domenica 16 dicembre 2012

2 Pianeti quarta parte (1)



Titolo: 2Pianeti
Sottotitoli: vari, saranno specificati via via
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo  
Rating: PG, slash,

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare qualcosa!
WARNING: Rigorosamente NC 17 per scene di sesso esplicite

Diego impegnato su 2 fronti (1)





Diego si risveglia con una bella sensazione che lo avvolge, si stiracchia un po’ e apre gli occhi assonnati trovandosi davanti quelli spalancati di Michele, che lo sta accarezzando già da un po’ e all’improvviso lo acchiappa fra le gambe, guardandolo con intenzione. “Mmm, vedo che sei pronto per me!” mentre la sua mano si muove su e giù sul sesso di Diego, già teso.
“Cazzo Michi, mi rubi la parte?” e si china a morderlo sulla pancia, sul petto, sale al collo leccando e baciando, cercandogli il membro, trovandolo, accarezzarlo. Poi si libera dalla mano del compagno e repentinamente, si corica al contrario. Appoggiandosi sul fianco gira Michele verso di sé, il sesso già puntato che la sua bocca prontamente accoglie.
Michele si appresta volentieri ad imitare il compagno prendendolo, baciandolo e, infine, succhiandolo a sua volta. Il piacere li travolge nello stesso momento stavolta.
“Non saremo una coppia di maniaci? Quando siamo vicini non riusciamo a non fare l’amore” Michele ride guardando Diego col ciuffo scomposto e l’espressione spiritata; anche Diego scoppia a ridere. “Forse lo siamo. E penso che sia una bella fortuna no?”
“È ora di ripartire Diego mio. Avremmo bisogno di una bella doccia però”.
“Oh, basta scendere dal camion, senti come viene!” Diego si china su Michele e comincia a fargli il solletico “invece dovremo rimanere con l’odore del sesso addosso per tutto il resto del viaggio” mentre Michele cerca di tenergli ferme le mani ridendo sguainato.
“Volendo ci sono le docce in questo autogrill, ma non abbiamo le ciabatte nemmeno… no, lasciamo stare, preferisco l’odore del sesso”.
Cercano di rimediare un po’ ai danni con le salviettine di mamma Salvemini, e dopo cappuccino e brioche all’autogrill, l’ortica li riporta in viaggio.
Dopo tre ore prendono lo svincolo di Piacenza Sud e imboccano l’autostrada per Torino.
“In un paio d’ore ci siamo. Tu Diego fai il bravo adesso e dimmi, vuoi venire con me fino a Lione, o ti fermi a casa tua? Fai come vuoi, se stai con me mi fai piacere, se vuoi fermarti va bene, ti raggiungo a casa tua appena posso, domani”.
Diego fa un sospiro prima di annunciare: “Mi fermo a casa Michi, devo fare un paio di cose, ma promettimi che vieni da me prima possibile”.
“Te lo prometto, nemmeno io so più stare lontano da te”. Michele gli spettina i capelli e poi torna a guardare la strada.
Torino appare fulgida e fredda in una maniera che Diego non ricordava. Non riesce nemmeno ad odiarla troppo in fondo, quando pensa a casa sua, quando si dice che è una fortuna che ai diciotto anni, i suoi ‘amati’ genitori lo abbiano portato di fronte a quel notaio e gli abbiano regalato quell’appartamento di valore. L’attico al centro è di famiglia, appartenne al suo bisnonno che a sua volta lo comprò, pare, da un principe. Diego ci si è affezionato perché ha significato per la prima volta vivere in una casa vera, dopo dieci anni di collegi, perché è lì che ha cominciato quella che poteva chiamarsi vita, la sua vita. Si è ripromesso che la prossima volta che vedrà Michele, glielo confiderà. Gli dirà alcuni dettagli sul suo passato e così saranno davvero una cosa sola. Ora però crede che sia proprio giunto il momento di agire, di gettare le basi per un futuro vero, di togliersi quella maschera da bambino deluso e ferito, per diventare uomo. Lavorerò, studierò, imparerò a dare il giusto valore alle cose, al denaro. Ma sono troppo felice di avere quell’appartamento, lo pensa anche mentre, dopo un ultimo bacio a Michele, scende dal tir in tutta fretta, la borsa in spalla e le spalle ricurve a coprirsi, dalle folatine di vento gelido.
Appena due giorni dopo Michele ripassa per Torino. Parcheggiato un po’ fuori, si fa spiegare al telefono da Diego come arrivare, ma questi insiste per andarlo a prendere e dopo nemmeno venti minuti, Michele si vede raggiungere da una Smart bianca a strisce rosse. Subito il barese resta impressionato dal cambiamento: il suo ragazzo ha tagliato via il ciuffo, adottando un look decisamente meno appariscente. Diego parcheggia senza spegnere; scende sbattendo la portiera e salta addosso a Michele come se non lo vedesse da mesi. “Ti amo” sussurra alla sua bocca, e poi: “Sei qui, sei qui, sei qui!” lo bacia sulle labbra, fregandosene dei passanti, a dire il vero pochi. Michele fa fatica a mantenersi in equilibrio, in bilico per il peso improvviso da sostenere, e per la gioia che lo assale. “Diego non diamo spettacolo!” lo fa scendere e, una volta appurato che non ci sono passati, gli sussurra: “Ti amo anche io... ma hai tagliato...”
“Sì, l’ho tagliato... sì cazzo, mi sembravo un cretino alla mia età! Che ne dici?” si tocca la fronte, laddove non c’è più la sfilza di capelli davanti all’occhio destro. Michele gliela bacia. “Stai benissimo”. Diego ovviamente non specifica che se l’è tagliato per darsi un tono, per essere più presentabile durante l’appuntamento con quel principino del foto che, non solo si sta occupando di vendere la sua bella casa in centro, del valore di ottocento mila euro, pensa tra sé tutto soddisfatto, ma anche di seguire le manovre dell’asta giudiziaria per vari mancati pagamenti ai danni dell’ormai ex proprietario del Verde Luna. Diego sa che nessuno della famiglia Salvemini vuole che quell’Hotel finisca di nuovo nelle mani dello zio cattivo. Perché non è che l’abbia proprio detto Michele, ma forse questo zio è così cattivo che manderà via il suo povero papà, che così si ritroverà a cinquantasette anni senza lavoro. E senza speranza di trovarne un altro. Tra tutti quei pensieri, Diego annuncia di aver passato la mattina tra i mercatini, che ha già imbastito una cenetta per Michele e tutto felice lo invita a salire nella city car.
Una volta nell’appartamento, Michele si guarda intorno stupido e ammaliato. Sì, che Diego aveva i soldi è cosa nota, che vivesse in uno di quegli attici che ha visto solo nei film, no. Il suo senso estetico si bea di fronte alle bellezze spianate ai suoi occhi. Dagli ampi finestroni, agli affreschi stile belle epoque, al soffitto, i mobili d’epoca, il caminetto monumentale dove scoppietta un bel fuoco vivace. Ai suoi piedi il tappeto ricoperto da tanti cuscini. È tutto ordinato quasi maniacale, stonano solo le bottiglie di birra lasciate qui e là e i mozziconi di sigaretta sul posacenere. Troppi per essere solo quelli di Diego. “Scusa, ieri sera ci sono stati quelli del gruppo. Sai, forse torno a fare qualcosa con loro. Zen e Arsenico hanno tanto insisto”
“Mi fa piacere che vi siate chiariti” Michele viene accolto nella cucina minimale. Il tavolo imbandito però non è quello della sala da pranzo. “Vieni, sta già tutto a tavola” Diego lo invita a seguirlo lungo una scala che porta al piano di sopra. Qui si trovano altre tre stanze e l’ampio patio, che corrisponde alla sala da pranzo. Il patio è chiuso da vetrate, ovviamente realizzate in un secondo tempo. Da qui si può scorgere il resto del terrazzo e oltre quello, la bella Torino ai loro piedi. “Hai appetito? Spero di sì, credo di non essermi regolato con le porzioni” Diego inizia a scoprire le varie posate.
“Cazzo Diego, è tutto bellissimo, ma tu sai fare tutte queste cose? Cioè questa tavola sembra uscita da una rivista!” Michele è davvero genuinamente stupito.
“Siediti, così mi dici pure se so cucinare” Michele annuisce e dopo essersi augurati buon appetito, iniziano. L’antipasto: salmone, noci, rucola e feta greca sbalordisce l’ospite positivamente. “Buonissimo!”
“La feta è un omaggio alla tua terra indiretto. Per via dell’invasione ellenica”
“Ah, ma bravo, abbiamo studiato”
“Lo sapevo già, bastardo” Diego fa un sorrisetto alla Shining e poi scappa in cucina per poi ritornare con una casseruola con il primo.
Dopo cena, nonostante la temperatura, Diego gli mostra il terrazzo. I capelli di Michele, malgrado protetti da una fascetta, sembrano volerlo sbattere a terra, creando sul capo l’effetto velo da suora che fa ridere Diego. Ma quando smette di ridere, lo attacca al parapetto ed inizia a baciarlo. Sa di birra, di nocino e d’amore Michele. “Due giorni senza fare l’amore con te e sto già in astinenza”
“A me lo dici? Non riuscivo nemmeno a voltarmi dietro la cuccetta che mi venivano in mente le cose che ci abbiamo fatto”
“E ti veniva duro così?” Chiede Diego con la voce affannata mentre, con la mano a conchiglia, circonda il sesso del compare, ancora impacchettato. Lo fissa mentre inizia a lasciarsi scivolare. “Attento Diego, se stai per fare quello che penso, ti ricordo che sono due giorni di astinenza. Durerò molto meno di un’imprecazione in polacco” lo sente ridere. “Capito?” Diego annuisce ma si è già accucciato, ha alzato il maglioncino di Michele e lo sta baciando sopra la camicia. “Sai di buono”
“Ne dubito. È vero che prima di sconfinare ho fatto un pit-stop con doccia. In Francia hanno certi autogrill che sono meglio di certi bagni turchi...” il chiacchiericcio è bruscamente interrotto. La bocca di Diego si è impossessata del suo sesso. Basta parole...
Se l’antipasto si compie in terrazzo, il resto del ‘banchetto amoroso’ prosegue sul tappeto di fronte al caminetto, per poi concludersi sotto la doccia, e tra risate e scherzi vari, lo fanno in piedi, sotto il getto che s’infrange sui corpi nudi.
Alle due di notte passate, nel letto di Diego, abbracciati sotto il piumone, Michele finge di lamentarsi: “Cazzo... io devo farmi milleduecento chilometri domani! Mi hai ridotto uno straccio” ma intanto lo tiene stretto da dietro, baciandogli la nuca.
“E mi penserai sempre? Chilometro dopo chilometro? Piazzola di sosta dopo piazzola di sosta?”
“Casello dopo casello” con quella cantilena riescono in fine a prendere un po’ di sonno.
Michele è di nuovo sull’ortica, ritemprato dalla notte d’amore con Diego, dal fatto di averlo trovato così tranquillo e motivato, davvero di umore splendido. Dai progetti di fare volontariato, alternati alla recuperata voglia di suonare, cantare, comporre. Sa che la ritrovata vena artistica è merito suo, e se ne compiace.
È tardi, ed è di nuovo nei pressi di Bari e, tra uno sbadiglio e l’altro, abbandona il tir tra gli altri bestioni e torna nella sua utilitaria, alla sua casetta così anonima in confronto all’appartamento di Diego. Ma è di un letto di cui ha bisogno, e stanco com’è dormirebbe pure il un tugurio vero.
La mattina lo sveglia sua madre, la quale, nonostante la sua presenza, ha già aperto tutte le finestre di casa. “Ciao mamma, come va?” chiede Michele entrando scalzo in cucina, dove lei ha già versato il caffè nella tazzina e tagliato una fetta di torta sfornata da poco “tu non lo bevi il caffè?” notando che c’è una sola tazza.
“No Miche’, l’ho appena bevuto con tuo padre, sai ora che l’hotel è chiuso sta a casa, gli ho fatto compagnia” e col grembiule si asciuga una lacrima, girandosi in fretta verso il lavandino per non farsi vedere. Troppo tardi però, Michele la vede e bestemmiando sottovoce le si avvicina e la abbraccia. “Dai ma’ non fare così, qualcosa succederà vedrai. Io lavoro sodo e vi do una mano, per un po’ andremo avanti. Non piangere mamma, non lo sopporto” e stringendola butta fuori un’altra bestemmia.
“Michele! Lo sai che non voglio che si bestemmi in casa mia!”.
“Tecnicamente questa sarebbe casa mia…” Santina lo guarda male, “dai mamma, scherzo, si chiama sdrammatizzare. Come sta papà? Volevo anche parlargli stamattina, oggi ho un viaggio corto, parto a mezzogiorno”.
“Come vuoi che stia pover’uomo, abituato com’è a lavorare, ora si ritrova ad aver perso anche quello oltre al suo hotel, e se penso che la colpa è mia…” Santina torna a singhiozzare “se non mi fossi fidata… ma è mio fratello, come potevo pensare che tenevo una serpe in casa?”.
“Infatti mamma non è colpa tua né di papà, lascia stare. Ora vado su comunque, gli voglio assolutamente parlare di tutto”.
La mamma gli fa una carezza, raccoglie la sacca con i suoi vestiti da lavare, e si avvia verso la porta, poi si gira a guardarlo appoggiato al tavolo che sbocconcella la torta. “Gli parlerai di Diego anche? Come sta poverino, non te l’ho nemmeno chiesto, guarda che testa, che non ho pensato ad altro in questi giorni” posa la sacca e torna davanti a Michele “fai bene a parlargli; lo sa naturalmente, ne abbiamo discusso tra noi ma devi essere tu a spiegargli. Comunque l’importante è saperti felice, per noi nient’altro conta” e dopo avergli dato un bacio sulla fronte riprende i vestiti e se ne va. “Chiudi le finestre prima di salire!” urla dalla porta, sbattendola poi alle sue spalle.
“Cazzo che freddo, sempre tutte aperte le lascia” e Michele si precipita a chiuderle. Nel frattempo suona il telefono. Dove diavolo è il cordless porca… ah eccolo!  Lo estrae da sotto il cuscino del divano dove l’ha lasciato la sera prima quando, appena entrato in casa, ha chiamato Diego, il bisogno di sentirlo ancora più forte della stanchezza e del sonno.
“Pronto”.
“Ciao Michi, ti ho svegliato? Spero di no, sarei imperdonabile” Michele, contento di sentire la voce del compagno, si lascia cadere sul divano mettendosi comodo.
“No, ho anche già fatto colazione, sei in ritardo Diego, mi stai già trascurando”.
“No amore, è solo che non volevo disturbarti, tu hai bisogno di dormire tranquillo per rimetterti in forze. Non voglio che l’ortica si prenda la tua salute; ormai mi hai contagiato, se ti penso solo in autostrada ho paura che… ma niente dai. Volevo dirti che ti amo e che mi manchi, ecco”.
Michele sente la preoccupazione nella voce di Diego: “Sei strano! Lo sai che oggi parto tardi, te l’ho detto. Mi manchi anche tu, questa casa è un mortorio senza di te! Perfino Ulisse è mogio! Tu cosa fai di bello oggi?”.
“Mi hanno chiamato i ragazzi, andiamo a provare e vediamo cosa esce. Ci sentiamo stasera allora, quando torni. Mi raccomando stai attento, che non ci sono io a farti da navigatore!”.
“E non ci sei nemmeno tu a farmi certi attentati” incalza Michele con il sorriso che gli addolcisce i connotati. Lo sente sghignazzare ma non scherza sull’argomento e questo lo insospettisce, non è da lui però!
Chiusa la comunicazione Michele si alza e si veste, sale a casa dei suoi e prima di aprire la porta, respira profondamente per prepararsi al colloquio con il padre.
Appena entra lo vede davanti alla televisione: strano, nessuno di loro è particolarmente attratto dalla tv, tranne la mamma che si guarda le sue fiction.
Va a sedersi sulla poltrona affianco a lui e presta un occhio distratto al Tg, dove passano le immagini di un incidente stradale: tir ribaltato in Autosole. Ecco spiegata l’ansia di Diego, deve aver visto anche lui il Tg. Devo richiamarlo poi. Il padre si gira a guardarlo, anche lui con espressione preoccupata: “Michele, che mestiere ti sei scelto” scrolla la testa.
“Dai papà, tutti i mestieri sono pericolosi, e poi lo sai che io sono un maniaco della prudenza, puoi stare tranquillo. Senti, hai qualche minuto per me? Vorrei parlarti”.
“Certo, ho sempre tempo per i miei figli, lo sai. Ci facciamo fare un caffè dalla mamma, va bene? Intanto dimmi Miche’”. Questi gioca con le proprie dita, si aggiusta il colletto della maglia. È arrivato il momento ma Michele si trova impreparato, come si fa un figlio maschio a spiegare al proprio padre che ci si è innamorati di un uomo? Un ragazzo meraviglioso ma pur sempre un uomo, e qui non siamo in Svezia, siamo al sud di un paese bigotto. Non che suo padre sia ottuso, anzi, ma come si fa? Calma Michele, stai perdendo la testa, calma e prendi in mano la situazione. Ci vorrebbe una camomilla, altro che caffè…
“Papà… non è facile per me spiegarti… ecco, io spero che quello che mi è successo non aggiunga altre angustie a quelle che hai già, ma… la mamma ti ha già detto vero?” Michele, che di solito è fornito di una parlantina sciolta, proprio non riesce ad articolare un discorso, ed è grato alla madre che arriva proprio in quel momento con il caffè.
“Ti siedi con noi ma’?” chiede speranzoso, ma la madre ribatte che è meglio se parlano un po’ tra soli uomini, e se ne torna in cucina a spignattare rumorosamente.
Certo, tra soli uomini. “Bene pa’, allora il discorso è che io ho conosciuto questa ragazzo, ehm... è Diego naturalmente e ci vogliamo bene, ecco, e io lo so che non sarà una vita facile per noi due, ma soprattutto temo che non sarà facile per te accettare questa cosa. Io so che molti non riescono a capirlo, ma penso che l’amore è amore, che sia tra uomini e donne o tra uomini o tra donne… non dovrebbe essere un problema, no? Anche tu mi hai sempre insegnato che dobbiamo sempre seguire le nostre idee, i nostri ideali, il nostro cuore, sempre stando attenti a non fare del male agli altri. Ecco, noi non facciamo nulla di male, ci amiamo e basta. Però vorrei che anche tu lo accettassi questo, perché le ultime persone al mondo a cui vorrei fare del male siete tu e la mamma”.
Michele alza gli occhi a guardare il padre, li ha tenuti abbassati per tutto il tempo del monologo, e vede che ha gli occhi colmi di lacrime.
“No papà ti prego, non fare così, io…”
Ma lui lo interrompe: “Ascolta Michele, non ti dico che tutto questo mi faccia piacere, non sono ipocrita, ma ne ho già parlato anche con la mamma, e capisco e ti sono vicino, e ti so’ vicino perché ti voglio bene e comunque sono contento se tu sei felice così. Dammi un po’ di tempo, alla mia età certe cose vanno elaborate di più. Io e tua madre siamo di un’altra generazione, quella dove gli omosessuali erano quelli come Tognazzi nel Vizietto, hai presente, no? Ma non vuol dire che siamo imbecilli. Ma di imbecilli in giro ce ne sono ancora molti. Non basta che siano i tuoi genitori a capirti; la gente vi attaccherà continuamente, questo paese non è pronto per voi, e questo mi addolora, ma ti assicuro comunque che mi avrai al tuo fianco qualunque cosa accada”.
Commosso, Michele abbraccia il padre con trasporto. Sapeva che avrebbe capito, si era preoccupato per niente, sono sempre stati dei genitori in gamba; certo questo però era difficile anche per loro, eppure eccoli ad assicurargli tutta la solidarietà e tutto l’amore possibile.
“Però Michele è un’altra la cosa che mi preoccupa a dirti la verità; tu e quel ragazzo, Diego, siete molto, troppo diversi. Venite da culture differenti, da città molto diverse e soprattutto l’ambiente è diverso. Tu Miche’ sei abituato a sudarti la vita, anche quando l’hotel era nostro, tu studiavi e lavoravi, siamo gente abituata a tirarci su le maniche. Diego invece da quel che ho capito non ha mai fatto niente in vita sua. E si vede! Abituato a risolvere con i soldi tutti i problemi, riuscirà a sopportare di vivere una vita come la nostra, come la tua?”.
Michele sente il padre dire le stesse cose che lui pensa, quelle di cui ha paura lui stesso, ma non vuole sentirle, non oggi. Nel frattempo arriva anche Santina che si siede sul divano accanto al marito.
Michele si alza e misura a lunghi passi la stanza. “Lo so che siamo diversi e sono tutte cose che mi sono detto e ripetuto centinaia di volte, ma vorrei prendere un po’ la vita come viene, ecco; noi stiamo insieme, so che lui mi vuole un bene dell’anima, e anche se non mi ha ancora raccontato la sua vita per intero, ho capito che più che i soldi i suoi non gli hanno dato, non è stato fortunato come me che anche se non ho i suoi quattrini ho la mia indipendenza, ma sopratutto ho voi a sostenermi nelle difficoltà. Quello che voglio dargli è un po’ di quel bene che non ha avuto ma che ho avuto io in abbondanza”.
Santina si alza e lo stringe a sé. “Non preoccuparti Miche’, per noi è un altro figlio te l’ho già detto, se non ha avuto una famiglia, qui da noi la troverà. Ti amo figlio mio. Ora forza che è ora di andare, non voglio che tu corra troppo con quel Tit” e scappando di volata in cucina ne torna con la solita borsa di vettovaglie: “Poi stasera ti fermi a cena qui?”
“No ma’, non tornerò prima delle undici, non preoccuparti, ci vediamo domattina” e volgendosi al padre in piedi vicino a lui, gli fa: “Grazie papà, sapevo di poter contare sul tuo sostegno” un bell’abbraccio, e Michele parte a prendere l’ortica.
Il viaggio è breve ma comunque sono sempre lunghe undici tra autostrada e provinciali. A mezzanotte meno venti è di nuovo a casa. Non cena, ha mangiato un panino per strada, non ha fame, ormai è tardi.
Dopo la doccia, agguanta il telefono e s’infila subito sotto al piumone. La mancanza di Diego si fa sentire, è quasi un dolore fisico. Allora prende il cordless schiacciando i tasti con frenesia. Diego risponde al primo squillo: “Ciao Michi, sei arrivato ora? Sarai stanchissimo”.
Michele sorride: “Sono stanchissimo, ma vorrei che tu fossi qui con me, per stancarmi ancora un po’. Com’è andata oggi? Avete provato?”.
“Sì è andata bene, abbiamo provato anche un paio di miei pezzi nuovi, appena saranno perfezionati te li farò sentire, è anche merito tuo, anzi soprattutto tuo se sono riuscito a scriverli” s’interrompe un attimo e a Michele arriva il suono del suo respiro: “Amore, io ho freddo senza te, non so più dormire da solo cazzo... non so come mettermi nel letto, sono troppo solo. Ho voglia di te Michi”.
Michele si sente rimescolare dentro, un brivido lo attraversa, vorrebbe saltare sulla sua macchina e correre a Torino, ma non può: “Diego, non sai che voglia ho io di te; ho nella testa un tarlo continuo, ho voglia di sentire la tua bocca su di me, le tue mani che mi accarezzano, è così bello quando ti sento addosso…”
“Michele, quando arrivi? Ti hanno dato un viaggio che ti porti qui? Altrimenti io prendo e parto, anche in autostop, dimmi dove ti trovo, io arrivo. Anch’io ho voglia di sentirti addosso, di sentirti dentro Michi, non ne posso più” ancora la voce grossa, i sospiri. La mente di Michele si annebbia, i pensieri si fanno lascivi. “Faresti una cosa per me Diego?” lo domanda con la voce a metà strada tra l’educato e il perverso. Ma a Diego arriva soprattutto il perverso... “Tutto amore, lo sai! È una domanda retorica?”
“No! È una domanda Diego, solo una domanda” poi prende un po’ di fiato (e di coraggio) e fa: “Diego toccati. Adesso, fallo per me, toccati, accarezzati, fai come se fossero le mie mani ad accarezzarti, come se fossi lì…” Michele pensando a Diego che si dà piacere, comincia a masturbarsi a sua volta.
“Michi, sì va bene lo sto facendo, lo sto facendo... ma anche tu... lo stai facendo anche tu? Ti prego prenditelo in mano e pensa che sia io a fartelo, pensa che è la mia bocca a fartelo Michele”.
I sospiri reciproci li eccitano sempre di più. E le richieste di Michele si fanno sempre più specifiche, più oscene. Diego dice di sì a tutto. Per lui assecondarlo è persino meglio dell’atto di per sé. In un concerto di gemiti, raggiungono il piacere pensandosi, amandosi anche così, anche con mille chilometri che li dividono.
“Michele ti amo tanto” adesso la voce di Diego è più rilassata “ti amo tanto, dimmi: è piaciuto anche a te quanto è piaciuto a me?”.
“Diego...” Michele cerca di riprendersi ma sta annaspando alla ricerca d’aria.  “... forse hai ragione tu quando dici che siamo pazzi, ma se questa è la follia me la tengo volentieri; mi è piaciuto tanto, e sento che ti amo ma non più di prima. Come prima mi correggo, di più è impossibile”
“Però più di ieri e meno di domani” sghignazza Diego prendendolo in giro. Ma poi si mette serio: “A proposito di domani, dove vai domani?”
“Domani ho un altro viaggio corto, poi ti dirò il prossimo dove andrò e ci metteremo d’accordo, devo vederti, devo per forza. Adesso dormiamo, immagina che ti sto stringendo fra le mie braccia e fai bei sogni Diegone”.
“Sognerò te Michi; sentimi anche tu fra le tue braccia, senti i miei bacini... buonanotte amore”.
“Buonanotte” Michele riattacca e sulle sue orecchie gli sembra di sentire come un concerto di usignoli. E forse sto impazzendo sul serio... pensa mentre si procura qualche fazzoletto strategicamente sul comodino.

Il giorno dopo a Torino nevica, nevica tantissimo, ma Diego deve uscire comunque: l’avvocato lo ha convocato per le dieci, e deve per forza andare, non mancherebbe per niente al mondo. Spera che ci siano buone notizie per le sue operazioni. Il momento è difficile, persino Diego si rende conto che non sarà semplice vendere la casa, ma ancora di più lo preoccupa l’asta del Verde Luna. Non se ne intende minimamente, ma capisce che il fratello di Santina è pronto a tutto per non lasciarsi scappare l’Hotel.
Appena fuori il portone, lo investono folate di vento fortissimo, mentre la neve gli turbina tutt’intorno. Dopo due passi è già congelato. Non può nemmeno prendere la macchina, perché non trova le catene, e in ogni caso, la neve è troppa e le strade non sono ancora pulite. Niente taxi, niente autobus, gli tocca andare a piedi, ma per sua fortuna lo studio non è lontano.
Diego cammina piegato in avanti, cercando di proteggersi dal freddo e dal vento; nonostante lo sciarpone e il cappello che gli lasciano scoperta solo la punta del naso, è già intirizzito e sta pensando che stava così bene in casa, davanti al camino. Ma poi pensa a Michele, pensa a come sarà felice quando i suoi riavranno l’hotel, pensa a Santina e dentro sente un bel tepore. A dire il vero, una punta di preoccupazione ce l’ha. Michele gli ha ribadito già diverse volte che non vuole che lui venda la sua casa per aiutarlo, ma che importa? Pensa. Si convincerà che lo sta facendo perché lo ama, e per aiutare la sua famiglia che l’ha accolto a braccia aperte. Come un figlio. E se sono come un figlio per loro, saranno tutti contenti della mia decisione!
Magari ci sarà da discutere un po’, è così etico quell’uomo, ma a lui Michele piace anche per questo, gli piace che sia così serio, impegnato e nonostante questo allegro e guascone quando è il momento. Ripensa anche a quello che hanno fatto ieri sera e sente una vampa di rossore salire al viso. Timido Diego! Ride sotto i baffi, considerando le cose che Michele gli ha detto e gli ha chiesto di fare. Bello, bellissimo... ci sono voluti anni, ma finalmente anch’io so cos’è l’amore, anche il piccolo Diego sa cosa vuol dire amare. Si toglie la sciarpa dalla bocca e scopre un sorriso bellissimo, unico di buon umore tra i passanti infreddoliti.
Finalmente entra nel palazzo antico che ospita lo studio dell’avv. Picolo, che a dispetto del nome è tra i più validi legali conosciuti nel paese.
L’impiegata lo fa accomodare subito nell’ufficio dove il legale lo aspetta: “Buongiorno signor Perrone, come sta?”. Nonostante la differenza d’età, lo tratta con ossequio. Diego sa che in realtà a metterlo in soggezione non è certo lui, questo piccoletto con gli anellini in faccia, ma tutti i soldi di mio padre!
“Tutto bene grazie” Diego è ingessato, non ama i convenevoli e non ama particolarmente nemmeno gli avvocati, ma se serve alla causa, ben venga anche questo, si dice.
“Allora, intanto le posso anticipare che ci sono un paio di persone interessate all’acquisto dell’immobile; ora vediamo come proseguiranno le trattative, ma credo che nel giro di poco avremo la risposta definitiva. Per quel che riguarda l’asta dell’hotel in Puglia, sono riuscito a muovere un po’ di pedine, insomma la fisseranno per la seconda settimana di marzo, non è stato facile ma conosco il giudice che se ne occupa; è un buon risultato. Ora voglio sapere: intende intestarsi questo hotel, Perrone? O lo vuoi intestare a qualcun altro? Alla vendita può andare il diretto interessato, o un delegato. Mi dica cosa vuole fare”.
Diego è contento di sapere che il suo sogno si sta realizzando, al punto che sente il cuore battergli letteralmente in gola: “Direi di intestare tutto ai miei amici, non so cosa sia meglio! Prima era del padre del mio compagno, ma potrei anche intestarlo direttamente a lui”.
Alla parola ‘compagno’ il legale alza appena un sopracciglio ma non commenta: “Bene, ha tempo per pensarci ancora un po’, poi dovremo preparare la delega, a meno che il suo… compagno non intenda partecipare direttamente all’asta”.
“No, lui non sa niente, e non deve saperlo fino alla fine, altrimenti sono sicuro che me lo impedirebbe. Facciamo a suo papà allora, ma sicuramente non parteciperà lui all’asta, ci vuole la delega. Lo chiamo io quando è il momento e gli spiego, ma il signor Salvemini Michele non lo deve sapere”.
Picolo si scurisce un po’ in volto, sa che non sono propriamente affari suoi, anche perché la commissione che gli aspetterà è di quelle interessanti, ma teme le eventuali ire di Perrone Senior: “Senta... si rende conto di cosa scatenerà questa tua decisione? Voglio dire, appena i suoi scopriranno che ha venduto l’attico…”
“Lo so avvocato ma la cosa mi lascia del tutto indifferente. Pensa che mi interessi il loro parere? Lei sa un po’ la mia storia no? Già ai tempi in cui mi difese per quella faccenda dell’extasy lei aveva capito la mia situazione che non è certo cambiata in questi anni, anzi se possibile è peggiorata, quindi non si preoccupi dei miei. Ho anche intenzione di rinunciare al vitalizio, o meglio di girarlo a qualcuno che ne ha più bisogno di me, le farò sapere anche questo”.
“Ma non si potrebbe tentare di appianare un po’ queste tensioni tra voi?”.
Diego, innervosito, scatta: “Tensioni? Ma quale tensione? Per esserci tensione dovrebbe esserci un rapporto e lei sa che non ci sono rapporti di nessun genere tra noi!”.
“Ma sono sicuro che con un po’ di disponibilità da parte sua si potrebbe arrivare…”.
“Mia? Disponibilità da parte mia ha detto? Ora va a vedere che è colpa mia se sono nato! Se la mia famiglia non mi ha mai voluto!” biascica con voce acuta. Sempre più collerico, continua: “Avvocato lei ha dei figli no? Due mi sembra. Ecco lei li tratta tutti e due allo stesso modo? Li ha seguiti da quando erano bambini? Ha giocato con loro? Li ha aiutati quando andavano a scuola?”
Incredulo di fronte a quella sorta di terzo grado, l’avvocato si tocca la fronte: “Ma sì certo che li ho seguiti e ho giocato con loro, sono i miei figli, certo nei limiti del mio lavoro, che mi tiene molto occupato, ma ho un buon rapporto con entrambi anche ora, che sono giovanotti, e hanno più o meno la sua età”.
“Ecco, ricorda l’ultima volta che li ha abbracciati, che ha dato loro un bacio?” Diego è pallido mentre parla animato.
L’avvocato ha capito dove vuole andare a parare il ragazzo, e si toglie gli occhiali per guardarlo bene in viso: “E lei? Quando è stata l’ultima volta che ha dato la possibilità ai suoi genitori di abbracciarla… ”
“Non c’è stata una prima volta e dunque non c’è stata nemmeno un’ultima volta. Mai, forse non mi hanno nemmeno mai toccato, nemmeno per una sberla che sarebbe già stato occuparsi di me. Ho passato più della metà della mia vita nei collegi migliori del mondo, ma sempre di collegi si trattava. Non mi chieda di recuperare relazioni inesistenti, e lasci che mi occupi dei miei nuovi rapporti. La chiamo la prossima settimana per la delega, arrivederci” e stretta la mano che gli viene tesa, Diego esce, seguito dallo sguardo interessato della giovane impiegata, che gli sorride invano.
Lasciato il palazzo, Diego, sempre sotto la neve che continua a cadere, si dirige al solito bar, dove ordina cappuccino e brioche al cioccolato. Seduto solo al tavolino, si gode la colazione con un principio di ansia pensando a Michele, a quando scoprirà quello che ha architettato. Ma mi vuole bene, capirà, sarà contento...
In quel momento l’occhio cade su un volantino che qualcuno deve aver dimenticato sul tavolino vicino. Un invito a partecipare a un corso di cucina tradizionale che partirà la settimana seguente. Preferisco la cucina etnica, ma da qualche parte bisogna pur cominciare; potrei diventare lo chef dell’Hotel di Michele… Diego guarda fuori dalla vetrina il turbinio dei fiocchi di neve, e si vede nella cucina dell’Hotel vestito di tutto punto, il mare al di là della vetrata, Michele che entra e gli passa le ordinazioni… magari ci scappa anche un bacio… Diego sogna ed è felice.

2 commenti:

  1. Bella bella bella. Questo capitolo è così intenso e sexy. Diego mi sembra maturato, ha raggiunto una certa consapevolezza di quello che vuole fare della propria vita e fa di tutto per raggiungere il suo scopo riuscendo anche a nascondere tutto a Michele, il che non è facile visto che il nostro pugliese ormai lo conosce e sa cosa si nasconde dietro le parole non dette le sue espressioni. Michele affronta finalmente i suoi demoni così come affronta il giudizio di suo padre. Aver avuto il suo consenso gli conferisce una nuova consapevolezza, quasi come se gli servisse la sua approvazione e quella della madre per portare la relazione con Diego ad un livello superiore. Ora si sentirà più forte e pronto ad affrontare il mondo che proprio come dice anche il genitore, non sempre li accetterà come ha fatto lui. Sono curiosa di vedere come reagirà Michi a tutta questa faccenda dell'hotel. Diego sta giocando con il fuoco questa volta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Già! E chi gioca con fuoco si scotta di solito, o fa la brace... XD

      Elimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting