venerdì 28 settembre 2012

Diventare grandi, quarto capitolo



Titolo: Diventare grandi

Pairing: Michele - Diego

Rating: NC17 per linguaggio crudo e sesso.
I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito i nomi. La storia non è scritta a fini di lucro, ma solo di divertimento.



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Il sole fa capolino dalle nuvole grigie illuminando la città. Poco distante dal centro di Torino vi sono dei caseggiati abbandonati, che un tempo ospitavano una fabbrica di gomme. Ormai sono rimaste poche macerie nella campagna, meta di sbandati e drogati. Quando hanno della roba con cui sballare o solo voglia di restare in pace, Diego e i suoi amici si rifugiano lì, tra le stanze ormai vuote. A quell’ora della mattina sono soli. Dado ha portato delle pasticche colorate recuperate la sera prima dal solito spacciatore, mentre Diego conserva nel giubbetto un paio di canne. Mentre fumano seduti su dei sacchi, Diego si alza in piedi su una cassa e si stiracchia sbadigliando. Indossa ancora gli abiti del giorno precedente, compresa la maglietta con il buco.
“Che ti è success, Perrone? Sembri un barbone!” commenta ridendo Vale.
“Lascialo stare!” Dado gli lancia la felpa che lo colpisce in faccia.
“Finiscila coglione!” protesta l’altro tirandogliela di nuovo. Si aggiusta i riccetti che gli incorniciano il bel volto d’angelo. Gli occhi azzurri gli danno quasi un’aria da cherubino.
“È stato il tuo vecchio a conciarti così?” domanda poi vedendo la maglietta strappata.
“Si è impigliata mentre scavalcavo” risponde grattandosi la nuca, poi inspira un altro po’ di marijuana. “Non mi sono cambiato!”
“Sei tutto strano, Perrone!” Dado scuote la testa, poi dopo aver allungato la mano per sgraffignargli la sigaretta, ne ispira una boccata. “Dove è che l’ha presa questa roba qui?”
“Avevo la mia scorta” fa misterioso Diego.
“Allora, chi sono questi tipi che frequenti?” Dado passa da un argomento all’altro con una tale velocità che gli altri hanno difficoltà a seguirlo.
Il viso di Diego s’illumina: “Michele, il leader è un tipo strano, ha tanti capelli ricci e barba. La prima volta mi ha fatto una strana impressione, tutto scuro con gli occhialoni”
“Non ti capisco Perrone, non ti è mai fregato un cazzo di politica o dei diritti di… beh hai capito, no? E ora sei tutto devoto a chissà che causa” gli occhi di Dado sono un po’ spenti a causa degli effetti del fumo.
“Già, Pellegrino ha ragione, ti hanno fatto il lavaggio del cervello quelli lì!” accorda anche Vale, il quale scatta in piedi e dopo aver raggiunto Diego lo sbatacchia con forza. “Torna in te!”
“La fai finita, pezzo di deficiente?” lo allontana infastidito, poi si aggiusta la maglia.
Vale scoppia a ridere e dopo un istante sono tutti e tre piegati perle risate
 “Stai facendo una cazzata!” s’intromette Vale una volta tornati seri. È in piedi davanti a lui.
“A casa non ci torno e poi Michele…” solo a parlare di lui, gli occhi Diego brillano. “Non mi considera un ragazzino!”
“Ti sei fottuto il cervello!” Dado scuote la testa, ma conosce fin troppo Diego per non capire che non gli farebbe mai cambiare idea, qualunque cosa dicesse.
“Piuttosto, la tipa che ti sei fatto? Dai, te lo sei inventato!” lo prende in giro Vale, gli sembra inverosimile che una universitaria possa avere qualcosa  che fare con uno del liceo.
“Ma che inventato! Quella mi ha baciato e poi pure mi ha fatto un bocchino da paura!” si porta una mano tra le gambe. In realtà, non è certo di non aver sognato tutto, ma non vuole perdere la faccia davanti agli amici. “Una rossa con due labbra”
“Cazzo, Perrone, dovremmo venirci pure noi se è così facile scopare!”
Diego non li corregge, ma in fondo, potrebbe anche essere andato fino in fondo. Ha solo ricordi vaghi di quel momento.
“Le tipe sono molto espansive” ridacchia Diego facendo loro capire che sono disposte a fare tutto.
“Tutta tu le fortune! Brutto stronzo. Ora scappo anche io di casa!” afferma geloso.
Diego abbozza una smorfia: “Pellegrino, non avevi detto di avere delle pasticchette?” raggiunge Dado, seduto su un sacco, le gambe lunghe davanti a sé e quasi gli salta in grembo. Si ritrova Diego appiccicato, il viso ad un niente dal suo. “Dai, vuoi tenertele tutte per te? Egoista!”
“Nella tasca, coglione!” invece di respingerlo Dado gli circonda le spalle con le braccia per poi stampargli un bacio umido sul collo.
“Smettila!” dopo essersi pulito con il dorso della mano, Diego gli infila le dita nella tasca dei jeans. Ne caccia fuori una bustina di plastica trasparente. “Evviva! Ho proprio voglia di sballarmi un po’!”
“Sono una potenza! Le ho provate ieri e vedevo cavalli che volavano e orsetti rosa”
“Cazzo! Così forti? Grande” e senza attendere oltre Diego se ne appoggia una sulla lingua, prima di darne una seconda all’amico. In attesa che la droga faccia effetto si allontana. “Speriamo non sia una fregatura”
“Miscredente. Zitto e aspetta!” Dado passa una pasticca colorata anche a Vale, il quale se la lancia in bocca.
Diego vede le pareti della stanza muoversi, liquefarsi. Gli scappa una risata, le pupille sono dilatate, i sensi sono più sviluppati. Avverte gli odori degli alberi poco lontano e i rumori di alcuni cantieri dall’altra parte della tangenziale. Una vampata lo costringe a togliersi la maglia, a torso nudo corre all’esterno, un lungo arcobaleno esce dal tetto perdendosi a vista d’occhio. Vuole vedere fino a dove arriva. Corre via ridendo. Lascia gli amici precipitandosi verso la campagna circostante. Si sente libero di fare ogni cosa, di osare. Corre fino a non avere più fiato. L’arcobaleno non ha fine, ma Diego continua a correre. Il suo è un vero e proprio trip che lo porta a congiungersi con la natura. Si butta a terra sull’erba bagnata, ci fa passare la mano, ride divertito. Si stende, lo sguardo rivolto verso il cielo, le nuvole assumono l’aspetto di elefanti, li osserva alzare la proboscide quassi come se stessero nitrendo. Gli sembra quasi di essere tornato bambino, quando suo padre lo portava al circo. Improvvisamente una che ricorda Michele e sospira. Il cuore gli batte all’impazzata, per la corsa pazza, per la droga appena assunta, ma soprattutto per quello che prova per Michele. Vive ogni istante nel timore che possa accorgersi dei suoi sentimenti, ma non ha alcuna intenzione di rinunciare a stargli vicino. Si sente troppo bene quando sta con lui.


È ormai buio quando il terzetto, ormai passato l’effetto del trip, lascia l’edificio abbandonato. Dopo aver salutato gli amici, Diego si dirige verso l’Università canticchiando il ritornello di una canzone dei Beatles. Gli sono sempre piaciuti, ma da qualche giorno a questa parte non fa altro che canticchiare le loro canzoni ed anche quelle di Jimi Hendrix. Ha appena intonato le prime note di Penny lane quando si rende conto che davanti ai cancelli si è assiepato un gruppetto di persone. Dagli atteggiamenti e dalle macchine fotografiche capisce che si tratta di giornalisti. Pur se tentato di farsi intervistare per poter dire la sua sull’occupazione, Diego decide che è meglio cercare una via secondaria per accedere alla facoltà. Svoltato l’angolo, lega la Vespa ad un lampione, poi tenta di nuovo di scavalcare il muretto. Lo sguardo cade su un cancelletto arrugginito mezzo divelto dai cardini. Sbircia per capire dove porti e riconoscendo il cortile posteriore, esulta. A fatica riesce ad infilarsi nel piccolo varco e a raggiungere l’edificio. Nell’aria rimbomba la voce di Michele e Diego ricorda dell’assemblea. Imprecando per essersene dimenticato, si precipita verso la sala comune. È affollata, nell’aria una nuvoletta di fumo e l’odore persistente di corpi non lavati. I membri del gruppo sono tutti seduti per terra, gambe incrociate e sguardi fissi nel punto in cui si trova Michele.
Il leader del movimento sta parlando, tra le mani un foglio ed un’espressione talmente seria in volto che Diego teme sia accaduto qualcosa di grave. Il ragazzo si siede su un banco, le gambe penzoloni e il bacino in avanti e le braccia appoggiate sulle ginocchia.
“Compagni” dice Michele “arrivano notizie allarmanti da ogni parte d’Italia. Il popolo dei lavoratori è in rivolta, gli operai manifestano in Sicilia, ma anche a pochi passi da noi, i salariati protestano per le condizioni di lavoro e per i loro diritti che vengono calpestati ogni giorno. Bisogna dire basta a questo sfruttamento. Basta a chi afferma che il diritto allo studio è solo per i figli dei borghesi, dei ricchi. Basta ai soprusi ed ingiustizie che vengono perpetuate ogni giorno a danno dei più deboli” dalla folla si alza un grido di solidarietà. Anche Diego fa sentire la sua voce unendosi agli altri. Michele alza le mani per ottenere il silenzio, poi continua a parlare: “Compagni, domani marceremo per la città, saremo solidali con gli operai della Fiat che stanno manifestando perché siano rispettati i loro diritti di lavoratori. Siete con me?”
Un boato esplode nell’aula e tutti si alzano in piedi. Diego urla, fischia, poi si alza in piedi sul banco per dare il suo supporto alla causa. Quando gli occhi di Michele incontrano i suoi Diego si sente quasi nudo, come se volesse arrivare a leggere fino in fondo. Impietrito dal bombardamento di emozioni che lo investe, può solo abbozzare un timido sorriso.
Più tardi, quando torna la calma, il ragazzo ne approfitta per annotare sul taccuino tutto quello che gli è accaduto negli ultimi tre giorni, le sue impressioni e come si senta rinascere da quando ha conosciuto lui, Michele. Siede su un banco, le gambe incrociate, e il capo china sul foglio, l’aria concentrata e le labbra atteggiate in un piccolo broncio. È talmente concentrato nella scrittura da non notare una presenza accanto a sé.
“Fai un resoconto dell’assemblea?”
Diego alza la testa con uno scatto. Michele lo scruta con grande intensità, le mani dietro la schiena.
“Ehm… no, niente di così profondo, solo pensieri” confessa intimidito.
Michele sorride malandrino: “Lo sapevo che c’era qualcosa di creativo in te. Lo sento dentro quando incontro uno come me” il tono è dolce, per Diego come una melodia.
“Sono solo pensieri, parole senza senso che continuo a segnare su questo!” e gli mostra il quadernetto con la copertina di pelle nera.
“Solo pensieri? Non sai quanto sia bello riuscire ad esprimere in parole quello che si pensa o si sente, qui dentro” gli appoggia una mano sul petto, all’altezza del cuore.
Diego apre la bocca sorpreso e Michele continua: “Il paese ha bisogno di ragazzi come te per continuare a sperare che ci sia altro oltre la politica, la guerra e i soldi”
“Per me è un modo di sfogarmi, per non spaccare tutto!” confessa. “Ma nessuno ha mai letto quello che scrivo” alza le  spalle. “E poi, perché qualcuno dovrebbe leggere le mie cazzate?” ride nervoso.
Michele si sporge verso di lui: “Non sono cazzate se è quello che provi”
Diego deglutisce, la sua vicinanza lo turba, ma non si scosta, anzi, non vorrebbe trovarsi in nessun altro posto.
Anche Michele sembra inquieto perché dopo un attimo si tira indietro: “Dai, unisciti a noi!”
Abbozzando un timido sorriso, Diego annuisce e dopo aver riposto il suo taccuino, lo segue unendosi alla massa agli altri riuniti per festeggiare la manifestazione del giorno successivo. Le chitarre accompagnano la festa tanto che be presto tutti cominciano a cantare. Nonostante tenti di guardare altrove, Diego cerca sempre Michele e ogni volta che incontra il suo sguardo profondo, si sente come se stesse annegando. Improvvisamente, il riccio si alza allontanandosi dal gruppo.
Vedendolo sparire oltre il corridoio, Diego lo segue senza esitare, ma a metà strada Sirya lo intercetta attirandolo in un abbraccio.
“Vieni con me!” gli dice senza troppi giri di parole. “Ti è piaciuto stanotte?” la voce è calda, seducente.
“Sì” il corpo è morbido contro il suo, le labbra invitanti.
“Vedrai che ti porto in paradiso, piccolo” cerca di baciarlo.
“Scusa, ma…” la respinge tentando di svincolarsi dalla sua stretta “ora non… posso” e si allontana nella direzione in cui ha visto sparire Michele.
“Dove vai?” lo richiama, ma Diego neanche si volta.
Con il fiatone, il giovane sbircia in ogni aula di Michele e lo scorge dove lo aveva portato la sera precedente, nell’aula di matematica. Dà le spalle alla porta, lo sguardo fuori dalla finestra. Diego si ferma sulla soglia incerto se entrare o limitarsi ad osservarlo in silenzio.
“Che fai lì?” Michele si volta e appoggia il sedere contro il davanzale.
Diego avanza timido, le mani affondate nelle tasche: “Pensavo volevi stare solo”
“Non fare lo scemo!” gli fa cenno di avvicinarsi, poi gli indica i reporter assiepati fuori i cancelli. “facciamo già notizia, vedi?”
“È da prima che che stanno lì!”
Michele indaga: “Ti hanno fermato?”
Diego scuote energico la testa: “No, mi sono dovuto inventare qualcosa per non farmi vedere!”
“Sei tutto matto! Non avrai scavalcato ancora!” sgrana gli occhi preoccupato che quel ragazzino possa rompersi l’osso del collo uno di quei giorni.
“No, c’era un cancelletto arrugginito” spiega lui alzando le spalle “sono secco, ma ci passavo a stento!”
“Un giorno di questi finisci all’ospedale” Michele lo rimprovera. “Domani lasceremo aperto il portoncino secondario così potrai entrare” il tono premuroso gli provoca le farfalle nello stomaco.
“Grazie” e resistendo a stento dallo stampargli un bacio sulla bocca, abbassa lo sguardo verso il pavimento. “Ho pure fatto tardi!” si sente in difetto per essersi quasi dimenticato l’assemblea.
“Sei stato in giro con gli amici, vero?” sghignazza Michele vedendolo cambiare colore.
“Sì, non mi sono accorto che era tardi, ma ci tenevo a venire” abbassa la voce quasi come se gli stesse rivelando uno dei più intimi segreti.
“Davvero?” sorpreso Michele distoglie lo sguardo tornando a fissare un punto fuori la finestra. “Non credevo di essere un così bravo oratore”
“Sei fantastico!” esclama Diego con un po’ troppa enfasi. “Adoro sentirti parlare!”
Michele riporta l’attenzione su di lui e anche se imbarazzato, fa una battutina: “Se fossi un cantante alla Jimi Hendrix tu saresti un groupie”
“Sì e ti seguirei ovunque!” confessa candidamente Diego avanzando di un passo.
Non aspettandosi un simile atteggiamento Michele resta visibilmente scioccato “Quanto entusiasmo!” tenta di celare il suo turbamento.
Delle sirene improvvise li riportano alla realtà. Entrambi guardano fuori: due volanti della Polizia si sono appena fermate davanti i cancelli.








2 commenti:

  1. Wow ma quanta adrenalina in questo capitolo.. soprattutto nel finale. Apprezzo il taglio psicadelico che dai, adatto ai personaggi come sono adatti gli orsetti colorati e le nuvole che come elefanti circondano l'immaginario di Diego strafatto di LSD. Ma sicuramente due paroline su Michele. Ormai l'orgoglioso comunisca, con la vena da leader sindacaista che parla come un libro(di Gramsci) stamapato, tutto bolscevichi e lotta, secondo me è sul punto di disintegrarsi. Che ne sarà della lotta politica se si lascia irretire da quel bel faccino là? L'adolescente ribelle riuscirà a scardinare la lotta di classe? :D

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  2. Io sono qui aggrappata alla tastiera che aspetto il seguito!!! Ci mancava solo la polizia ora! Ma la cosa che mi preme più sapere è... cosa succederà quando Michele si lascerà andare e asseconderà i sentimenti di Diego, finalmente? :P
    Gran bella storia, non smetterò mai di dirlo! E tutte le immagini da LSD... spettacolari!

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