lunedì 28 gennaio 2013

L'amore è blu, 4



Titolo: L’amore è blu
(fan fiction a puntate)
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: NC17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa






Nicola era un bel tipo, di quelli che magari non si fanno notare a prima vista, ma che alla lunga lasciano il segno. Nel suo paese di origine c’era sempre stato male, assetato di avventura e di viaggi, fin da bambino appassionato di treni, viveva e cresceva per il giorno che se ne sarebbe andato. Il padre capotreno, morto prematuramente, gli aveva spianato la strada e terminati gli studi, aveva preso il suo posto, in un’epoca e in un luogo dove tutto questo è cosa facile.
Prima di recarsi a Torino scriveva una mail al suo amante. Di solito s’incontravano di domenica. Per Diego la domenica era facile liberarsi. Doveva ringraziare la devozione di Tatiana al papà allenatore. Invece, siccome lui il calcio non lo soffriva, evitava di andare alle partite del futuro suocero e così aveva campo libero per i suoi vizietti. Se non era Nico, qualche altro diversivo lo trovava.
Gli amanti s’incontrarono in centro, Nico portava l’immancabile divisa che gli donava un certo fascino, invece Diego i suoi jeans più scoloriti e consumati, che gli riducevano ulteriormente l’età e t-shirt a maniche corte. L’estate era alle porte, faceva anche piuttosto caldo per non essere ancora giugno, ma mancava poco. Dopo un saluto tranquillo, un sorrisetto e una pacca sulla spalla reciproca, iniziarono a chiacchierare. Il rito era sempre lo stesso. Poi Nico indicava ‘il posto’ che in genere non era tanto distante dalla stazione, e si riduceva a tre hotel dove ormai li conoscevano, anche se amanti e front office, fingevano reciprocamente di non essersi mai visti prima. Era solo sesso per il pugliese e tutto sommato anche per Diego. All’inizio c’era stata una specie di cotta, ma Nico era stato bravo a smontare in partenza gli eventuali sogni romantici dell’altro. Prima di tutto ponendo una certa distanza, una freddezza calcolata che avrebbe gelato anche il più irrazionale dei sentimentali. Invece Diego, per quanto in cuor suo agognasse innamorarsi un giorno, soffrire come un randagio maltrattato (ma quanto meno sentirsi vivo) era piuttosto cauto nelle cotte, anche quando si trattava soltanto di amici virtuali. Da dieci anni si raccontava che era Tatiana il grande amore della sua vita, non c’erano altre cose per lui in vista. E intanto crogiolava nel vizio, e i lividi aumentavano, così come la distanza tra lui e la sua vita reale.
Iniziavano sempre baciandosi un po’, anche se il rapporto che si sarebbe presto consumato, era di ben altra natura, e stava ad entrambi bene così. In ogni caso provavano l’uno per l’altro un’innata dolcezza, affetto, come se dovessero in qualche modo risolvere la faccenda del piacere che avrebbero sperimentato da lì a poco, iniziando come dei comunissimi innamorati, con i baci, con la dolcezza, prima di lasciar posto ad una certa dose di violenza misurata che garantiva ad entrambi l’appagamento finale. A Nico però la roba sado non interessava per niente. Diego gli piaceva perché ci sapeva fare, e aveva un aspetto gradevole, per di più piccolino, un po’ femminile. Questo lo rimetteva in pace con la sua fama da latin lover. Poteva anche fingere che gli piacesse pensare che fosse una donna, quando lo vedeva chinato su di lui per dargli piacere o quando di lui vedeva solo le spalle, la schiena. Poteva avere tante di ragazze carine, ma quando andava a Torino cercava Diego. Alla fine restavano entrambi ai lati del letto a guardare il soffitto, con un senso di colpa misuratamente sopportabile: Nico per quello che aveva fatto, Diego per quello che si era fatto fare.
“Ho conosciuto uno...” sbottò Diego all’improvviso e l’altro, che stava cercando di spararsi il solito pisolino post coitale, si riscosse immediatamente. “Ah, ecco perché sei strano” finse di aver capito. Sperava solo che quell’annuncio non significasse che non avrebbero scopato più.
“Uno che mi piace, ma non so se io piaccio a lui. Però non riesco a smettere di pensarci. Non posso dirlo a nessuno Nico, solo a te, dimmi qualcosa, che ne pensi?”
“Non lo so” Nicola scattò seduto e prese una sigaretta dai pantaloni della divisa. “Tieni” la passò all’amante, il quale si sistemò a sedere a sua volta. “Non so nemmeno se gli posso interessare minimamente. Non mi era mai successo per qualcuno così, intendo conosciuto così per caso. Ma lavora in una videoteca porno. Significa che ne vede tante, no? Se gli propongo una bevuta e lui capisce tutto, non mi caccerà a cazzotti fuori dal negozio, che dici Nick?”
“Beh non so” anziché sentirsi geloso, fece un po’ il marpione: “Sei una bella puttanella” gli circondò le spalle con il braccio dove in mano teneva la sigaretta. “Se gli spieghi quello che ti piace forse ci sta anche se è etero. Magari è un po’ sadico”
“Non so nemmeno se lo vorrei io, se vorrei continuare con questa roba” Diego si tastò le braccia. Si avvicinava l’estate e i segni delle corde sarebbero stati visibili. “Non voglio più farmi legare, non voglio questi segni, non saprei come spiegarli” durante la bella stagione, costretto a spogliarsi, era un incubo. Poi c’era lo strazio del mare, della vacanza a Palma de Maiorca. E pensare che negli ultimi tre anni era riuscito così bene ad imporre città d’arte e montagna. Ora gli toccavano due settimane in costume. Una bella rogna. “A volte vorrei solo sparire. È tutto sbagliato. È come se andassi contromano. Tutti vanno verso una direzione e io al contrario” si schiarì la voce mentre gettava un po’ di cenere per terra. Il ragazzo ordinato e scrupoloso era rimasto fuori dalla porta. “Sai che penso?” continuò: “È quello che ci meritiamo, facciamo le cose al contrario. Prendi la sodomia. Per quanto te la vuoi girare la questione, da là qualcosa deve uscire non entrare. E vale pure per le donne no? Ma se lo fanno gli uomini è ancora più grave”.
“Sono tutte chiacchiere. Quelli come te ci sono sempre stati” decretò ridacchiando. Diego lo fulminò con lo sguardo: “Quelli come me? E tu allora? Tu chi saresti? Il castigatore? O il salvatore. Bravo a fare il don Giovanni da strapazzo al paesino, ma appena passi il confine con la terronia da chi vieni? Dall’invertito” a Diego divertiva dare nomignoli: invertito, femminuccia, finocchio. Aveva passato l’infanzia a sentire lui e i suoi amici nerd apostrofati così dai bulletti della situazione. Era comunque un modo per essere considerati. Ora era solo un numero, una nullità come tutti. Almeno la sua omosessualità segreta teneva vivo il ragazzino ribelle che aveva soffocato dentro di sé. Almeno con l’amante pugliese poteva parlare di tutto, persino di Michele. “Voglio andare a casa” improvvisamente Diego si sentiva in colpa. Pensò a sua madre e sua nonna che prima di uscire aveva lasciato in cucina a preparare i biscotti. Ora aveva voglia di sgranocchiare quei biscotti. Ma Nico lo bloccò abbracciandolo da dietro. “Resta ancora un po’, la stanza è pagata fino a domani mattina”
“Ma io non mi fermo” Diego si liberò del suo abbraccio. Improvvisamente non ne voleva più. Era tutto proiettato al futuro. A quando avrebbe riabbracciato l’emisfero normalità, a sfavore di quello della sfrenatezza. Eppure, mentre infilava le gambe nei jeans, il piglio triste di Nico lo intenerì. Gli accarezzò i capelli prima di uscire e lo baciò sulla fronte. “Mica te la sei presa...”
“No, solo che mi fai sentire un po’ usato” quell’uscita fece scoppiare a ridere entrambi.
“Ma io pensavo ti stesse bene sentirti usato” Diego fece l’occhiolino e poi se ne andò. Aveva davvero fretta di allontanarsi dal quella pensione, da quel quartiere, dall’odore di sesso, da tutto. Magari anche da se stesso. Voleva avvicinarsi a qualcosa, che non si trovava in quella stanza.

Dopo aver lavorato di domenica, per Michele tornare il lunedì non fu più pesante degli altri giorni. Passò la mattina su ‘La settimana enigmistica’ e all’ora di pranzo mentì a se stesso quando si disse di non essere sorpreso di vedere entrare Diego, sempre nel solito completo Crai, con la cassetta del film tra le mani. Fingendo totale indifferenza, il nuovo venuto lo salutò, anche Michele salutò con educazione e tranquillità. All’apparenza due sfingi, ma la realtà era ben diversa... Michele lo fissava con intensità comunicandogli con lo sguardo i mille discorsi che Diego avrebbe voluto sentirsi dire da lui. E lui un discorsetto se l’era preparato. Ma s’impappinò: “Che fai?”
“Che faccio? Non lo vedi? Cruciverba. Dalle dieci più o meno”
Diego si morse la lingua: “No intendevo ora, vai a pranzo? No perché l’altra volta tu non c’eri, magari ti dà il cambio il tipo, lo straniero...”
Michele sorrise con gli occhi a quei goffi tentativi di abbordaggio, non sapendo che fossero tentativi di abbordaggio però. Gli piaceva farsi stupire dall’essere umano ogni giorno, solo che non accadeva mai e, in ogni caso, sempre di stupore negativo si trattava. “Che t’importa a te se faccio il mezzo tempo? Volevi invitarmi a pranzo? Sei in pausa?”
“Sì” poi non disse più niente Diego, voleva invitarlo a pranzo, già. Ma non ci riusciva, nemmeno dopo che Michele glielo aveva suggerito. Michele rimase a fissarlo senza parlare, non si sentì in grado di lasciare vuoto quel silenzio. “Vuoi un altro film?” Diego pensò di annuire, non voleva un altro film porno che non avrebbe rivisto, ma voleva una scusa per rivedere lui. Tra l’altro gli era costata una fatica pazzesca trovare il coraggio di tornare all’Havana. Ma ci sperava tanto in Michele, sperava di ricavare qualcosa in lui, qualcosa che nessuno gli dava. Nessuna delle sue due vite fittizie. Figuriamoci un film porno! “Ecco io...” Diego tentò di articolare quelle quattro fatidiche parole ma non vi riuscì, allora Michele venne di nuovo in suo soccorso: “Non ho pranzato, qui vicino c’è un bar che vende panini niente male. Li fanno loro. Se ti do diecimila lire mi porti un panino e una birra?”
“Nel senso che mangiamo insieme?”
“Se tu hai tempo, perché no?” gli vide spuntare un sorriso timido, poi rifiutare la banconota tirata fuori dalla cassa e sparire rapidamente oltre la porta d’ingresso.
Il giovanotto tornò un quarto d’ora dopo con le birre e i panini, tutto sorridente e rilassato. Michele chiuse l’accesso ai clienti esponendo il cartello ‘TORNO SUBITO’ e chiudendo a chiave.
“I segaioli non disturberanno il nostro pranzo” poi, dopo una pacca sulla schiena del brevilineo, ringraziò: “Nessuno mi paga mai il pranzo, o altro, tu perché sì? Che fai qui?” Michele lo scortò fino ad un retrobottega che consisteva in un magazzino pieno di cianfrusaglie di uso sessuale, ma c’era pure un divanetto, un piccolo televisore appollaiato sopra una mensola che aveva l’aria di stare spento da parecchio, e un tavolinetto con due poltroncine. Si sederono. Diego non rispose, sul serio non pensava fosse necessario spiegare perché si trovasse là, che cazzo! Non è evidente?
Iniziarono a mangiare, stabilendo un reciproco occhieggiarsi. Quello di Diego più cauto, quello di Michele più sfacciato, aggressivo.
Alla fine del pasto, tra una bevuta e l’altra, iniziarono a chiacchierare. Il tempo passò così in fretta che Michele si dimenticò il cartello torno subito appeso fuori, che erano chiusi a chiave da quasi un’ora, e Diego che doveva tornare al lavoro. Li riportò entrambi all’ordine l’insistente bussare alla porta. Si trattava di un rappresentante. Michele aveva completamente rimosso che sarebbe passato a consegnare del materiale. “Cazzo, è tardissimo!” Diego schizzò in piedi e nel giro di un niente erano entrambi di fronte al tizio vestito da impiegato di pompe funebri. “Beh io vado, grazie per l’ospitalità” Diego cincischiò altri secondi sul ciglio della porta prima di allontanarsi. Michele lo fissava senza dire niente. Diego pensò che il fatto di non dire niente, ma di limitarsi a guardarlo, neanche tanto direttamente, facesse parte della tortura. Perché non gli diceva che gli era grato? Che gli avrebbe pagato lui la prossima volta il pranzo? Diego aveva solo bisogno di sentirsi dire che era stato bene anche lui, una conferma. La conferma non arrivò perché Michele era impegnato con il rappresentante, ma prima che tutto triste si allontanasse, Michele lasciò stare il venditore per raggiungere Diego in strada. L’afa iniziava a farsi sentire e il riverbero del sole molestò gli occhi scuri del commesso. “Grazie per il pranzo”
“Oh...” ecco, che ci voleva? Ma non disse niente.
“Torna anche domani se ti va” ecco questo gli fece proprio piacere. Con un sorriso da fossetta a fossetta, Diego allungò una mano per accarezzargli velocemente la barba. Un gesto apparentemente innocuo e, allo stesso tempo, pesantissimo. Michele trasecolò: da quando qualcuno non lo accarezzava? Probabilmente da... Da troppo tempo. “Oh, beh, fai come vuoi” concluse allontanarsi turbato. Diego restò a guardare il suo sogno d’amore infilarsi dentro il negozio e sparire.
Con il cuore in fiamme e la mente in subbuglio corse fino al supermercato.
Il cuore di Diego batteva forte da ore. E non era certo a causa della cazziata colossale che il direttore di reparto gli fece per il ritardo. Il cuore batteva all’impazzata per via di Michele, per le parole che gli aveva detto:  Torna anche domani se ti va, per la figuraccia dopo averlo accarezzato, così da averlo freddato. Che deficiente sei Diego! Ora ha capito che ne vuoi da lui, e ora col cazzo ti riporterà nel suo retrobottega, col cavolo che vorrà essere tuo amico. Diego lo sapeva: mai con i ragazzi etero. Per quanto potevano sembrare bendisposti e curiosi, prima o poi ti facevano soffrire. E l’atteggiamento di Michele, quella freddezza, quel senso di distacco nel precisare: Oh, beh, fai come vuoi, volevano dire che non era interessato all’acquisto. No, Diego fissò i saponi impachettati nel cellofan, pronti per essere divisi. Non si sarebbe arreso così. Anche se era da lui arrendersi al primo ostacolo. Questa volta sarebbe tornato da Michele, e vada come vada. 

3 commenti:

  1. Mi piace questo Diego così deciso ed impulsivo che non si arrende pur di attirare l'attenzione di Michele. Stupendo il pezzo in cui gli accarezza la barba, un gesto così intimo che mi ha fatto sciogliere. Da quando ha conosciuto Michele Diego sente di non appartenere a nessuna delle sue due vite, come se entrambe gli stiano strette, di volere qualcosa d'altro, di più profondo. Non una parvenza di normalità o un amante con il quale divertirsi. Probabilmente neanche lui sa cosa vuole da Michele, di certo non un altro amante omosessuale con il quale sollazzarsi. A sua volta Michele è intrigato da quel piccoletto e sono curiosa di sapere cosa pensa delle avance neanche troppo velate del nostro piccoletto.

    RispondiElimina
  2. Non sono tanto i lividi esteriori, quanto quelli interiori a intenerire, quei lividi che Diego si porta in giro fin dall'infanzia. E quella voglia di normalità che sente, che vorrebbe ma che si nega, punendosi anzi con un rapporto che lo faccia sì star bene, ma nello stesso tempo soffrire, quasi a voler espiare una colpa. Che non ha.
    E' fragile Diego, al punto da pensare che anche Michele stia già cercando di punirlo in qualche modo, mentre non è così, Michele ha visto qualcosa che lo turba in quel ragazzo, già da prima di ricevere quella carezza.
    Sono due anime simili in cerca di tenerezza e di amore, ma ognuno a modo suo già troppo provato dalla vita per aprirsi. Speriamo che riescano a non ferirsi di più.

    RispondiElimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting