giovedì 31 gennaio 2013

L'amore è blu, 5




Titolo: L’amore è blu
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: slash, NC 13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa




Ma la sera fu di tutt’altro parere. Diego non voleva più tornare all’Havana, ormai aveva deciso, a quello pensava aspettando l’ora di cena. Sotto il chiarore della daylight, la pilot in mano, disegnava da oltre un’ora. Disegnava Michele. Non voleva dimenticarlo almeno, e rielaborando la sua immagine che conservava ben impressa nella mente, buttò giù uno schizzetto che dopo averci lavorato alacremente, non sembrava affatto uno schizzetto, ma una cosa fatta bene. I ricci scomposti da negro, la fascetta rossa che spuntava tra la folta capigliatura, le ciglia spesse bene visibili, il naso grosso, le labbra carnose celate dal pizzetto, le basette villose, la camicia da nerd sfigato. Riuscì a ricreare un buon approssimativo. Più ci pensava e più gli piaceva il commesso del pornoshop, ma si  disse che non poteva permettersi un altro vagheggiamento. Dopo cena sarebbe uscito con Tatiana, magari tra una settimana o due avrebbe rivisto Nico. La sua vita era già perfettamente incasinata così. Non doveva aggiungere altri casini, non sarebbe stato capace di gestirli.
Quando sua nonna chiamò che era pronto, non si preoccupò di nascondere l’innocente disegnino. Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe detto che si trattava di una caricatura di un tizio che conosceva. Tanto con Michele non serviva forzare troppo la mano, era una caricatura vivente di per sé! Con quel pensiero buffo e malizioso, Diego si alzò dal tavolo da lavoro per raggiungere quello della cena. E la cena si svolse canonica, tutta uguale nella sua quotidianità, così come l’uscita con Tatiana. Alle undici e mezzo era già a casa. La quotidianità, come la serenità, esercitavano per lui una sorta di narcotizzante a getto continuo, tipo flebo. Dentro di lui c’era un ribelle, uno schizzato capace di ogni cosa, lo sapeva, allora per tenere a freno tutta quella energia, quella bomba ad orologeria pronta ad esplodere, Diego aveva bisogno di un calmante, qualcosa che lo stordisse dalla vita, dai suoi bisogni sbagliati, che lo stordisse dalla felicità stessa. E la sua famiglia perbene e banale, la sua ragazza altrettanto perbene e banale, erano per lui l’antidoto alla sua malattia, alla scelleratezza. Era convito davvero che senza di loro avrebbe fatto una finaccia presto. Senza il lavoro alla Crai, senza la nonna e la mamma, senza la sua ragazza, i suoi amici, si sarebbe infilato in un pozzo nero, in un tunnel senza uscita. Così anche quella sera, prima di addormentarsi, fu grato che ce l’avesse fatta di nuovo. Tra meno di una manciata di giorni avrebbe compiuto ventisette anni. Con due buoni stipendi si sarebbe potuto sposare. Forse tra un paio di anni. Dopo Michele non considerava più l’idea del matrimonio così negativa per lui, e si raccontò che se l’aveva in passato considerata negativa, era solo perché non voleva lasciare la sua famiglia, le sue certezze. Ma ora che il mostro sembrava avvicinarsi a passi da gigante, la parola con la M era la soluzione per avere l’assoluzione. Poteva fare un patto con il diavolo, poteva avere un po’ di malattia un tanto al mese, come quando era con Nico, come quando frequentava certi posti, ma mai inquinarsi di più, mai minimamente pensare di trovarci qualcosa di buono nella propria malattia, nel desiderio di scatenare fuori il ragazzo cattivo che era in lui.
Eppure c’erano stati momenti quel giorno con Michele, mentre pranzavano, mentre parlavano, che gli era sembrato differente il mondo, che la speranza che ci fosse anche qualcosa di diverso tra la purezza e la scostumatezza, qualcosa che poteva unire le due cose, che poteva dargli una certa pace, ma non troppa sennò rischiava di addormentarsi di nuovo, ma anche una certa sfrenatezza, insomma aveva sperato che il miracolo fosse possibile per lui. Erano dentro quei ricci i miracoli? La sua salvezza? Era dentro le mani grandi che gesticolano, la voce bassa e virile, i modi spicci ma tutta via gentili, a suo modo persino raffinati, signorili. Diego sapeva solo che avrebbe ascoltato Michele per ore senza stancarsi, qualsiasi argomento avesse trattato. Avrebbe appoggiato la testa sul palmo, gli occhioni lucidi, le orecchie tese, la mente attenta. Lo avrebbe ascoltato per ore fino a dimenticare la fame, la sete, il sonno, la voglia di fare l’amore, di fare casino, di non farlo per niente. La voglia di amare. Ecco, per quanto ancora non se ne rendesse ben conto, era per la prima volta innamorato, di qualcuno che probabilmente, ne era sicuro, non sapeva che farsene del suo amore. Ma non fece in tempo a farle tutte quelle considerazione, che si addormentò cullato dal ricordo della voce di Michele.
Passarono altri tre giorni senza che accadesse niente ad entrambi. Poi arrivò di nuovo il week-end.
Essendo fatto di scorza abbastanza dura Michele e poco incline ai sentimentalismi, ma nemmeno alle falsità, non mentì a se stesso. Il piccoletto che lavorava alla Crai, che gli aveva pagato il panino, che si era fermato a chiacchierare con lui nel retrobottega, lo aveva colpito. Gli piaceva insomma. Aveva pensato a lui per tutto il giorno, poi anche il giorno dopo e ci rimase davvero male nel non vederlo più tornare. Così quel sabato che era libero, decise di provare a cercarlo lui. Non era certo se fosse di turno ma tanto la spesa doveva farla, poco importava se si sarebbe dovuto portare un carico di spesa sulla bici, avrebbe limitato gli acquisti. Non essendo vicino a casa sua ma al negozio, non ci andava mai alla Crai. Entrò guardandosi attorno un po’ spaesato. Si ricordò che Diego gli aveva detto di lavorare al reparto igiene per la casa, trasferito da poco dal reparto  casalinghi. Lo trovò quasi subito, stava meticolosamente dividendo delle confezioni di deodoranti rosa da quelli azzurri. Stretto nel camice verde, sembrava ancora più infantile, a Michele ricordò i bambini delle scuole elementari, con il grembiule e il fiocco blu. Faceva parte della sua infanzia, alla quale era ancora tanto legato, ma aveva sentito dire che con la nuova riforma i bambini delle elementari non erano più costretti a portarlo. L’emozione che provò, per quanto avesse capito la natura di ciò che provava, lo lasciò perplesso. “Ciao” disse ad alta voce. Lo vide trasecolare, sbiancare, diventare un attimo dopo rosso, non sapere dove mettere i profumi, le mani, dove trovare la voce. “Ciao”. Diego gli si avvicinò e come se niente fosse gli baciò le guance, come se fossero amici di vecchia data. Michele gli sorrise. Era più carino di quanto ricordava e aveva pure un buon odore, deodoranti a parte. “Perché non sei più venuto?”
“Non sapevo se oggi lavoravi, magari trovavo l’altro, lo straniero... ” arrancò Diego. Era arrossito al punto che una collega, passandogli accanto, gli chiese se avesse fatto la lampada. “Ci andiamo insieme uno di questi giorni ok?” Lui rispose facendole l’occhiolino.
“Fai strage di cuori?” Michele lo prese in giro ma Diego oscillò la testa. “Beh, certo che no, se fossi un playboy non avresti bisogno dei pornazzi, giusto?” Giudicò ma con un bel sorriso fresco e Diego capì che scherzava, sospettò persino che avesse capito che in verità quei due film non li aveva visti affatto. “Oggi non lavori?” Domandò Diego cautamente guardandosi la punta degli scarponcini.
“No, sono libero e pure domani. Stasera hai da fare?”
A quella domanda, Diego schiuse le labbra. Gli stava davvero chiedendo di uscire? Sarebbe troppo bello... “Sì, no... cioè... vado a magari... cioè vado, andiamo...” non riusciva a smettere di impappinarsi. Calmo Diego, stai facendo la figura del pollo! “Allora: vado con la mia ragazza a cena fuori, magari dopo...”
“Bene, magari dopo...” ripeté Michele e siccome lui non diceva più niente, continuò: “Dopo mezzanotte la carrozza diventa zucca. Sarò là per vedere l’incantesimo in diretta” gli fece l’occhiolino sicuro che avesse capito l’allusione. In verità Diego non stava capendo niente.
“Dammi il tuo indirizzo Diego, ti vengo a prendere io”. Lui lo scrisse su un foglietto e ci aggiunse i recapiti telefonici. Passandolo nella sua mano, Michele ne approfittò per trattenerla qualche secondo di troppo nella sua. Quella timidezza, quell’insicurezza, lo stavano facendo esaltare! Si prospettava una seratina divertente. “Ci vediamo stasera” e così come se n’era venuto se ne andò.
Diego tornò a respirare normalmente solo dopo tanto. Michele non solo lo era venuto a cercare, gli aveva chiesto di uscire! E sembrava così a suo agio. Ebbe la nausea pensando alle tre ore in pizzeria che lo aspettavano. Non si potevano evitare? Allo stesso tempo era terrorizzato all’idea di uscire da solo con Michele. Era così tanto che non aveva un appuntamento, e un appuntamento del genere non lo aveva avuto mai, si rammentò. Con Tati erano ragazzini, con gli altri si trattava solo di una scopata, anche con Nico. Magari si tratta di una scopata anche questa volta. Si disse mentre si vestiva. Era stato un sabato estenuante dal punto di vista psicofisico e pregò la sua ragazza che la location della serata non fosse troppo distante da casa: “Passerotto, non voglio fare il solito precisino, ma domani ho la mattina...” mentì. “Insomma vorrei tornare entro mezzanotte”. Lei rispose che non c’era davvero problema. Infatti scelsero una birreria poco distante dal suo quartiere che poi non era troppo lontano da dove abitava anche lei. Ma Diego era proprio con la testa dall’altra parte. Tutti notarono che era nervoso, svagato, super eccitato, e che non stava mai per più di tre minuti senza boccale in mano. Quando ordinò la terza media, Tatiana si irrigidì ma non disse niente. Se bevo forse mi calmo, se bevo smetto di pensare a Michele, a Michele, a Michele...
“Amore, secondo me sei troppo stanco, se non ti senti bene portami ora a casa, non voglio che ti ubriachi”
“Non sono ubriaco!” Gli scappò una voce acuta che non gli apparteneva, ma poco contava. Anche se avesse urlato a squarcia gola, avrebbe avuto difficoltà a superare la confusione del locale. Non colse la palla al balzo, ma quando lesse sull’orologio che erano già le undici e venti, diede uno schiaffetto alla gamba della fidanzata, la quale capì ed iniziò subito il rito dei saluti. Una volta in strada la vide sbuffare. Si rese conto di essersi comportato proprio male.
“Mi dispiace, ti ho rovinato la serata vero?” disse una volta dentro la Micra.
“Non capisco perché tutto quel bere e tutto quel rispondere male. Stavi per litigare per una sciocchezza. Quale compagnia Low cost è migliore! Tu che poi hai volato pochissimo”
“Io parlavo dei servizi. Ma lascia stare. Hai ragione, sono stato un imbecille” decretò. Dopo aver svoltato a destra due volte, arrivò sotto casa di lei. “Ci sentiamo in giornata”
“Vorrei stare con te domani, visto che il campionato è finito”. Già, era finito. Diego se ne rammentò solo in quel momento. Che grana pazzesca, come odiava l’estate! Ancora un po’ sotto i fumi dell’alcol, gli tornò alla mente una delle tante canzoni che ascoltava con sua nonna da piccolo, che s’intitolava appunto: ‘Odio l’estate’ era proprio bella. Stava quasi per dividere quel pensiero con lei quando, sul cruscotto, lampeggiò la scritta blu che segnalava l’ora: 23.57. Era davvero tanto tardi... “Vado cara... fai bei sogni” un rapido bacio sulle labbra e Diego scappò come un randagio inseguito dall’accalappia cani.

4 commenti:

  1. Michele è passato all'azione. Visto che Diego non è tornato da lui, ha deciso di fare la prima mossa e di cercarlo. Il piccoletto lo intriga, ma sono curiosa di sapere cosa accadrà una volta che si troveranno di nuovo soli. Secondo me ci saranno le scintille. Diego intanto si a dover combattere tra la normalità e quella che lui chiama malattia, ma che in fondo è solo voglia di qualcosa che lo faccia stare meglio, che possa soddisfare i suoi desideri più intimi che quasi non riesce neanche a confessare a se stesso. Si dice che quando si sposerà tutto cambierà, che sarà diverso. Ma già l'incontro con Michele gli ha fatto capire che può esserci qualcosa di diverso dalla normalità con la sua ragazza e anche da quello che ha con Nico, qualcosa che non solo lo renda felice, ma che possa calmare quella sua insoddisfazione ormai radicata dentro di lui

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  2. L'amore è arrivato anche per Diego finalmente; un amore puro, vero, quello per cui anche i sensi possono tacere, amore senza altro fine che l'amore stesso; quello però che può anche annientarti se non è ricambiato.
    Per Michele forse non è ancora amore; Diego lo intriga, un certo sentimento glielo ispira, ma deve ancora capire bene cosa vuole da lui.
    Speriamo che Michele si renda conto di aver bisogno di tutto l'amore che Diego cova dentro di sè per dare senso alla sua vita, e che Diego ha bisogno di lui per cominciare a vivere veramente. Trattare tutto questo come un gioco, potrebbe fare molto male a tutti e due.

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