Diego sorride di rimando: “Già. Non faccio grandi cose, ma i piccoli si divertono. Vieni, oggi stai a guardare, poi se vorrai partecipare anche tu, sarai il benvenuto”.
Entrano e Diego va incontro ai suoi compagni mentre Michele si siede nella saletta che gli indica.
Quando tornano sono tutti agghindati e allegri. I bambini arrivano alla spicciolata e si godono lo spettacolo ridendo e applaudendo felici. Finita l’esibizione i volontari si recano nel reparto a salutare i piccoli che non possono alzarsi dal letto, quindi si struccano e si tolgono i vestiti di scena. Quando tornano Diego gli presenta tutti i colleghi. Michele vede che sono tutti un po’ commossi: “Non dev’essere facile vero? Siete ammirevoli. Ho sentito che per tanti bambini le vostre esibizioni accelerano la guarigione”.
Stanno a chiacchierare per qualche minuto e poi si salutano. Alla richiesta del responsabile della compagnia di dedicare un po’ del suo tempo alla causa, Michele promette di pensarci, quindi abbracciando le spalle di Diego che ha ancora gli occhi lucidi, escono dall’ospedale.
“Diego sei proprio un bravo ragazzo; ma mi sembra che tu ci soffra un po’ troppo, o mi sbaglio? Sei ancora turbato, ti fai prendere molto” Michele lo scruta alzandogli il mento con la mano.
Diego pensa che se il cuore gli saltellerà ancora per molto nel petto, dovrà ordinarne uno nuovo!
“Andiamo a fare spesa che ci chiudono i negozi Michi. Poi ti spiegherò perché faccio tutto questo, va bene?”.
Michele annuisce ma non lo lascia e ancora abbracciati entrano nel piccolo mercatino lì davanti.
“Ci facciamo la bagna cauda? L’hai mai assaggiata? No? Facciamola. Tu pensa a tutta la verdura che vuoi, dai peperoni, al  sedano anche quelli sì, sono buoni” Michele guarda con sospetto quelle specie di radici bitorzolute che Diego gli indica, ma obbedisce; decidono per un risotto come primo e Michele prende pane e parmigiano. Quindi si fa consigliare il vino adatto per accompagnare la loro cena, e si sente suggerire o vino rosso fermo o rosato frizzante se ci sono donne a tavola. Guarda Diego che sorride impacciato: “Non mi intendo di vino; non sono una donna, ma amo le bollicine…”. Michele decisamente prende due bottiglie di rosato e le infila nel carrello, passano alla cassa e si dirigono verso casa.
Sulle scale Michele chiede a Diego il permesso di fare una doccia, ma di aspettarlo per preparare la cena: “almeno pulirò le verdure”.
“Faccio una doccia anch’io; ti lascio la porta aperta, entra pure quando vuoi”.
Quando Michele esce dal bagno si scontra col cugino appena rientrato: “Michè, non sei stato in casa un attimo; sempre in giro con quello di là?”.
“Se parli di Diego sì, mi ha portato in giro in questi due giorni, è proprio un ragazzo simpatico. Anzi sto andando a cena da lui, mi spiace lasciarti solo, ma immagino che vedrai Adele no?”.
“Certo a ognuno i suoi appuntamenti! De gustibus, come si dice” e ridendo sguaiato dà una pacca sul sedere a Michele, che si trattiene a pelo dal tirargliene una sulla faccia.
Sempre più seccato dal modo di fare di Gaetano esce salutandolo a mala pena, e si infila in casa di Diego. Lui lo saluta come se non lo vedesse da giorni e a Michele di botto torna il buonumore. Si  dividono i compiti e mentre Diego prepara il risotto e la salsa, Michele pulisce le verdure.
Hanno messo un cd di musica sperimentale che Diego vuol fargli conoscere e lo ascoltano in silenzio, ma un silenzio leggero, fatto di complicità e ogni tanto di qualche sorriso che passa da uno all’altro.
Sempre in silenzio Diego prepara la tavola: su una allegra tovaglia arancione mette dei piatti viola e dei bicchieri a strisce viola e arancio, e in una zuppiera colma d’acqua mette tante candeline colorate, quindi prepara le ciotole per la salsa e mette le verdure che nel frattempo Michele ha lavato e tagliato in una zuppiera.
Aperta una bottiglia di vino Michele la mette in tavola e finalmente si siedono per fare onore alla cena.
“Ma che buon profumo…è strano, mi ricorda qualcosa. Ma sei tu?”.
Diego gli risponde ridendo: “Veramente io sento profumo di risotto e di aglio!!! E spero di non puzzare di nessuno dei due!!! Soprattutto di aglio!”.
“No è un profumo dolce, come di fiori. Ecco, mi ricorda casa, quando mamma cambia le lenzuola o le salviette, un buon profumo”.
“Ah, allora probabilmente sono davvero io. E’ il mio sapone, miele di lavanda. E’un po’ troppo dolce forse, ma mi piace così tanto che non posso nemmeno pensare di cambiarlo”.
“No perché dovresti cambiarlo, sa di buono, di cose belle”. Diego arrossisce alle parole dell’amico, ma Michele non se ne accorge perché nel frattempo ha preso la bottiglia di vino e sta riempiendo i bicchieri: “Ci vuole un brindisi: direi alla nostra amicizia” toccano i bicchieri e Diego risponde: “alla nostra amicizia, che duri per sempre” bevono e poi si servono del risotto, che risulta ottimo. Michele fa il bis volentieri: “E’ talmente buono Diego, sei un mago anche in cucina a quanto pare; ne prendo ancora un po’, tanto ho una voragine al posto dello stomaco stasera, non corro il rischio di saltare il secondo”.
Passando al secondo, Michele non intende assaggiare le radici: “No guarda Diego, proprio non mi attirano; ho mille verdure da “pucciare” come dici tu, non intendo metterci quel vegetale pallido”.
“Ma sei peggio di un bambino! Assaggia, ti dico che è buonissimo, il gusto è un po’ di nocciole” avvicina la fettina alla bocca di Michele che si arrende e ne stacca un pezzetto; le dita di Diego sfiorano la sua bocca, ma lui non ci fa caso, impegnato a masticare con impegno. Chi ci fa caso è proprio Diego che sente un rimescolìo dentro, quasi una scossa; osserva quel che rimane della verdura tra le sue dita e lentamente la porta alla bocca; sente come se Michele l’avesse baciato, la sua bocca è stata lì, i suoi denti hanno dato un morso a quella fettina.
La voce di Michele lo distoglie dai suoi sogni: “Va bene, hai ancora ragione, è proprio buona; come diavolo hai detto che si chiama?”.
“Topinambour si chiama; sono le radici di quei bei fiori gialli che crescono vicino ai canali, quelle specie di grandi margherite. Quando ho tempo le raccolgo. E tu che non volevi nemmeno assaggiarli”.
Finita la cena non si alzano nemmeno da tavola, e chiacchierando piacevolmente si accorgono all’improvviso che si sono fatte le due.
“Aspetta, ti do una mano a sistemare la cucina prima di andare a letto” Michele si alza e comincia a sparecchiare ma Diego lo ferma con un sorriso: “No non preoccuparti vai pure Michi; qui faccio domattina, vado subito a letto anch’io”.
Sulla porta si scambiano un abbraccio come la sera prima, augurandosi la buonanotte. Solo quando Michele è entrato a casa, Diego chiude e si appoggia alla porta sospirando, ma non vuole pensare a niente stanotte, solo che è stata una bella giornata, e un’ancora più bella serata, e che sicuramente il suo amore per Michele è sprecato, perché lui non lo contraccambierà mai, ma è certo che avrà sempre la sua amicizia, e vuole farsela bastare.
Va in bagno e si lava le mani col sapone alla lavanda, si insapona tanto, vuole mantenere il profumo per tutta la notte, perché ormai lo associa a Michele.
Va a letto, e rannicchiandosi sotto al piumone si tiene le mani vicino al viso, e come la sera prima si addormenta pensando ai begli occhi neri dell’amico.

3 commenti:

  1. Qualche genialità: Le sue amiche infatti gli stanno vicino come lupe. Ahahaahaha, mi fa sempre ridere e mi piace perché dà proprio il senso della situazione
    “No, non riesco mai a togliere i glitter dalla barba poi”. Noooooo, ma come ti vengono??? Dai che un giorno me lo spiegherai...
    ancora un po' interlocutorio, conoscenza dei personaggi che si stanno ben delineando: alla compagnia un po' chiusa ma che pian pianino potrebbe aprirsi, all'animo gentile e delicato di Diego. Ovviamente Michele sta un po' confuso, tra tutte quelle bellezze e la dolcezza del nuovo amico. Sicuramente è un interessante confronto di caratteri e qualità. Anche il fatto che faccia volontariato aumenta le quotazioni del piccoletto. E poi mi metti la perla di Gaetano?? De gustibus.. ad ognuno i suoi appuntamenti... ihihihi Con il cugino che la pacca gliela darebbe sì, in faccia! Tutto intrigantissimo. E tu sempre all'altezza cara ;)

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    1. Scherzi? Vuoi che non sappia com'è difficile togliersi i glitter, io che me ne cospargo come se piovesse? ^-^
      Ti ringrazio come sempre, ma sai che il merito va solo a loro, i nostri ragazzi,basta una foto, e sei ispirata per un mesetto circa: long life!
      Bacio :o)

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  2. che capitolo intenso. Sembra quasi che nessuno dei due possa già fare a meno dell'altro. E' come se si conoscano da tempo, due vecchi amici che condividono le stesse passioni. Sì, sono d'accorto con Giusi, il suo volontariato in ospedale rende Diego ancora più adorabile. Sono curiosa di sapere come mai le amiche sono così apprensive nei suoi confronti, ma sono pronta a scommettere che ha sofferto tanto nella sua breve vita e forse non solo per amore. Aspetto con ansia il prossimo capitolo

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