mercoledì 6 febbraio 2013

L'amore è blu, 7






 

Titolo: L’amore è blu
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: slash, NC 17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa




Si salutarono frettolosamente dopo il loro primo appuntamento, forse perché era tardi o forse per paura di rovinare la perfezione della serata. Diego continuò a camminare sulle nuvole per tutta la notte, e pur stanco e spossato dalle poche ore che riuscì a dormire, quella mattina si svegliò pimpante e allegro. A sorpresa la vita aveva iniziato a prendere la piega giusta. O forse no?
Di ben altro tenore e tepore fu il risveglio di Michele. A parte che si era dimenticato di chiudere la finestra e questo significò per lui svegliarsi alle sei del mattino completamente rattrappito sotto una copertina leggera. Non riuscì più a riprendere sonno, eppure quel giorno non lavorava, ma i ricordi dell’appuntamento con Diego lo tenevano sveglio. Dove sto andando? Si domandò con le mani incrociate dietro la nuca studiando le macchie di muffa sul soffitto. Si era comportato da imbecille? Da innamoratino perfetto? L’amore non gli era congeniale, lo sapeva, da troppi anni lo sapeva. Da quanto il grande amore della sua vita lo aveva lasciato. Per questo preferiva la Manu, la vita solitaria. Eppure c’erano stati momenti con Diego, che gli era piaciuto farsi avviluppare da vecchie sensazioni sopite e altre nuove che non aveva mai sperimentato, in una spirale di allegria e di speranza alla quale non sapeva che dare un nome: gioia. O bellezza, o amore. Sì, si era innamorato, era cotto. Ma all’inizio, la cosa lo spaventò e così giunse rapidamente alla conclusione che doveva darci un taglio, che non poteva continuare ad alimentare le speranze di un ragazzo mezzo gay e mezzo stupido. Rischiavano di farsi del male a vicenda. Nemmeno prese in considerazione che poteva essere un bel passatempo dal punto di vista fisico perché si disse che tutto sommato con Diego non avrebbe potuto farci nulla di che. Sì, era un bel ragazzetto, con qualche qualità anche fisica, ma lui era dannatamente legato a certi rituali, a certe situazioni. Ma, soprattutto, gli piacevano, gli erano sempre piaciute le donne. No, non ci poteva ricavare niente da lui, non più di un rapporto platonico, che non sarebbe andato oltre qualche bacetto, magari come la sera precedente, trincerato nel blu della notte. Ma mentre lo pensava, quella mattina, sentì un rimescolio tutt’altro che platonico.
Irritato e spossato, alla fine Michele si alzò: erano le otto passate. Dopo la doccia, fece le cose che faceva sempre, eppure il ricordo di Diego lo accompagnò per tutto il giorno in ogni gesto, in ogni faccenda domestica, durante la passeggiata. E la sera giunse portandosi dietro i residui della notte insonne. Michele si preparò da mangiare e il telefono di casa iniziò a squillare.

Diego era stato felice tutto il giorno, su una nuvoletta, ma quando venne la sera e restò da solo in casa con Tatiana, iniziò a bramare la voglia di sentire Michele. I suoi genitori e la nonna erano andati al cimitero e sarebbero tornati in tempo per la cena. Diego si aggirò intorno ai fornelli dove dentro le pentole chiuse dai rispettivi coperchi, arrosti e altre libagioni attendevano di essere consumate. Tatiana piombò alle sue spalle per abbracciarlo da dietro.
“Pucci, andiamo in camera tua, ho voglia di fare l’amore” lo spronò con dolcezza.
Subito il ragazzo s’irrigidì: “Ma Tati, sei impazzita? Tra poco arrivano, devo apparecchiare”
“Ma sono solo le sette, non arriveranno prima delle otto, vedrai. Una volta che siamo soli... ” Diego lesse delusione nella sua vocina e si voltò per rassicurarla. Ma non poteva mica fare l’amore a comando. Accarezzò la fronte dolcemente, poi la baciò. Lei iniziò a mugugnare. La sto già trascurando, rifletté mentre l’accompagnava nella sua stanza, sperando che ne uscisse qualcosa di buono, che lei fosse in qualche modo ancora capace di eccitarlo. Ovviamente non fu lei ad eccitarlo ma le sue fantasie e alla fine ne venne fuori un’oretta piacevole, al punto che al ritorno dei suoi famigliari, Tatiana e Diego erano ancora a letto, impegnati con le coccole di rito.
“Cazzo Tati, sono tornati! Te lo dicevo che non si poteva fare!” Tatiana rise mentre recuperava il reggipetto sotto la catasta dei vestiti. “Ma dai, mica piomberanno qui, sta tranquillo amore. Lo sanno che siamo fidanzati” ridacchiò civettuola, ancora in estasi per l’amore che aveva appena ricevuto e di cui era colma.
Qualche minuto più tardi, lui con il collo insudiciato dal rossetto di lei, lei con le mutandine insudiciate da qualcosa di entrambi, sorrisero ai loro compagni di tavola, cercando di apparire normali ma, tuttavia, complici; due bambini birichini. Ma lui, malgrado tutto, continuava a pensare all’altro, al commesso dell’Havana. “Faccio una telefonata!” Annunciò tra il pollo e lo sformato di patate. Tatiana lo guardò senza capire e lui si giustificò: “Tati, chiamo Ettore, non sono tanto sicuro se faccio mattina o pomeriggio domani. Hanno fatto un casino con gli orari ehm...” mentì ma lei si bevve ogni singola parola. “Certo tesoro, solo che chiamare all’ora di cena”. Lui assicurò che era il momento giusto. Invece chissà se lo era davvero, si chiese Diego mentre dalle tasche dei jeans tirò fuori il portafoglio, dove c’era il foglietto con appuntato il numero di Michele. Quel fricchettone! Se avesse un telefonino sarebbe un po’ più facile di così! Sorrise mentre, nascosto e protetto dal buio della camera dei suoi, pigiava i tasti del Sirio. Presto avrebbe imparato quelle cifre a memoria. Michele rispose al terzo squillo:
“Pronto”
“Ciao.... ehm.... sono io, ti disturbo?”
“No, per niente, stavo solo cucinandomi qualcosa. E tu?” Michele si scoprì imbarazzato. Qualche ora prima lo aveva baciato facendolo sentire innamorato e perfettamente in sintonia con lui. Si erano sentiti entrambi così. Doveva supporre che lo avrebbe chiamato, e presto.
“Bene, stiamo cenando ancora... ti pensavo”
“Sì, ti pensavo anch’io” ammise Michele con la solita schiettezza che lo caratterizzava. Come togliersela? E poi con Diego gli sembrava ancora più naturale essere se stesso. Forse perché era un maschio come lui, e che cosa aveva da perdere con un altro uomo? Non gli avrebbe chiesto di sposarlo, di avere figli da lui, di avere una vita ‘normale’, banale. Poteva essere una possibilità. “Senti, stavo riconsiderando tutto, ma poi ti ho sentito e ora mi è presa voglia di vederti, perché non riporti la tua ragazza a casa e dopo ci vediamo?” domandò sempre con la solita sincerità che lo lasciava in panne. Si sentì debole mentre Diego, dall’altra parte del telefono, ebbe bisogno di sedersi. “Magari... cioè sì. Tanto domani faccio la mattina” con la Tati ho già scopato... questo non lo disse. “Allora vieni da me, segnati il mio indirizzo” Michele lo disse ma Diego non ebbe bisogno di appuntarlo da qualche parte, se non nella sua testa, e lì c’era spazio in abbondanza per tutto ciò che riguardava Michele.
Non riuscì più a toccare cibo Diego, non riuscì nemmeno a guardare in faccia ogni singolo commensale, tanto meno Tatiana. E sbrigativamente, dopo il tiramisù che non assaggiò, prese la sua ragazza da una parte. “Andiamo che è tardi”
“Ma sono solo le nove e mezzo!” Per la prima volta lei ebbe il sospetto che il suo fidanzato fosse strano, che nascondesse qualcosa.
“Senti... io sono stanco oggi, non lo so forse ho preso qualcosa” giocherellò con i bottoni della sua camicetta: “Insomma Tati, penso che andrò a letto presto” concluse. Tatiana annuì ma gli tenne il muso per tutto il breve tragitto fino a casa sua. Diego continuò a ripetersi l’indirizzo dell’amante in testa, con il rischio concreto che, anziché salutarla con “ciao tesoro” di annunciare la via di Michele. “Ti chiamo domani, ciao” un bacino e la scodellò fuori senza ulteriori indugi.
Erano passate le dieci e Torino sembrava ancora vivace, sebbene lo stranimento generale tipico della domenica sera. Diego si sentiva un allucinato, un pazzo. Poi finalmente raggiunse la via tanto agognata. Impiegò dieci minuti abbondanti per piazzare la sua utilitaria. Esasperato la mise davanti ai secchioni, sperando in una botta di sedere. Forse non l’avrebbero multato, non l’avrebbero portata via. Forse sarebbe filato tutto liscio. Trovò subito il citofono. Dopo vari sospiri riuscì a suonare. Michele gli rispose dopo otto secondi circa.
“Quinto piano Die’”. Il portone si aprì. Dopo fu un po’ più facile: le scale dell’androne, l’ascensore. E infine la porta di casa di Michele che fu aperta appena quando arrivò al piano. Da dietro le porticine della cabina, Diego riuscì solo ad intravederne la sua sagoma, coperto com’era dall’oscurità. Le luci del pianerottolo tutte fulminate e nemmeno l’interno dell’appartamento sembrava troppo rischiarato. Così furono uno davanti l’altro. Con un braccio, Michele lo afferrò per la vita e lo trascinò dentro. Si stavano già baciando.

4 commenti:

  1. No, non puoi farlo terminare così. Sei crudele. Uffi. Bellissima la coerenza di Michele che prima pensa di troncare sul nascere questa storia, ma appena sente la voce di Diego gli prende la smania di vederlo, di toccarlo e baciarlo. Diego invece la vive molto serenamente, abituato com'è a barcamenarsi tra due realtà differenti tanto da riuscire sempre a trovare una scusa adatta per svignarsela. Mi chiedo perchè si ostini a voler tenere in piedi questa farsa quando sarebbe molto più sereno ammettesse che quella vita che lui chiama normale gli sta stretto e non lo rende felice. Spero che l'amore per Michele gli faccia rendere conto quanto sta perdendo.

    RispondiElimina
  2. Momento di riflessione per tutti e due. Diego non ha tanto da pensare, Michele gli piace e molto, e non è solo attrazione fisica; il sentimento dentro di lui sta covando (e non dico come fuoco sotto la cenere perchè alla Giusi non piacerebbe!).
    Più complessa la situazione di Michele, che si sente a disagio perchè lui si sente completamente etero, ma soprattutto perchè si sente refrattario all'amore. Da tempo ha chiuso con i sentimenti, e dentro di lui, nel profondo, sa che se continuerà a frequentare Diego dovrà rivedere le sue determinazioni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oh che carine... non ho niente contro la cenere che brucia sotto il fuoco, Anna intende dire che odio le frasi retoriche!! ed è verissimo, ma i fuochi li amo. L'incendio al capitolo 8

      Elimina
  3. E noi non vediamo l'ora di vederlo e di percepirlo sulla pelle questo fuoco.

    RispondiElimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting