mercoledì 26 settembre 2012

Il cassetto dei sorrisi, terzo capitolo



Titolo: Il cassetto dei sorrisi  
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: Romantico/Introspettivo  
Rating: NC 17
Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro. Il titolo prende spunto da Rainy Baby, di Diego Perrone





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Capitolo 3


La bolla dunque era rotta e tutto cambiò. Quella sera tornai tardissimo ma Elettra, complice l’ansiolitico che soleva prendere quando faceva tardi, dormiva profondamente. Io non ce la feci a chiudere occhio. Troppa adrenalina scorreva, troppa agitazione. L’indomani scoprii due sms di Diego. Il primo era un semplice “buona notte amore mio”. Il secondo diverso, tutto agitato, e diceva più o meno così: “Sono stato uno stupido, cancella quel messaggio! Penserai che sono pazzo... ti rivedrò?” sembrava isterico. Mi affrettai a rispondere: “Ci vediamo oggi a pranzo?” Ci demmo appuntamento dalle mie parti. Di sabato, Elettra ed io dormivamo fino a tardi, e non decidevamo cosa fare prima delle due del pomeriggio. La liquidai con una scusa, qualcosa su della roba in tintoria. Lei non domandava mai niente. Scoprii che questo aspetto distratto e fiducioso della mia ragazza, era la green card per il regno dei fedifraghi. Dopotutto Michele Salvemini, quel vecchio diavolo, quel bonaccione, come avrebbe potuto tradire una Odero così?
Arrivai al secondo appuntamento con Diego, la quarta volta che ci vedevamo in assoluto, camminando sulle nuvole. Lui portava un pantalone nero al ginocchio questa volta, e una magliettina bianca stilizzata. I capelli spettinati erano in parte coperti dal cappuccio del giubbino, la barba di due giorni, ma sembrava comunque un ragazzino del liceo, tanto da farmi sentire un pervertito stupra - ragazzini! Ora che avevamo scopato sembravamo più intimiditi che mai, in quel locale del centro. Dopo aver ciondolato da un piede all’altro  ordinammo un trancio di pizza e una birra e prendemmo posto nei tavoli all’aperto. Diego sembrava affamato. “Ho un appuntamento da queste parti, alle tre”
“Io devo tornare in ufficio” mandai giù un sorso di birra: “Perché mi hai mandato quello stupido messaggio?” chiesi asciugandomi il sudore nei jeans.
Lo vidi sgranare gli occhi che divennero più grandi del normale. Erano già belli grandi. “Perché sono uno stupido! E se lo leggeva la tua ragazza?”
“Non fa cose del genere. Però capisco che tu sia cauto. Sì, meglio essere cauti... ” cercai di sorridere ma la situazione era complicata e io mi sentivo un degenerato mentre guardavo intensamente l’anellino sul labbro inferiore, sognando che tornasse a sfregarmi il cazzo. Come se mi avesse letto nel pensiero arrossì e propose: “Lo rimando l’appuntamento se vuoi, e torniamo a casa mia” in mezzo secondo risposi: “ok”.
In macchina, la sua, una trappola mortale fine anni ottanta, scoprimmo di non riuscire a stare divisi. Ci baciavamo ad ogni semaforo, ne trovammo molti. Mani sui rispettivi pacchi. In pratica consumammo tutti i preliminari là dentro. E quando, sempre bacianti, entrammo nel suo appartamento, fummo costretti a staccarci perché c’era Mattia, uno degli inquilini. Imbarazzato per quello che aveva visto, si presentò in boxer e canottiera. Diego ed io ci chiudemmo nella sua stanza e non ne uscimmo fino alle sette di sera. Quello che poi, in seguito, divenne la norma, era strabiliante e nuovo per me. Scopare di pomeriggio, venire più di una volta, tanto che alla fine mi sentivo così spossato da scoprire che mi si era abbassata la vista. Allora deve esserci un fondo di verità quando da ragazzini, ti dicono di non farti troppe seghe sennò diventi cieco. Forse questa credenza è legata allo sperpero di sperma. Diego pensava fosse normale. Secondo lui era solo amarsi con tutti i crismi. E noi ci amammo con tutti i crismi. Alla faccia di Mattia dall’altra parte del muro, che ascoltava allibito il nostro traffico.
Nella mia fantasia, Diego ed io fummo rinominati gli amanti dei navigli. Un nomignolo che mi inventai durante un consiglio d’amministrazione noioso, come tutti gli altri del resto. E più il mio dolce e appassionato consulente telefonico diventava interessante, più apparivano evidenti le magagne della mia vita “reale”. Cominciai a capire quanto Elettra, dietro l’apparenza perfetta fosse ipocrita e meschina. Dietro i vestiti firmati, le borse Vuitton, i segni del benessere della mia casa erano ingannatori. I soldi nel mio conto in banca inutili. Cosa sono poi dopotutto i soldi, iniziai a pensare annoiato mentre iniziava la bella stagione, dietro la finestra del mio ufficio. I soldi servono a comprare le cose, il cibo. Si baratta soldi per amore, un amore apparente che non ti dà nessuno. Le commesse ti possono vendere le loro scarpe, il barista il prosecco, la consulente telefonica la miglior offerta telefonica, ma nessuno di loro mi dava la droga, quella dolce droga che trovavo solo dentro Diego. E paragonabile ad un cocainomane che batte la stazione alla ricerca del pusher, io mi trovavo ogni pomeriggio una scusa per andare a fottere il mio ragazzo. E quando per i reciproci impegni non riuscivamo ad arrivare ai Navigli, lo facevamo nella mia macchina, con tutti i rischi del caso. 
Due pazzi, due innamorati.
Con l’arrivare dell’estate arrivò la tortura della scelta di dove passare le vacanze. Fu in quella sera che scoppiai. Elettra aveva invitato i nostri amici a cena, ovviamente tutto comprato al sushi bar, e mentre io fingevo di interessarmi ai loro discorsi, ricevetti un sms di Diego che mi faceva sapere di tornare a Torino per il week-end. Ovviamente ero geloso. Geloso e possessivo. Mi irritai e siccome non potevo litigare con l’oggetto del mio amore, bisticciai con Elettra per una cavolata. Niente villaggio, ma nemmeno campeggio. In Hotel ci sono troppe ristrettezze.
“Insomma Michele, che cazzo vuoi?”
“E se tu vai con loro e io mi sparo due settimane dai miei?” ero esaltato. L’idea, folle ma fantastica, era di portarmi in Puglia Diego. I miei genitori conoscevamo poco Elettra e il fatto che vivessimo insieme senza essere sposati, la faceva apparire come una specie di concubinabarraputtana. Se mi fossi portato dietro Diego, avrebbero pensato che ero tornato single e ne avrebbero gioito, sicuro. Pensai che ad agosto mia sorella andava in Calabria dai suoi suoceri. Avrei potuto piazzarmi con Diego nel suo appartamento, vista mare.
Iniziai a sognare, a nutrirmi di sogni, e, in parallelo, il mio rapporto con Elettra a sfasciarsi.


2 commenti:

  1. Michele ormai è completamente assuefatto da quello che Diego gli dà che la vita di prima non solo gli sta stretta, ma gli risulta quasi insopportabile da portarlo a scoppiare. Stupendo quando lui pensa che niente o nessuno gli procura la droga che trova dentro Diego. Non vedo l'ora di vedere cosa succede quando se ne vanno in Puglia. Sono certa che Diego non si lascerà scappare l'occasione di stare due settimane da solo con il suo Michele. Bella, spero mi procurerai presto un'altra dose. Sono già in astinenza

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  2. Grandioso il paragone fra Diego e una droga bellissima che fa sembrare inutile tutto il resto... anche la tua fic è così... io e Ale siamo qui in astinenza ad aspettare! xD

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