lunedì 21 gennaio 2013

L'amore è blu, 3



Titolo: L’amore è blu
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: NC13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa



Ogni tanto dovresti fare qualcosa di davvero trasgressivo, tipo bere birra in un bicchiere di vino. Prova l’ebbrezza del vero pericolo!





Stanco e abbacchiato, quel martedì notte, Michele trasferì le proprie chiappe sulla solita bici e si buttò sulla strada, sul solito ponte. Il gilet catarifrangente gli evitava di essere investito, sebbene, nonostante il buio, lo avrebbero notato per via della folta capigliatura che di certo non passava inosservata. Lo attendeva un sonno ristoratore ma prima una rapida cena. Passò dal solito chiosco dei panini, rimpiangendo di essere stato così pigro quella mattina di non essersi preparato qualcosa di caldo: un riso, una minestra. Mezzo minuto al microonde e via, come appena fatto. Invece eccolo a ingurgitare la sua mezza baquette con hamburger e peperoni sott’olio. Compensavano la fame, non la nostalgia che lo aveva attanagliato quel giorno, senza saperne nemmeno la ragione. Michele si sentiva irrequieto, e non sapeva proprio a chi dare la colpa di quella inquietudine.
Finita la libagione, tornò alla bicicletta. Aveva quei sei chilometri da fare. Poi avrebbe potuto riflettere sul perché si sentisse così strano. Oppure no, si sarebbe spogliato, docciato, lavato i denti e, una volta infilata la solita maglietta che fungeva da pigiama, avrebbe dormito fino alle nove e cinque. E poi tutto sarebbe ricominciato, identico al giorno prima. Solo che era mercoledì. Ma una volta con il cuscino sotto la testa, la solita fatina che lo accompagnava nelle fauci del sonno, mancò l’appuntamento. L’una passata da un po’ e gli occhi spalancati verso il soffitto. Non dovevo cenare così tardi, devo prendere l’abitudine di portarmi qualcosa! Si disse, dare la colpa ai peperoni era facile. Sospettava però che non fossero quelli, anche se la cattiva digestione non collaborava di certo. Provò a ripercorre la giornata, pensò ai clienti, alle telefonate ricevute. Cosa era successo di strano da agitarlo così? Tutte le volte che se lo chiedeva la mente gli poneva di fronte i ragazzi con lo stemma della Crai, in particolare il biondo piccoletto. Sorrise ripensando a come lo aveva trattato. No, non era quello, anzi... era stato divertente prendersi gioco di lui. Se c’era stata una nota positiva in quella giornata era stato proprio Diego Perrone. Cauto si accarezzò il pizzetto pensando a quando sarebbe tornato a portargli Tre cagne in calore. Chissà se gli piacerà... pensò. Di solito gli avventori del sesso gli facevano tutti schifo, senza eccezioni. Maschi o femmine che fossero. Eppure, l’idea del ragazzetto dall’aspetto infantile che si toccava di fronte alle scene lesbo, lo stuzzicò. Grazie a quelle fantasie riuscì ad addormentarsi e quando il sole invadente della primavera lo svegliò, aprì gli occhi pigramente.
Il venerdì successivo per Michele era previsto riposo, così quella mattina non fece le stesse cose che faceva sempre: capatina al bagno, colazione, di nuovo alla toilette per spuntare il pizzetto, vestirsi e via, in sella alla city bike. In quel giorno di libertà, oziò fino all’ora di pranzo. Prima di uscire perse tempo a dare una spolverata. Abitava un appartamento di cinquanta metri quadrati, e per lui erano sufficienti. Dopo essersi fatto un sacrosanto piatto di pasta caldo, come gli succedeva solo quei due giorni che era a casa, si stiracchiò sul terrazzino che affacciava sopra ai palazzi, al quarto piano. Diede un’occhiata ai passanti e alle macchine, poi tornò dentro per controllare la cottura delle fettuccine. Una volta mangiato e riposto i piatti nella minilavastoviglie, si fece una doccia e si rivestì. Alle tre circa aveva appuntamento con Manu, la sua donna di svago. Siccome si trovava dall’altra parte della città, per recarsi da lei era costretto a prendere dei noiosissimi mezzi. Non facendo più freddo non era obbligato alla macchina, così da sacrificare il suo prezioso posteggio. Possedeva una vecchia Volvo che non usava quasi mai.
Dieci fermate di pullman dopo e altre sette di tram, arrivò finalmente dalla parti della squillo. Camminò i soliti dieci minuti, e poi, stancamente, suonò al citofono. Lei rispose con la solita vocina fastidiosa: “Sali pure” disse accomodante e tutta via scorbutica.
Dentro l’appartamento, Michele sorprese un uomo che si allacciava le scarpe. Evidentemente il cliente che lo aveva preceduto. Questi, a testa bassa, si limitò a biascicare buonasera e per niente vergognoso Michele rispose: “Buonasera a lei”. Li raggiunse la Manu, sigaretta tra le labbra e accappatoio. “T’ho, allora sei venuto. Tre settimane che non ti fai vivo” gli accarezzò la nuca.
“Ho avuto da fare” rispose. Non era vero, in realtà non gli era arrivato lo stimolo. Ora lo aveva, ora aveva bisogno di lei, dei suoi servigi. Abituata ai suoi vizi, e nemmeno tanto contraria in realtà, Manu tirò fuori da una ventiquattrore riposta nell’armadio gli attrezzi del mestiere. Con un sorrisetto buffo chiese al cliente: “Te lo faccio prima un caffè?”
“L’ho già preso, grazie” . Le sembrò strano che avesse fretta di consumare. Di solito Michele era un metodico. Non gli piaceva la sveltina, tutt’altro. La consumazione dell’atto si svolgeva con criteri prestabiliti. Gli c’era voluta una vita per trovare una partner che riuscisse a capirlo così come lo capiva la Manu. Poco importava che fosse brutta, strillasse perché mezza sorda e avesse non pochi anni più di lui. Era sua complice, come mai lo era stato qualcuno, tanto meno la sua ex moglie. Ed era una bella consolazione per lui che non fosse una donna qualsiasi, una che si aspetta qualcosa. Finito il divertimento, divertimento per lui, e il lavoro per lei, Michele lasciò le solite cinquantamila lire. Una seduta di psicoterapia gli sarebbe costata lo stesso, e non era detto che gli avrebbe fatto più bene di quello che gli faceva dire e fare la Manu.
“Vieni qui e scioglimi ragazzone. Cos’è quel musetto triste? Ti sei fatto la ragazza di’ la verità” Michele si tirò su i pantaloni ancora calati.
“Ma che dici, quale ragazza?”
“Hai la faccia di uno che si sente in colpa. Quanta fretta di andare via e poi non ti sei visto per un po’. Scioglimi ti dico perdio” Manu strattonò le cordicelle con le quali era appigliata alle ante in ferro battuto del letto. “Ecco, e che fretta hai. Aspetta” Michele la liberò, poi, sospirando si finì di vestire.
“Sai che in questo palazzo mi odiano tutti. Forse me ne dovrò andare”
“Non è una cattiva notizia per me. Magari ti avvicinassi un po’ al centro”
“No, mi costerebbe troppo. Ma qui abitano solo stronzi! Mentre io perdo un sacco di clienti, quegli schifosi di parlamentari si fanno le leggi a loro piacere!” Cinguettò con voce acuta.
“Ora che c’entra la politica” Michele fece una smorfia.
“Michele tu non hai nessuno, e guadagni benino no? Perché non mi presti qualcosa? Tanto per andarmene da qui. Poi te li ridò”. Lui sospirò, non era la prima volta che gli chiedeva qualche extra. E lui gliene dava sempre. Ma quel giorno scarseggiava di pecunia. “La prossima volta Manu, la prossima volta...”
“Ma quale prossima volta! Tu non tornerai più, già lo so. Hai quello sguardo”
“Ma quale sguardo...” lui la strattonò per allontanare la mano che si era attaccata alla camicia. Un camiciotto quadrettoni in stile grunge. “Sì, ce l’hai, non te l’ho mai visto. Hai lo sguardo innamorato. Ti sei trovato un’altra per i tuoi giochini e della vecchia Manu tu non verrai più”
“Farnetichi, sei proprio vecchia. Se fai così non ti darò niente...” ruminò tra se: “Stronza” lei non lo sentì e si chiuse in se stessa. “Allora Ciao” e se ne andò.
Una volta sulle scale Michele rifletté sulla parole della puttana: non c’era niente di vero, eppure una di così grande esperienza in fatto di uomini e sentimenti, poteva anche non sbagliarsi. Non era forse in atto un cambiamento del quale lui ancora non era padrone? Con quei pensieri fissi tornò in strada per la sua camminata, la metro e poi l’autobus. Ma anziché arrivare fino al capolinea che lo avrebbe portato sotto casa sua, scelse di scendere dalle parti del ponte della Madre. Disse a se stesso che voleva solo camminare un po’ per schiarirsi le idee, invece finì per passare di fronte alla sua amata prigione. L’Havana, il sexy shop. Entrò sorprendendo non poco Aziz, il quale gli sorrise dopo averlo salutato. “Ti mancava?”
“Stavo tornando a casa e prima volevo appurare che tutto fosse apposto”
“Lo è, torna a casa tranquillo” ma non lo fece. Una forza irresistibile lo portò dietro il bancone dove troneggiavano alcune cassette restituite, l’occhio cadde su Tre cagne il calore. La delusione calò sulla sua faccia, e non sapeva il perché. “C’è stato quel ragazzino della Crai?”
“Già, ti cercava”
Michele scrutò il collega sorpreso: “Mi cercava?”
“Beh mettila così, è rimasto molto deluso di trovare me e non trovare te. Gli volevo consigliare il reparto gay, invece ha preso Le assatanate del Bounty. Un classico”
Michele fece una faccia strana e poi un sospiro, come di gratitudine. Il ragazzo voleva rivederlo, e sarebbe tornato. “Diego si chiama Diego” disse ad alta voce.
Aziz lo scrutò come si guarda un pazzarello: “Diego? Buon per lui” poi alzò la voce: “Michele che ci fai qui? Torna a casa! Goditeli quei due giorni a settimana che hai. Non pensare sempre al lavoro” lo spinse fuori affettuosamente e Michele sorrise rivolto all’immaginaria volta celeste in alto. Il cielo era sereno e ancora non vi era traccia di notte, eppure in quel momento, a lui sembrò di poterle vedere le stelle, contarle ad una ad una. Sentendosi strano, quasi pazzo, tornò nel suo appartamento quasi correndo. Non prese nessun mezzo, e di autobus che potevano accompagnarlo tranquillamente a casa ne passarono accanto a lui. Si fece sei chilometri a piedi canticchiando Bocca di rosa e sorridendo agli uccelli della sera.

Diego era triste. Aveva fantasticato così tanto sul suo ritorno all’Havana negli ultimi tre giorni da essere divenuto quasi surreale. Ma era stato invece molto reale trovarci dietro il bancone un uomo diverso, molto diverso, da Michele. Da colui che gli aveva tolto il sonno e donato qualche speranza. Che poi quale speranza? Continuava a chiedersi torturandosi l’unghia del mignolo. Doveva andare a prendere Tatiana. Niente pianobar, niente concerto, che poi si fa tardi, si era raccomandato agli amici. E lui la mattina dopo doveva lavorare. Così sapeva solo che sarebbero stati lui e Tatiana, magari per una passeggiata romantica. Gli scappò una faccia disgustata. La sua vita gli faceva schifo e mai come quel giorno sentiva il peso della sua maschera, della sua normalità, quella alla quale si aggrappava sempre quando l’altro Diego, quello oscuro che tentava di eliminare, prendeva il sopravvento. Ma il giorno il suo progetto era sfumato. Michele non c’era e lui era uscito da quella videoteca con la coda tra le gambe e un altro pornazzo che non vedrò pensò silenzioso guardando la pareti di fronte a lui. Magari avrebbe avuto più fortuna, si disse, ci sarebbe andato lunedì, sarebbe andato a restituire il film e ci sarebbe stato anche Michele. E forse avrebbe risolto qualcosa. Accese il computer per distrarsi. Attese i canonici cinque minuti che si accendesse e poi andò su internet. Scoprì che Nico gli aveva scritto. “Domenica sono a Torino, ci vediamo?” Domandava. Rispose che lo avrebbe chiamato il giorno prima per darsi un appuntamento compatibile con il lavoro, e con Tatiana. Ma non aveva ancora rinunciato di raccapezzarci qualcosa con il commesso del porno shop. Se non altro il suo capotreno sapeva cosa gli piaceva, ogni tanto glielo faceva pure. All’idea sbiancò. Non voleva vedere Nico, questa era la verità, non era avanzare di un passo verso il precipizio ma gettarsi nel precipizio, solo che alla fine del precipizio c’è un altro precipizio. Diego iniziò a sudare freddo. Forse avrebbe dovuto valutare meglio prima di rispondere. Aveva davvero voglia di scopare con il suo amante omosessuale? Ripensò a come era iniziato tutto mesi prima. Di come si erano trovati in un sito d’incontri e come si erano subito piaciuti. Certo Nico non era uno che si fermava. In tutti i sensi. E per Diego era l’ideale. Maschio latino all’apparenza sicuro di sé, invece nel suo paese lo consideravano un latin lover, o qualcosa del genere. Trenta anni, moro, con una sfilata di denti bianchi perfetti e il sorriso malandrino. Piaceva molto e Diego notava che quando camminavano fianco a fianco per pochi metri prima di raggiungere quello o quell’altro hotel, le ragazze guardavano Nico, non lui. Era pure alto, abbastanza alto. Sospirò frustrato. Nico non lo eccitava più. Non c’era niente da fare. E tutto per colpa di un incontro casuale in un sexy shop. Non ci guadagnerò niente, si disse Diego. Rammentò a se stesso che ormai ce l’aveva quella vita, anche se gli faceva schifo. La fidanzata per far contenti i suoi, l’amante per far contento il suo culo. Che gli serviva cercare altri diversivi? Doveva per forza incasinare un equilibrio così perfetto? Non sarei un perfetto masochista se non mi volessi così male da distruggere quello che mi fa stare bene. Si rallegrò di avere ancora appetito. Gli erano arrivati gli odorini del pollo arrosto con patate di sua nonna. Sbirciò sullo schermo le foto di modelli mezzi nudi sperando di trovare qualcuno che gli ricordasse Michele, ma desisté. Erano tutti biondi o mori, glabri, muscolosi e banali.
“La cena è pronta!” Sentì gridare dall’altra parte. Ora poteva pure riporre tutti i pensieri, belli e brutti, per riempire lo stomaco.

3 commenti:

  1. Due personaggi apparentemente diversi eppure sottilmente uguali. Diego nascosto dietro a una fidanzata di facciata, per non dover affrontare i suoi demoni e il mondo. Michele che si affida alle cure di una "graziosa" pur di non affrontare l'impegno che comporta la costruzione di un rapporto.Le tendenze diverse non possono che attrarli l'uno verso l'altro. Le basi per una storia complicata e piccante ci sono tutte. E noi stiamo già trepidando...

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  2. Non posso che essere d'accordo con annina. Diego e Michele nascondono un lato segreto dietro una facciata di normalità, ma il loro incontro ha scatenato una reazione che porterà tutto a galla. Bisogna vedere come reagiranno a questa attrazione reciproca. Io credo che Michele avrà più difficoltà a gestire i propri sentimenti nei riguardi del biondino della Crai, come lo chiama sempre lui.

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