domenica 23 settembre 2012

Il cassetto dei sorrisi, secondo capitolo


Titolo: Il cassetto dei sorrisi  
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: Romantico/Introspettivo/Nostalgico  
Rating: NC17
Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro. Il titolo prende spunto da Rainy Baby, di Diego Perrone




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Capitolo 2


Scrissi sul navigatore l’indirizzo di Diego quella sera. Sapevo solo, perché me lo aveva accennato, che si trovava sui Navigli, in un quartiere dal quale i tipi come me si tengono alla larga. Per esser sicuro che non sbagliassi mi aspettava per strada sotto il suo portone. Indossava una tuta grigia di quelle felpate che evidenziano il pacco, ma io cercai di guadarlo sempre in faccia. Gli diedi una confezione di pasticcini secchi e una bottiglia di prosecco. Ero digiuno e sobrio: con tutte le idee bislacche che mi suscitava quel ragazzo, ero più che mai deciso a tenermi lontano dall’alcol. Non mi fidavo di me stesso. Diego mi aiutò a parcheggiare dietro una fila di cassonetti, assicurandomi che i vigili da quelle parti passano di rado. Poi mi scortò nel palazzetto che affacciava sul fiume. L’androne era umido e io mi strinsi nella giacca di velluto. Sentivo freddo ma sudavo. Agitazione. La mansarda era al terzo piano, niente ascensore. Come potevo sapere, in quel momento, che entrare in quegli ottanta angusti metri quadri, sarebbe diventata una droga per me? Mi guardai intorno compiaciuto. Era il tipico appartamentino da studente universitario: puzzo di fumo e sudore, bottiglie di birra lasciate aperte, vestiti ammonticchiati, mozziconi di sigaretta disseminati ovunque. Diego si giustificò: “Sono un coglione. Ho detto in ufficio che non potevo fermarmi invece mi hanno convinto a stare per forza. O cucinavo o pulivo”
“Non fa niente” il realtà storsi il naso, quell’atmosfera incasinata, non so perché, contribuì ad aumentare la mia eccitazione. In una delle porte spiccava un foro nel mezzo; forse una pallonata, ipotizzai. Notai nel cesto porta-giornali, fare capolino dei vecchi numeri di Le ore. Mi agitai di fronte alla donna nuda in copertina. Diego si sbrigò a celare tutto sotto i rotocalchi tipo Panorama.
“C’è un buon odore” entrai nel cucinino minimale. Diego mise il grembiule per darsi un tono.
“Mi piace cucinare, di solito sperimento, ma non quando ho ospiti. Così mi sono affidato a quello che mi riesce meglio: tortellini al barolo e involtini di verza e crudo”
“Fame!” gemetti. Diego sorrise poi mi chiese di assaggiare un raviolo passandomi la forchetta. Per evitare l’imbarazzo di farmi imboccare, gesto a mio parere troppo intimo, gli sfilai la posata dalla mano e, nell’addentare il raviolo, mi scottai la lingua. “Attento Michele” ridacchiò prendendomi in giro. “Prendi dell’acqua”. Cinque minuti dopo mangiavano nel salone, su due tovagliette all’americana. Tra la polvere, i mozziconi di sigaretta e qualche fazzoletto di carta gettato in terra, che poteva essere benissimo intriso di sperma. Il primo era buonissimo e di involtini ne mangiai ben cinque. Non riuscii a tenermi lontano dal vino: “Pure i biscottini? Non dovevi...”. Iniziai a studiarlo di sottecchi, mentre entrava e usciva dalla cucina con fare convulso. Mi accorsi che c’era qualcosa di affettato in lui, di poco virile. Non al punto da poter essere definito effemminato, piuttosto femmineo, dolce. E anche misterioso. I misteri si snocciolarono un poco. Scoprii che non aveva ancora compiuto venticinque anni, ma era già laureato in lingue e che suonava la chitarra. Segno zodiacale cancro, una passione evidente per piercing e tatuaggi. Genitori divorziati, un fratello all’estero. All’apparenza asessuato. Mentre fumava assunse un’aria alla Wanda Osiris che mi divertì. Cazzeggiammo molto. Aveva un innato senso dell’umorismo, e mi ritrovai a ridere di ogni singola battuta, tanto che mi domandai se fossi ubriaco. Mi parlò dei suoi inquilini, del suo lavoro, che procedeva bene per fortuna. Gettammo un attimo un’occhiata nel cassetto dei sogni, seppi così che intendeva da sempre lavorare all’estero, come operatore turistico o in un’ambasciata, qualsiasi cosa che non fosse l’Italia. “Io non vedevo l’ora di scappare dal mio paese. Ma per far contenta mia madre ho studiato a Bari” spiegai. Eravamo seduti sul sofà a due posti, un divano così logoro che mi vennero in menti quelli della scientifica; se fossero entrati con le luci blu, quelle che si vedono nei film thriller, avrebbero trovato tanti di quei DNA diversi da rendere irrintracciabile un ipotetico assassino.
Smangiucchiammo i biscotti, ma il mio stomaco si era chiuso. Poi lo vidi attaccarsi alla bottiglia di prosecco e scolarlo come un camionista dell’est. Come quella volta sul terrazzino, mi diede l’impressione che stesse contando. Cautamente Diego si avvicinò a me.
A volte ripenso a quel momento come una seconda nascita, come se non fossi stato nell’appartamento sudicio di un consulente telefonico e dei suoi amici scostumati, ma in una stanza travaglio, e lui l’ostetrico.
Alzai lo sguardo e mi resi conto troppo tardi di quanto i nostri volti fossero vicini. Gli vidi le pupille allargarsi: “Sono così neri i tuoi occhi” mi disse prima di baciarmi. Il bicchiere che avevo in mano cadde senza rompersi, rotolò facendo un rumore pazzesco, ma rimanendo tutto intero. Pur travolto dalla sorpresa non mi azzardai a scostarmi dalla piccola bocca che mi baciava, anzi ricambiai e lo strinsi a me. Tra le mie braccia sembrava ancora più piccolo, persino più piccolo di Elettra. Secondo lei agli uomini non piace baciare, è una prerogativa delle donne, “agli uomini piace solo scopare” soleva dire. Forse perché ci baciavamo solo quando decideva lei, io avevo smesso da tempo di prendere l’iniziativa. Evidentemente Diego non faceva parte della categoria degli uomini contrari ai baci, perché limonammo per dieci minuti di seguito, cosicché fui sicuro che ci fossimo scambiati tutta la saliva che avevamo in bocca. Non riuscivo più a riconoscere la mia. Diego tremava un po’, ansimava. Poi sorrise.
“Bello”
“Bello” ripetei. Appoggiò la testa sulla mia spalla stringendomi a sé. Nessuno dei due sentì il bisogno di parlarne. Ogni attimo di quel che accadde prima e dopo resta impresso nella mia memoria.
Baciandoci ci spostammo nella stanza da letto. Qui c’era un altro divano con rete e un ipotetico materasso alto sette centimetri, una sottiletta, sul quale mi appoggiai. Mi chiese di alzarmi. “Cambiamo le lenzuola prima, ok?” Dall’armadio tirò fuori un lenzuolo verde acqua. Lo vidi rassettare con la rapidità di Mrs. Doubtfire. Poi mi spogliò. Man mano che le mani scoprivano la pelle, iniziai a rilassarmi. Era bellissimo il suo tocco, le sue carezze, le labbra che sostituivano i polpastrelli. A questo punto evito di entrare in dettagli morbosi per rispetto, non per pudore. Ma un accenno riguardo i dettagli tecnici della cosa, per me tutta nuova, è doveroso. Ovviamente scoprii che le cinque donne con cui avevo fatto sesso nella mia vita, non c’erano mai state in realtà. Elettra compresa, soprattutto lei. Diego era un’impensabile vulcano di passione. E la trasformazione che subiva, il divario che c’era tra il ragazzo dall’aspetto minaccioso ma timidino e introverso, e quello intensamente travolgente in cui si trasformava mentre amava, (mentre mi amava) era abissale, e ne restai folgorato.
Ci amammo per due ore usando le precauzioni e tutte le attenzioni di due innamorati. Quando venni piansi e lui mi leccò le lacrime fino all’ultima. Mi disse che mi amava da morire e che sarebbe morto per me, anche all’istante. Tutto conoscendomi da appena una quindicina di giorni e avendomi visto solo due volte prima di quella notte! Come nella più banale delle storie d’amore.
Nudi, a crogiolarci nel caldo liquido della passione, parlammo finalmente rilassati. Ora che ogni angolo dei nostri corpi era stato messo a nudo l’uno all’altro, potevamo sentirci liberi di spogliare pure le nostre anime. Rivelai che non ero stato mai con un uomo e che probabilmente prima di conoscerlo non mi ero mai posto il problema. Gli dissi pure che non sembrava gay, non era come quelli che conoscevo io, e lui sorrise domandandomi: “Nel mondo della moda sono tutte checche”
“Pensavo ci fosse più solidarietà tra minoranze”
“Come tra terroni?”
“Attento” lo minacciai fintamente arrabbiato. Così per farlo ridere, presi ad insultarlo in barese stretto. Ricominciò a baciarci. Nella sua saliva riconobbi tracce del mio DNA.
In quella prima volta con Diego fu tutta una questione di molecole, di chimica e di DNA.
Erano le due del mattino e l’unica cosa che sapevo è che non volevo uscire più da quella stanzetta. Dai baci di Diego. Dal suo odore. Dall’odore di sesso di cui era intriso l’ambiente circostante.
“La tua fidanzata si preoccuperà, penserà che hai avuto un’incidete” sputò la parola fidanzata con malcelata gelosia. Quanto l’amavo!
Ecco la successiva inquadratura del film della nostra prima notte d’amore. Diego nudo che stringe un pupazzetto, un coniglietto rosso in mano. Io vestito e con un broncio infinito. Lo salutai baciandolo con una passione così improbabile per uno della mia pasta, per il Michele che ero stato fino ad all’ora, da sorprendere persino me stesso. Agli occhi di Diego dovevo essere una specie di latin lover. Mi sovvenne che anche a letto non dovevo essere andato male, almeno basandomi sulle sue urla.
“Ti amo... scusa... ok?”
“Non fa niente... ti amo anch’io” gli dissi prima di tornare dalla mia ragazza.
Ad attendermi fuori la guazza, e una multa sotto il parabrezza. Ma il cuore era in fiamme e sarei potuto tornare a casa correndo, e non avrei avvertito la fatica.

6 commenti:

  1. Che dire... è in momenti come questo che vorrei sapermi esprimere con proprietà di linguaggio anche se mi verrebbe d scrivere solo hbdjfjrmkgfkldwwkkd per quanto amo questa fic... tutto, riga per riga, dialogo per dialogo, descrizione per descrizione...

    Così come Diego e Michele si sono espressi dopo il loro primo bacio, dirò anche io quel "bello" carico di significati. O "bellissimo", come l'anonimo sopra di me! :)

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  2. grazie tesoro.... a volte non servono tante parole *__*

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  3. Bellissimo. Il loro primo bacio così coinvolgente e dolce. In poche parole sei riuscita ad esprimere i loro sentimenti in quel momento. Ho adorato anche quel punto in cui Michele confessa che le poche donne che ha avuto prima di Diego è come se non fossero esistite perchè nessuno lo ha amato con la completezza e con la passione di lui. Diego si è donato completamente senza alcuna remora. Devo ammetter che mi sa strano Diego gay, nelle precedenti era sempre etero, ma mi piace, è dolce, non sterotipato e adorabile nella sua timidezza e nei suoi modi impacciati e quasi infantili. Attendo con ansia il prossimo capitolo. Bravissima

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  4. awwww grazie tesoro, che commmento fantastico. Gay o etero quando c'è la qualità non importa, e noi lo amiamo qualsiasi cosa sia perché è lui e basta.... *__*

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  5. Voglio il terzo capitolooooooooooooooo!!!!!!!

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