mercoledì 26 settembre 2012

Diventare grandi, terzo capitolo



Titolo: Diventare grandi
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini AU
Rating: NC17
Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro. 

*****





Dopo essersi riempito lo stomaco, Diego si unisce al gruppo raccolto intorno alla ragazza con la chitarra, la stessa moretta della sera precedente. Le dita sfiorano le corde creando una musica dolce e coinvolgente. Il ragazzo si guarda intorno. Alle pareti scrostate poster raffiguranti Jimmy Hendrix e striscioni con i simboli della pace, avevano sostituito gli orari delle lezioni e degli esami. Le aule che fino a pochi giorni prima raccoglievano folle di studenti sono piene di sacchi a pelo, coperte e altro utile per una lunga permanenza. Michele gli è di fronte, le gambe incrociate all’indiana, una canna tra le labbra e tra le mani un foglio. Quel ragazzo affascina Diego più di quanto vorrebbe. Abbarbicata a Michele la stessa ragazza che lo aveva baciato la sera precedente e non può fare a meno di chiedersi se stiano insieme. Senza che se ne renda conto li fissa, mentre la gelosia s’infiltra lentamente dentro di lui. In quel momento il ricci incontra il suo sguardo e Diego finge di guardare altrove, ma questi si alza e gli si avvicina allungandogli la mano.
“Vieni! Facciamo un giro!”
Diego gliela stringe con forza, la presa e salda e non la lasciano neanche quando sono entrambi in piedi.
Michele sorride, poi ritira la mano per solleticarsi la barba: “Ti faccio vedere la nostra tana!”
“Grande!” il giovane è eccitato, tutto gli sembra  bello e perfetto.
“Sei stanco?”
“Per niente” Diego scuote energico la testa, con tutta quell’adrenalina in corpo non riuscirebbe neanche a chiudere occhio.
“Bene, la notte è giovane, come te”
“Tra due mesi faccio diciotto anni!” replica piccato che lui lo consideri un ragazzino.
“Allora sei grande!” lo prende scherzosamente in giro. “Se fa irruzione la polizia cerca di svignartela”
Diego sgrana i suoi grandi occhi castani: “Polizia?”
“Già, quelli credono di risolvere tutto con la violenza, mentre noi vogliamo solo che siano rispettati i nostri diritti!”
“Ma che male facciamo a stare qui?”
“Sei così ingenuo” Michele gli sorride. “Vogliono controllarci, metterci a tacere. Vedi questo?” si alza il pantalone fino al ginocchio. Una lunga cicatrice ormai sbiadita fa capolino tra i peli.
“Cazzo!” si lascia sfuggire Diego sconvolto. “Ma… che figli di puttana!”
“Un manganello durante una marcia” continua lui riabbassando il pantalone a zampa.
Anche se non sa chi fosse, Diego sente odio per quell’agente e per tutti quelli come lui.
“Ma non sono loro, è il sistema. Ci vuole tutti pecore, omologati e senza volontà o idee”
“Io per questo sto qua!” confessa il ragazzo emozionato, le sue parole si imprimono a fuoco nella sua anima, fino a diventare parte di lui.
“Sono contento che sei venuto. Dai, continuiamo il giro!” e lo tira verso un’aula in fondo al corridoio.
È spaziosa, la cattedra posta su una pedana in modo che il docente sia sopraelevato rispetto agli allievi, un chiaro segno di superiorità. Alla lavagna delle formule matematiche che Diego neanche prova a capire, per lui la matematica è come una scienza occulta. Preferisce le lettere, la storia.
I banchi sono ancora al loro posto, segno che quell’aula non è stata ancora occupata.
“Non ci capisco niente” Diego si passa le dita nei capelli indisciplinati.
“Anche io agli inizi, ma sai mi piace disegnare, ideare progetti. Per questo ho scelto architettura” a Michele brillano gli occhi e Diego sente di avere qualcosa in comune con lui, la passione per le arti. Nel proprio caso si tratta della scrittura
“Me li fai vedere?” ma si pente immediatamente di essere stato così invadente “Scusa”
“Non sono interessanti” e lo guarda intensamente “Tu invece?”
“Io cosa?”
“Quel segno che hai lì?”
Diego abbassa la testa, lo sguardo fisso sul pavimento.
“Tuo padre ti ha picchiato e sei scappato di casa, vero?” la sua voce è calma, priva di alcuna recriminazione o giudizio.  
Non ottenendo un diniego da parte sua, Michele si rende conto di avere indovinato. Si avvicina e gli appoggia una mano sulla spalla. “Qui siamo tutti uguali, i genitori si sentono in diritto di comandare, sta a noi decidere se permetterlo o meno”
“Già, quel bastardo mi ha dato uno schiaffo, ma mi sono preso la soddisfazione di chiamarlo fascista perché quello che è” si scosta indietreggiando di un paio di passi. “Se torno mi ammazza” fa una risatina nervosa.
Michele lo scruta attratto dalla personalità di quel ragazzino così giovane, ma già così coraggioso da abbandonare tutto. È tutto quello che non era lui alla sua stessa età, troppo preso dagli studi e dalle sue passioni per comprendere che la vita proletaria lo stava avviluppando come una piovra. Solo all’università si è reso conto di quali fossero i veri ideali e quanto si dovesse lottare per far rispettare i propri diritti e soprattutto per realizzare i propri sogni.
“Non ci torni! Tu resti qui con noi, ma a scuola ci vai!”
“Perché?” resta a bocca aperta.
A quella domanda più che inutile, Michele gli lancia un’occhiataccia “Non c’è proprio niente che ti piace?”
“Sì” annuisce con una strana luce ad illuminargli il volto “la storia e la letteratura”
“Abbiamo uno storico. E dimmi, qual è il tuo periodo preferito!”
“Rivoluzione francese e anche …il medioevo”
 “Mi sento un po’ Danton in questo momento, solo che non decapito i nobili”. Si avvicina a lui, la bocca sfiora l’orecchio di Diego “Qualche testa merita di cadere, ma sono per la non violenza”
Diego ha un fremito, quel contatto lo turba, il suo alito caldo contro la propria pelle, la voce calda e profonda. “Io sarò Saint Just”
“Era un personaggio interessante” commenta Michele “ma non fa una bella fine”
Diego alza le spalle “Nessuno la fa”
“Hai ragione” scoppiando a ridere Michele gli circonda le spalle con un braccio. “Dai, raggiungiamo gli altri”
Diego vorrebbe darsi una botta in testa per non pensare a lui in quel modo, ma non riesce a controllare il suo corpo e soprattutto il cuore che batte come dopo una corsa. Spera solo che Michele non se ne accorga.
Nella sala comune sembra iniziata un festino a base di sesso, droga e vino, un mare di corpi si muove sinuoso. Una danza collettiva, accompagnata da una musica irlandese di arpe. Michele si lancia nei balli, saltellando da una parte all’altra, mentre Diego si limita a restare in disparte e a osservare. Per la prima volta nella sua giovane vita si sente felice, parte di qualcosa. Un giovane con le basette folte e i capelli lunghi oltre le spalle gli si avvicina porgendogli una pillola. Senza esitare Diego caccia la lingua. Ha proprio bisogno di sballare, così quando pochi minuti dopo la mente si svuota di ogni pensiero e le membra diventano leggere come piume, si lascia andare. La vista si annebbia, ma Diego non se ne preoccupa, non è certo la prima volta che si fa di LSD. La musica lo avvolge come una coperta, i suoni si amplificano e Diego ondeggia muovendo lento le braccia. Un corpo si addossa contro la schiena e lo spinge verso il centro della sala. Percependo il suo calore, Diego si volta e labbra umide si poggiano sulle sue. Per un attimo spera si tratti di Michele, ma le forme sono troppo minute perché sia lui. Anche se deluso, risponde al bacio abbandonandosi alle sensazioni che la droga amplifica. Capta ogni odore, sapore o suono. Senza accorgersene si ritrova steso su un sacco a pelo, senza maglietta e con Syria, la rossa che lo aveva già baciato poche ore prima, seduta in grembo. Lei si abbassa a sussurrargli qualcosa nell’orecchio. Diego volta la testa, Michele dall’altra parte della stanza è accanto ad una finestra, le gambe della brunetta avvinghiate alla vita. Quello che vede non lascia adito a dubbi e ricacciando indietro le lacrime di delusione, distoglie lo sguardo. Tenta di concentrarsi su quello che gli sta facendo Syria, la osserva armeggiare con la cinta dei pantaloni e abbassare la zip. Vorrebbe fermarla, ma quando sente le labbra avvolgerlo, inarca la schiena investito da una miriade di sensazioni. Intorno a lui canti, gemiti e altri suoni che non riesce a distinguere. Fantastica che a dargli piacere sia Michele e non una sconosciuta della quale non gli importa nulla. Il respiro diventa affannoso, immagina la sua bocca, la lingua e la barba a pizzicargli le cosce, la pelle. Con un gemito soffocato raggiunge l’apice troppo in fretta.
“Merda” impreca.
La ragazza si stende su di lui, il capezzoli nudi sfiorano il suo torace. Non dice nulla, gli bacia la bocca socchiusa, poi raccolta la sua roba, si allontana.
Stremato, Diego chiude gli occhi addormentandosi profondamente.


Qualcuno nel passare urta il sacco a pelo di Diego che scatta seduto. Il sole che filtra tra le persiane gli duole agli occhi, la testa gli batte come se lo avessero percosso con una mazza e la bocca è impastata. Guardandosi intorno, frammenti di quello che è accaduto la notte precedente cominciano a riaffiorare, ma ancora non ricorda come sia arrivato a quel sacco a pelo e soprattutto perché è nudo. Con lo sguardo cerca gli abiti e li localizza sopra una montagna di coperte. Facendo attenzione a non scoprire lembi imbarazzanti del suo corpo, allunga la mano per raccoglierli. Rivestitosi con una velocità che farebbe invidia a Speedy Gonzales, si avvicina affamato al banco adibito a mensa, alla ricerca di qualcosa di appetitoso con cui riempire lo stomaco. Oltre ad un termos con caffè e dolci di dubbio aspetto e profumo, niente soddisfa il suo palato esigente. Decide di sgattaiolare fuori e fare una colazione degna di questo nome. Nell’uscire sbatte contro Michele.
“Ehi, quanta fretta!” lo afferra per le braccia.
Diego alza lo sguardo, sul naso il leader del movimento porta un paio di occhiali da vista e i capelli raccolti in una fascia nera. “Sto in ritardo” ma in realtà della scuola non gli frega niente, desidera solo riempire lo stomaco.
“Ancora qui stai! Diego!” lo rimprovera con una voce stridula che a Diego suona quasi femminea. Solo che a vederlo Michele non ha niente di femminile. Anzi, è un maschio con tutti i crismi. Il ricordo di lui avvinghiato alla brunetta torna prepotente, così come la gelosia.
Lo stomaco del più giovane brontola causando l’ilarità del compagno: “Mangia prima! Assaggia dolce di farro e carote della compagna Luisa”
Al solo pensiero, Diego inorridisce e storce la bocca per il disgusto: “No, preferisco un maritozzo al bar!”
“Si tratta come un signorotto il nostro piccolino qui!” Michele gli aggiusta il colletto del giubbetto.
Le dita sfiorano la pelle e al contatto con le sue mani calde, Diego avverte un brivido di eccitazione.
Michele apre la bocca per parlare, poi, come se non sapesse che dire, la richiude.
Imbarazzato Diego abbassa al testa e mormorando un mezzo saluto lo oltrepassa.
“Oggi c’è un’assemblea” gli rammenta.
“Non me la perderei per nulla al mondo” confessa un po’ troppo ad alta voce.
Michele gli sorride dolcemente e Diego arrossendo sparisce oltre la porta.
Dopo aver fatto un’abbondante colazione ed essere rimasto bloccato da una manifestazione degli operai di una fabbrica siderurgica, riesce a raggiungere il Cavour. Gli studenti sono ancora in attesa fuori i cancelli e nonostante siano quasi le nove, nessuno sembra avere fretta di entrare. Diego intravede anche Dado e Vale appoggiati ad un albero e gli fa un cenno di saluto con la mano. Vedendolo arrivare così tranquillo sulla sua Vespa, i due prima si fissano increduli, poi ciondolando, lo raggiungono.
“Che c’è? Si taglia oggi?” domanda Diego entusiasta all’idea di non trascorrere le prossime ore chiuso in un’aula chino sui libri.
“Sciopero” risponde Vale dando una pacca sulla spalla all’amico. “Ti è andata bene, ma ieri Pagliai era nero”
“Che cazzo mi frega, tanto mi sega quel bastardo” alza un pugno.
“Piuttosto, è dall’altra sera che non ti si vede in giro!” commenta Dado curioso.
Diego ridacchia: “Siete scappati come dei conigli!” li prende in giro.
“Figurati, già sono nei guai, ci manca solo un’effrazione” si giustifica Dado alzando le spalle.
“Se come no. Cacasotto”
L’amico gli sferra un pugno nello stomaco “Smettila stronzo!”
“Ehi” protesta, ma non è abbastanza forte da fargli male.
“Piuttosto, si può sapere che blaterava tuo padre? Ha chiamato dicendo che te la sei svignata da casa”
“Quel fascista di merda!” sbotta l’interpellato. “Mi ha picchiato e urlando come un pazzo mi ha cacciato!” indica la guancia violacea.
“Cazzo e dov’è che dormi?” Dado abbassa la voce e gli sussurra nell’orecchio “Vieni da me, ho della roba”
“Ho un posto” replica misterioso Diego.
“Tu non ce la racconti giusta, Perrone. Dai, scommetto che c’è di mezzo una”
Diego alza gli occhi al cielo, poi sorride malizioso: “Stanotte ho un vago ricordo di una che mi faceva un bocchino spettacolare”
“Cosa?” domandano insieme i due increduli.
“Che cazzata! Figurati se ti fanno un bocchino. E  chi era questa?”
“Una grande, dell’università”
Dado e Vale scoppiano a ridere “Sì, certo. Raccontane un’altra!”
“Ma è vero. Sto nella facoltà di Architettura occupata, ormai faccio parte del loro movimento” insiste mettendo il broncio.
Ancora dubbiosi, i due fingono di credergli, poi stanchi di restare ad attendere decidono di svignarsela. La mattinata è tutta per loro.

4 commenti:

  1. Wow, questa storia diventa sempre meglio... tutti quei momenti sensuali fra i due sono una piccola e piacevole tortura... per me che leggo e per il povero Diego, così attratto dal "capo" Michele! xD
    Aspetto impaziente il seguito! <333

    RispondiElimina
  2. E molto capo branco il nostro Michele... sempre più sensualità già, però non vorrei cuagliassero troppo presto, perché a qualcuno piace soffrire... iihihiihi

    RispondiElimina
  3. X ale: hai messo due dialettismi, menagre e conti che non c'entrano né con la regione e né con l'epoca e li ho corretti, e ho tolto strafiga perché non mi suona con il linguaggio del 68

    RispondiElimina
  4. Grazie per la dritta, la prossima volta starò più attenta. Ragazze siete le mie tesore. Adoro questa storia e soprattutto adoro loro due, li sento vivi. Vi farò soffrire ancora un pò si, l'attesa rende tutto più dolce.

    RispondiElimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting