giovedì 14 febbraio 2013

L'amore è blu, 9




Titolo: L’amore è blu
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: slash, NC 13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa



Non mi toglierò la vita per te, non pensarlo proprio. Magari la toglierò io a te, ti toglierò tutto, a cominciare dalla dignità.


La versione dei fatti che Diego spiattellò, accontentò i famigliari. Padre, madre e nonnina erano quasi morti di paura, ma non avevano chiamato la polizia, e nemmeno gli ospedali. Ma i pensieri erano stati brutti. “Sta venendo qui Tatiana. Era così in pensiero!”
“Ma cazzo papà, pure lei! No, Cristo, perché svegliarla per venire qui” il giovanotto oscillò la testa. Doveva pure farsi cambiare turno. Era già troppo tardi per quello della mattina. “L’avete chiamata? Le avete detto che sto bene, che sono tornato”
“Ma tanto sarà già uscita” infatti, pochi minuti dopo il citofono suonò.
Quando se la trovò davanti, per la primissima volta Diego si sentì un fedifrago. Non gli era mai successo prima e questo lo disordinò. Di fronte a lei si sentì nudo. Tatiana lo fissò sbigottita come se lo vedesse con occhi diversi e, in un certo senso, c’era un uomo diverso di fronte a lei. Una persona che non conosceva, o forse non conosceva più. Non era solo l’aspetto trasandato, l’odore non proprio di lavanda e gelsomino e gli occhi pesti. Per la prima volta Diego mostrava quell’alone di maledetto, esibiva il ragazzaccio che coabitava con il bravo ragazzo. E per la prima volta Diego si ribellò, non gli andava proprio di ripetere le stesse cose che aveva detto ai genitori, che aveva formulato nell’auto parlando da solo. “Tatiana, che cazzo ci fai qui a quest’ora! Sono vivo, no? Ho avuto una nottataccia, e allora? Dai che ti riporto a casa” la riaccompagnò da basso. Lei era venuta con l’auto dei suoi genitori, non ne aveva una sua. All’università ci andava con i mezzi. Pur essendo patentata aveva il terrore di guidare. Ma quella mattina, per Diego, per il suo grande amore, aveva messo da parte le paure e aveva guidato. Anche se per pochi isolati.
“Sei uno stronzo! Io sono quasi morta di paura per te e tu mi tratti come un pedicello da schiacciare!”
“Perché mi dai fastidio! Perché non ha senso che tu stia qui. Sto bene, ok? Ti chiamo io dai...” cercò di essere più gentile, ma lei oramai era fuori di sé. Diego non l’aveva mai vista così e comprese di averla fatta grossa. Ecco che la famosa trasformazione che temeva di subire, se fosse avanzato troppo nella perversione, se avesse accettato la malattia anziché scacciarla, si stava attuando. Si stava convertendo in quel qualcun’altro, e tutto per colpa o merito di Michele.
“Mi avevi detto che dovevi tornare a casa perché oggi facevi la mattina, che avevi sonno e non ti sentivi bene, ricordi?”
“Dovevo lavorare infatti, è stata una cosa da niente. Ho incontrato un amico mentre tornavo, proprio qui sotto, uno che non conosci e ci ho bevuto e ho esagerato, ok?”
“Ma cos’è questa cosa ora che bevi? Diego mi fai paura” piagnucolò e lui l’abbracciò per consolarla. Ma fu molto freddo come abbraccio. “Non sono un alcolizzato, ti prometto che ora ci sto attento, ok? Ora salgo a chiamare Ettore. Spero di trovare qualcuno per cambiare turno”
“Mi ami ancora?” lei lo spiazzò. E lui fu costretto a mentirle. Non l’amava da immemore tempo, se mai l’aveva amata. Improvvisamente non capì più perché tutte quelle reticenze. Prima di Michele pensava addirittura di sposarla. E poi l’indomani era pure il suo compleanno. Lei glielo ricordò con un sorriso tra le lacrime. “Dimentichiamoci questa notte Diego” Io non ci riuscirò mai, e nemmeno lo vorrei. Una volta che Tatiana fu nella macchina e poi verso la propria casa, Diego restò ben cinque minuti a scalciare sassi e ruminare imprecazioni. Stava facendo naufragare la sua storia d’amore con lei per una... scopata? Non era certo solo quello, lo sapeva, non poteva mentire. Si era innamorato di Michele, ma l’amore gli avrebbe portato solo guai, sicuro. E lui non mi ama, figurati se mi ama, magari un po’ gli piaccio, questo sì. Istintivamente si accarezzò le labbra proprio dove pochi minuti prima Michele aveva appoggiato le sue. La memoria delle emozioni gli fece riprovare quel brivido, quel leggero pizzicore del pizzetto e chiusi gli occhi tornò a sentirsi bene, come tra le braccia di Michele. Avrebbe avuto tempo per riflettere sulla cazzata di essersi addormentato da lui, di aver passato la notte con lui e poi di aver litigato con Tatiana, aver spaventato i genitori e sua nonna. Ma non ora. Adesso voleva solo ripensare a Michele, a quello che era successo fino a pochi attimi prima.
Diego risalì a casa e dopo essersi sincerato che i famigliari fossero di nuovo tranquilli, chiamò Ettore e poi si barricò in camera con l’intenzione di dormire. Ovviamente non dormì e pensò tutto il tempo al suo amante. Non riusciva a smettere di rivedere in uno schermo immaginario il film della notte d’amore con Michele. Al lavoro si diede per malato. Provò a dormire ma per quasi un’ora guardò il soffitto con gli occhi sognanti e alla fine si alzò per disegnare. Fece schizzi di gatti giocosi, disegnò ponti sotto i quali passavano fiumi e sopra arcobaleni, poi disegnò la bicicletta di Michele con lui sopra che schizzava via sotto un ponte. Alla fine si addormentò sul tavolo da lavoro, sfinito. Lo svegliò la fame. Dopo aver pranzato all’ora della merenda, sua nonna lo avvicinò per coccolarlo un po’, il suo nipotino preferito! Ma non era solo per chiedergli se c’era qualcosa che non andava. Gli diede il suo regalo di compleanno in anticipo: una busta con cinquecento mila lire in contanti. Con il labbro tremante Diego la ringraziò e abbracciandola le confermò che andava tutto bene. Se avesse potuto ammettere che era innamorato! Ma non poteva certo turbare l’armonia dell’anziana, per quanto in gamba e ancora in salute, non avrebbe mai compreso. 

Tatiana si andò a sfogare con Paola, la quale restò in silenzio tutto il tempo ad ascoltarla. Quel pomeriggio così strano, sedute al tavolo di un bar all’aperto, con il tè e un piattino di pasticcini secchi, le due amiche non si differenziavano di molto dal resto dei clienti. Ragazze che si sfogano, che chiacchierano, che decidono cosa farne del resto del giorno o della loro vita. Anche Paola era abbastanza in crisi con il suo attuale ragazzo e fu ben felice di dividere le sue disgrazie con l’amica. Ma Tatiana lo sapeva, a Paola piaceva avere il ragazzo solo per poter dire che stavano attraversando un periodo di crisi. Ovviamente finta la crisi cercava un altro povero cristo sul quale sfogare le sue mancanze. Non era carina come Tatiana, anche se molto più alta di lei. Ossuta e quasi priva di seno ma con quel certo carisma che faceva capitolare gli uomini ai suoi piedi come i birilli del biliardo. Tatiana le invidiava quell’abilità, lei che dell’amore aveva conosciuto solo un bel ragazzo con un nome di cinque lettere, e un giorno della sua adolescenza aveva deciso che sarebbe stato il primo e anche l’ultimo. Paola non si schermì più di tanto, solo le sembrava strano che Diego, proprio Diego, avesse dei segreti con lei.
“Invece si Pa’, ogni tanto si estranea, ogni tanto fa cose che non mi racconta, vede gente che non conosco, lo so, lo sento” proseguì torturandosi un capello dietro l’orecchio. Non ne vennero a capo quel giorno, ma Paola, dopo averle riassunto i propri guai, le promise solidarietà assoluta.

Prima di recarsi all’Havana, Michele fece il bucato, pensando inconsciamente che se avesse tolto tutte le tracce di DNA di Diego dalla sua stanza - appartamento, forse si sarebbe sentito meno vulnerabile a ciò che gli stava accadendo. Si stava andando a cacciare nella fossa, si stava fottendo con le proprie mani, si trovava ad un passo da baratro. Aveva formulato mentalmente tutte le retoriche di chi teme di essere irrimediabilmente e fottutamente innamorato. Ma anche quando le finestre furono tutte aperte e le lenzuola fresche di bucato, l’odore della passione, il sapore dell’amore in bocca, le immagine bellissime di loro due intenti amarsi per una buona parte della notte, non volarono fuori all’aria insieme ai cadaveri degli acari e i loro escrementi, ma restarono a soffocarlo di bellezza e di speranza per tutto il resto del giorno. L’amore, l’incontro di anime, anime che pensano di aver trovato finalmente la propria metà, qualcuno con cui condividere ogni cosa, aveva già toccato Michele. Michele era stato non solo toccato dall’amore, era stato anche bruciato dall’amore. Le ustioni non erano ancora guarite però. E non serviva cambiare sesso al colpevole o età, o colore dei capelli. Non ci sarebbe stata differenza tra la sua ex e Diego quando si sarebbero distrutti a vicenda. Quando tutto sarebbe finito e attorno loro solo macerie. Se non altro era un amore sterile, non c’era il pericolo che qualcuno restasse incinto, proprio come con la Manu... Poteva essere un bel trip amare un uomo per un po’. Gli passerà, mi passerà, passa sempre. Michele aveva letto che l’amore, anche il più grande, si esaurisce in tre anni. Ora ne aveva trentasei, quasi trentasette. Si ricordò che Diego gli aveva detto che l’indomani, martedì, sarebbe stato il suo compleanno. Nel tardo pomeriggio, per non rischiare di trovare i negozi chiusi, mise il solito cartello TORNO SUBITO. Gli era pure sfiorata l’idea di prendergli qualcosa di suo, al pornoshop, ma per quanto una soluzione del genere risultasse comoda e anche apprezzabile con un po’ di ironia (forse Diego lo avrebbe trovato divertente) Michele decise che sarebbe stato di cattivo gusto. Dopotutto si conoscevano da troppo poco tempo per osare una confidenza simile. E l’idea di legarlo, anche se lo stuzzicava e tanto sarebbe piaciuto anche e lui, lo sapeva, non faceva parte dei progetti a breve termine, e le manette dell’amore restarono al loro posto. Si recò invece dall’ottico poche serrande più avanti e dopo una rapida scorsa, scelse un paio di occhiali da sole con le lenti rotonde e blu. Erano abbastanza buffi ma avevano di bello che, pur scuri, lasciavano vedere gli occhi. E i tuoi occhi belli non si possono coprire dietro a lenti a specchio, sorrise a sé mentre spiegava alla commessa che era il primo regalo che faceva alla persona che amava.
“Tranquillo, questa è una linea unisex”.
“Spero non siano troppo femminili” sottolineò spontaneo, e non per il gusto di scandalizzare. Ma la ragazza non fece ulteriori commenti e restituì il pacchetto e il resto di diciannove mila lire.
Diego chiamò Michele all’Havana. Gli rispose al terzo squillo. “Ci speravo Die’, ma sai che non ho fatto altro che pensarti oggi?”
Diego vibrò, sentiva che era sincero: “Io lo stesso Michi, non ho fatto altro che pensare a stanotte. È stato... no vai, lasciamo stare” ridacchiò.
“Oh se è stato... ma dove vai stasera? Che fai? E i tuoi? Hanno chiamato la forestale e gli artificieri? E la tua ragazza? Devi raccontarmi” ma Michele era sicuro che non fosse successo niente. In caso contrario Diego lo avrebbe chiamato prima. Anche solo per sfogarsi. Raccontò per sommi capi tutto; era così bello flirtare che continuarono a lungo a fare battutine sulla notte insieme, complici.
“Ti ho fatto un regalo, dunque domani ci dobbiamo vedere”
Dura la vita del fedifrago, pensò Diego in quel momento. I suoi avrebbero fatto una cena a casa con amici e parenti per festeggiare il suo ventisettesimo compleanno, e tutto sarebbe stato più o meno come gli altri anni. “Domani devo lavorare per forza, almeno fino alle tre. Potrei passare dopo da te, al negozio”
“Se non passi vengo sotto casa tua e mi metto ad ululare -tanti auguri a te-, sei avvisato”
A Diego scappò un sorriso estatico, come se non ci fosse al mondo cosa che gli avrebbe fatto più piacere di quella  e gli sfuggì: “Sei un amore Michi, sei un amore. Ti amo” era così difficile da dire? Sì, ma per lui no. Non lo era stato, perché tenerselo dentro era difficile. Tenersi tutto quell’amore dentro per lui era impossibile.
“Bello che mi ami, sembra  così, cioè è così... morbido, no? In verità non so cosa dire...” Michele poteva dire ti amo anch’io senza mentire o forzare, e quella certezza lo destabilizzò. Tornarono i pensieri della mattina ad affliggerlo. L’amore dura tre anni, al massimo tre anni. Presto sarebbe passata... e entrambi avrebbero sofferto.

4 commenti:

  1. Diego è ormai giunto ad un bivio. Deve scegliere che via prendere perchè al contrario degli amanti che ha avuto in passato, questa volta è innamorato e continuare a mentire gli costa. Si rende anche conto che prima di conoscere Michele forse non è mai stato innamorato. Mentre il nostro bel riccio pensa che questo suo stato passerà con il tempo, che è un sentimento passeggero quello che prova per Diego. Non si rende conto che il piccolo masochista gli è ormai entrato dentro tanto da non voler più fare a meno di lui. Spero solo che si renda presto conto che è amore e non qualcosa di passeggero e fisico.

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  2. ...di come l'amore può rovinarci la vita...
    O comunque, se non proprio rovinarcela, sicuramente complicarcela. Nonostante fossero vite inquiete quelle di Diego e Michele, vi si erano comunque adagiati bene, come in un gomitolo aggrovigliato sì, ma morbido, che li proteggeva bene o male dalle scosse.
    Ora Diego vorrebbe uscirne ma non sa come; Michele no che non vuole uscirne, conosce il freddo di fuori e non vuole provarlo più.
    Dovranno trovare il coraggio di costruire insieme un nido che li accolga.

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    1. a forza di raggomitolarsi sono diventati come quei maglioni che si lasciano negli scatoloni, convinti che quando arriverà il freddo serviranno, ma poi il freddo arriva e ti ricordi di loro a primavera. Sì, forse sarebbe ora che uscissero dal cassetto ;)

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